2022-05-16
Per Monti e compagnia il Parlamento è un fastidio
Dopo aver teorizzato il bavaglio alla stampa, per evitare che gli italiani siano informati in tempo di pandemia e di guerra, l’ex rettore della Bocconi e oggi senatore a vita per meriti speciali, tra i quali aver varato la riforma Fornero e la tassazione sugli immobili delle famiglie, ha scritto che Mario Draghi dovrebbe saltare il Parlamento, «dicendo no ai partiti e appellandosi direttamente all’opinione pubblica».Due anni fa insieme con Antonio Rossitto ho scritto un libro intitolato Giuseppe Conte, il trasformista. In esso narravo tutte le giravolte del capo grillino, descrivendo l’ambiguità dell’allora presidente del Consiglio ogni volta che si trovava davanti a una scelta che impegnasse l’esecutivo e mettesse a rischio la maggioranza. Dunque, sono la persona meno sospettabile di simpatie nei confronti del giurista di Volturara Appula. Da sempre lo ritengo un vanitoso professore baciato dalla fortuna, che il caso e le bizzarrie della politica hanno trasformato in premier di una delle dieci potenze industriali del mondo. Ciò detto, non posso non notare che il presidente dei 5 Stelle abbia ragione a richiedere un passaggio parlamentare prima che il governo invii altre armi all’Ucraina.Quando, settimane fa, si pose il problema di sostenere la resistenza ucraina contro l’invasore russo, Palazzo Chigi se la cavò facendosi votare una generica fiducia che consentiva al governo di aggirare l’articolo della Costituzione che vieta la guerra come metodo per risolvere le controversie internazionali. Con l’ombrello protettivo del presidente della Repubblica, l’esecutivo si fece dare un mandato per inviare armi a scopo difensivo. All’epoca, anche gli esponenti della maggioranza più perplessi votarono a favore, considerando che in fondo le forze armate stavano svuotando i magazzini di ferrivecchi che l’esercito non utilizzava più. Insomma, un’operazione per salvarsi la faccia senza rischiare troppo. Ma poi il conflitto ha preso un’altra piega e, da una posizione sulla difensiva, l’Ucraina è passata a una offensiva. Sostenuto dagli Stati Uniti, che hanno stanziato quasi 40 miliardi di dollari, cioè l’equivalente di una manovra, Volodymyr Zelensky si è messo in testa di sconfiggere i russi e di respingerli oltre confine, riconquistando i territori persi. Ma per raggiungere l’obiettivo servono armi pesanti. Altro che Browning e Mg, qui c’è bisogno di congegni per distruggere carri armati, mezzi per abbattere aerei ed elicotteri, sistemi di tracciamento e puntatori per colpire le navi russe, oltre che siluri per affondarle. Risultato, il conflitto ha fatto un salto di qualità. Dal sostegno iniziale l’Italia, insieme con gli altri Paesi occidentali, sta passando a una sostanziale entrata in guerra, anche se per interposta nazione. Non tifiamo più per l’Ucraina (al punto da farle vincere l’Eurovision per rispettare l’eticamente corretto), siamo cobelligeranti al fianco di Kiev. Il passaggio non è cosa da poco e le regole della democrazia imporrebbero un voto parlamentare perché, se non gli italiani, almeno le Camere, che della volontà popolare sono espressione, dovrebbero essere informate e, soprattutto, decidere. Invece, sempre con l’ombrello di Mattarella, tutto sta scivolando via senza che il popolo, che secondo la Costituzione è sovrano ed è chiamato a esprimere la propria volontà tramite la rappresentanza parlamentare, sia informato. Sì, le Camere sono ritenute un ingombro, un ostacolo al raggiungimento degli scopi prefissati e decisi da un’élite. Che il sentimento dell’establishment politico economico sia quello descritto lo dimostra l’editoriale di Mario Monti pubblicato ieri dal Corriere della Sera. Dopo aver teorizzato il bavaglio alla stampa, per evitare che gli italiani siano informati in tempo di pandemia e di guerra, l’ex rettore della Bocconi e oggi senatore a vita per meriti speciali, tra i quali aver varato la riforma Fornero e la tassazione sugli immobili delle famiglie, ha scritto che Mario Draghi dovrebbe saltare il Parlamento, «dicendo no ai partiti e appellandosi direttamente all’opinione pubblica». In pratica, dopo aver criticato per anni il populismo, definendolo una malattia della democrazia, Monti e compagni invocano un caudillo che scavalchi le Camere e decida per conto degli italiani, annullando di fatto la democrazia parlamentare. Ovviamente, la richiesta è formulata in difesa della libertà, contro regimi tipo quello guidato da Vladimir Putin. Dai quali, tuttavia si rischia di questo passo di essere diversi solo perché alla guida del governo non c’è l’ex capo dei servizi segreti, ma l’ex capo della Banca centrale. Insomma, è l’abito che fa il monaco. Il primo è un dittatore perché indossava la divisa, i secondi sono democratici perché il loro doppiopetto grigio calza a pennello.
Jose Mourinho (Getty Images)