2023-04-03
«Media e istituzioni preferiscono chiudere gli occhi nel massacro di chi ha fede»
Alessandro Monteduro (Ansa)
Il direttore di Aiuto alla Chiesa che soffre, Alessandro Monteduro: «Gli Stati appaiono silenti e disinteressati di fronte a discriminazioni e persecuzioni».L’ultimo report di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), la fondazione di diritto pontificio che dal 1947 assiste le comunità cristiane che nel mondo sono vittime di persecuzione, è allarmante fin dal titolo: «Perseguitati più che mai». La Verità ne ha parlato Alessandro Monteduro, il direttore di Acs che, dal suo osservatorio, segnala violenze e crimini di cui spesso si fatica a parlare. Direttore, a che punto è la notte delle persecuzioni dei cristiani nel mondo? «È ancora cupa e temo lo sarà ancora per lungo tempo. Innanzitutto perché le persecuzioni non conoscono una fine; in realtà non conoscono una fine da oltre 2000 anni. Il punto più preoccupante è però che non conosce una fine neppure il sostanziale disinteresse di chi non dico potrebbe risolvere il problema, ma potrebbe certamente agire e operare per contenerlo, arginarlo e portarlo su binari accettabili».A che disinteresse si riferisce? «È quello di quei Paesi sovrani, ma mi riferisco anche ad istituzioni sovranazionali che potrebbero intervenire alla denuncia, accrescendo la sensibilità e la consapevolezza delle sofferenze dei cristiani, ma purtroppo non lo fanno. Sto parlando dei Paesi occidentali nello specifico e le strutture sovranazionali cui alludo sono facilmente intuibili. Sono le grandi istituzioni altrettanto silenti e disinteressate. Per quale ragione lo sono? Preferisco non rispondere».Quali tendenze a livello globale, sulle violenze anticristiane, si sono delineate negli ultimi anni? «Da 10, 15 anni a questa parte domina nel pianeta anzitutto il primo virus persecutorio, che è quello correlato al fondamentalismo religioso. Quando parlo del fondamentalismo religioso, parlo anzitutto di quello islamista. Abbiamo tutti nella mente e negli occhi ancora le immagini del Medio Oriente del 2014, del 2015 e 2016 - faccio riferimento all’Iraq, alla Siria e ad ampie aree dell’Egitto, cioè territori nei quali un sedicente Stato islamico tentava, per un certo periodo riuscendovi, di appropriarsi degli stessi territori e proclamarsi califfato. Ricordiamo tutti ciò che è accaduto ma, con l’azione degli Stati in quel caso - e questa è la dimostrazione che quando si vuole, le violenze si possono arginare - sostanzialmente ci fu una disarticolazione almeno sul piano militare delle organizzazioni terroristiche. La liberazione della piana di Ninive lo racconta perfettamente. Tra le fine del 2016 e i primi mesi del 2017 lo Stato islamico nel nord dell’Iraq fu disarticolato. Il punto è che da quel momento in poi le cellule terroristiche sopravvissute migrarono verso territori che non avevano quegli stessi standard di sicurezza e controllo. Penso al Continente africano e in particolare all’area del Sahel, dove stiamo registrando davvero una offensiva senza alcun limite. Mi riferisco al Nord della Nigeria, al Niger, al Ciad, al Camerun e al Burkina Faso, dove la situazione in questo momento è drammatica. Era un Paese che fino al 2015 conosceva la povertà, è vero, e anche rivalità etniche diciamo miti pur nella loro asperità, ma da allora a oggi è accaduto che il 50 per cento del territorio non è più sotto il controllo dell’autorità statale, bensì di organizzazioni terroriste e islamiste. Non possono accedervi neppure le organizzazioni umanitarie, con la conseguenza che ci sono decine di migliaia di vittime tra le comunità cristiane, ma non solo, e milioni di sfollati».Cosa possiamo dire, invece, della repressione religiosa in Cina? «L’impianto di controllo, anzi di telecontrollo cinese è ancor più massiccio e pervasivo di quello che conoscevamo qualche anno fa. Siamo a oltre 700 milioni di telecamere di videosorveglianza, ben diverse da quelle che pensiamo noi. Sono poste non per i criminali, ma per la popolazione. Si nutrono di un sistema di intelligenza artificiale che dialoga coi cellulari dei cittadini, accadendo ai contenuti dei dispositivi violando la privacy. Quindi così si controlla il cristiano, il musulmano, l’aderente della comunità uiguri, eccetera. Tutto ciò con un sistema di credito sociale che fa sì che - un po’ come nella logica dei buoni spesa - i comportamenti determinino un credito, appunto. Se tu vai in chiesa, automaticamente il tuo credito sociale conosce una riduzione e così via finché non si arriva ai processi di rieducazione. Ma in Cina, su 1,4 miliardi di persone, sono almeno 900 milioni quelle che comunque vivono una fede religiosa. Comprenderà dunque quanto un simile sistema sia pervasivo».Rispetto a tutto ciò, qual è il comportamento dei mass media occidentali? «Devo ovviamente operare dei distinguo, perché sarebbero ingeneroso dire che tutti preferiscono voltarsi dall’altra parte, perché c’è un network cattolico che non lo fa. Ma il sistema generalista della comunicazione preferisce voltarsi dall’altra parte, perché c’è certamente un interesse a non occuparsi di fede. E poi c’è altro. Ricordo che Papa Francesco, parlando di persecuzione nel 2016, disse che non c’è solo la persecuzione delle bombe e degli attentati, ma anche quella “educata, travestita di modernità, di cultura e progresso”. Sulla base dei “nuovi diritti” in Occidente si vuole confinare la fede nella sfera privata».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)