2022-10-01
Fontana-Moratti: la palla ai leader nazionali
Letizia Moratti (Imagoeconomica)
Il governatore incontra l’ex sindaco di Milano (che non molla la candidatura) e parla di fiducia incrinata: «Ma deciderò solo dopo il confronto con i vertici». Sullo sfondo, la partita per il Viminale: in cambio di un ritorno al ministero, Salvini cederebbe sul Pirellone.È una partita doppia, quella che si gioca in questi giorni tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini: composizione del governo e candidatura alla presidenza della Regione Lombardia si intrecciano. Letizia Moratti ha ufficializzato la sua candidatura alla presidenza della Lombardia la prossima primavera; il governatore uscente Attilio Fontana, da parte sua, non molla la presa, può contare sul sostegno compatto della Lega e sostanzialmente invita la sua vice a dimettersi: ieri sera i due hanno avuto un faccia a faccia su quanto sta accadendo. Al termine del colloquio, durato circa un’ora, è arrivato il commento di Fontana: «Ho evidenziato», ha detto il governatore, «alla vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti, in maniera chiara e inequivocabile, che il nostro rapporto fiduciario, sul piano del posizionamento politico, si è incrinato. Ciò nonostante, essendo io il garante della coalizione in Lombardia e per senso di responsabilità rispetto al momento politico nazionale che stiamo vivendo», ha aggiunto Fontana, «mi riservo di prendere una decisione definitiva dopo un confronto con i leader del centrodestra». La dichiarazione di Fontana conferma che formazione del governo e regionali in Lombardia sono due questioni strettamente connesse. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, però, dietro le quinte si ragiona su come evitare lo scontro finale: un centrodestra diviso alle regionali tra Fontana e la Moratti (che può contare sul sostegno di Carlo Calenda e Matteo Renzi), potrebbe, in virtù della legge elettorale a turno unico, favorire il centrosinistra. «Guardiamo con interesse alla crisi tra Fontana e la Moratti», commenta infatti il sindaco di Milano, Beppe Sala, «perché è chiaro che potrebbe anche spaccare in parte il campo del centrodestra. E in teoria potrebbe essere anche meglio per un candidato di centrosinistra. Per il momento», aggiunge Sala, «sento parlare la Lega, non sento parlare altri, quindi non escluderei che Moratti stia parlando con altre componenti del centrodestra». Tra le varie ipotesi sul tavolo per scongiurare la spaccatura definitiva, la più concreta è quella di un Salvini che terrà duro su Fontana almeno fino a quando la Meloni non farà piazza pulita delle voci su veti, veri o presunti, sul suo ritorno al ministero dell’Interno. A far precipitare la crisi è stata la Moratti, l’altra sera: «Io sono in campo», ha detto la vice di Fontana a Rai Tre, «con una rete civica ma coerentemente aspetto una decisione da parte della intera coalizione del centrodestra, che penso debba essere definitiva, naturalmente dopo la formazione dell’esecutivo. Ho lavorato anche a una rete civica per costruire un programma. Sono stata chiamata dal presidente Fontana in un momento difficile», ha aggiunto la Moratti, «e ho accettato l’impegno con la prospettiva di un passaggio di testimone a fine legislatura». Una ricostruzione che Fontana ha smentito categoricamente: «Non ho mai promesso a nessuno», ha commentato Fontana, «un passaggio di testimone al termine del mio mandato. È una prerogativa dei partiti, allora come oggi. È chiaro che se intende partecipare a un’avventura diversa dalla nostra non potrà continuare ad amministrare al nostro fianco». La Lega, come dicevamo, va all’assalto: «L’atteggiamento della vicepresidente Moratti», ha sottolineato il capogruppo del Carroccio al Pirellone, Roberto Anelli, «oltre ad essere palesemente scorretto, rappresenta un gravissimo errore politico. Mi appello quindi al buon senso della vicepresidente Moratti: faccia un passo indietro nell’interesse di tutti i lombardi». «Credo», ha evidenziato a La Presse l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, «che la candidatura di Letizia Moratti aggiunga valore al consenso che in Lombardia già c’è per il centrodestra, perché include un progetto politico che vede sulla sua persona, in quanto civica e non politica di questo o quello schieramento, la confluenza anche del terzo polo oltre». La vicepresidente, che può contare su risorse economiche ingentissime, non si fermerà, e Salvini lo sa bene. Ecco perché potrebbe sacrificare Fontana, ma solo sull’altare del Viminale. Salvini non accetta veti sul suo ritorno al ministero dell’Interno, così come non li accetta la Lega. Il nodo è complicato da sciogliere: se al Viminale non andrà Salvini, è escluso che possa toccare a un altro leghista. Al tempo stesso, la soluzione «tecnica» è da scartare, poiché sarebbe in continuità con la gestione Lamorgese. Toccherebbe quindi a un esponente di Fdi (scenario improbabile, alla prima manifestazione di piazza con scontri la sinistra urlerebbe al regime) o a uno di Forza Italia, a meno che non si risolva tutto con una scelta di alto profilo istituzionale. Intanto, per il ruolo di ministro dell’Istruzione, salgono le quotazioni di Mario Pittoni, responsabile Scuola della Lega, che gode dell’apprezzamento della stragrande maggioranza degli operatori del comparto. Il leghista Claudio Borghi potrebbe andare alla Cultura, mentre per gli Esteri non si intravede profilo più adatto di quello di Antonio Tajani, ex presidente del Parlamento europeo e esponente del Ppe, di Fi. Ieri Salvini ha incontrato ad Arcore Silvio Berlusconi, che ha ribadito di essere d’accordo sulla ricandidatura di Fontana: «Al centro del colloquio», recita una nota congiunta di Lega e Fi, «il fitto calendario di appuntamenti istituzionali previsto per le prossime settimane e le priorità che dovranno essere affrontate dal futuro governo. Su questo tema è stata ribadita la massima comunità d’intenti con Giorgia Meloni».
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)