2022-09-18
Visite impossibili nelle Rsa. Ecco dove restano i divieti
Nelle strutture sopravvive il green pass. E rende «prigionieri» anziani e malati, se i loro cari non sono vaccinati. Che senso ha?«La stanza degli abbracci adesso è una camera della tortura». Roberta deve attraversare il lago di Garda per andare a trovare la nonna novantenne nella casa di riposo: tre ore di viaggio andata e ritorno, battello compreso, per 20 minuti di conversazione attraverso un vetro. Ogni due settimane. «La visita si conclude sempre con due lacrime e un moccolo a Giuseppe Tornatore». Il Covid è alle spalle, l’Italia ha altri problemi e solo qualche virologo in preda a nostalgia da piccolo schermo lancia patetici allarmi millenaristi. Ovunque si guarda avanti tranne che nelle Rsa, dove il lockdown continua a oltranza (30 mesi dopo), i direttori sanitari si difendono con i chiavistelli per non «avere grane» e i parenti degli ospiti sono sul piede di guerra.Come Roberta, che preferisce non declinare il cognome per non far correre rischi alla nonna reclusa, sono moltissimi gli italiani in attesa di tornare con regolarità a visitare i loro cari, pranzare con loro, portarli fuori, fermarsi nelle stanze a scambiare confidenze (e a verificare lo stato degli ambienti), insomma mostrare affetto senza il ticchettio del cronometro o l’interminabile attesa di un appuntamento manco fosse l’Inps. Anche perché se il cronometro è veloce, il tassametro è implacabile: in Italia le quasi 4.700 strutture per anziani hanno un fatturato annuo pari a 12 miliardi. Otto di questi provengono dalle rette delle famiglie e degli ospiti. «È l’unico caso in cui gli azionisti di maggioranza non vengono ascoltati». A spiegarlo è Dario Francolino, imprenditore di Monza che un anno fa insieme ad altri familiari ha fondato il comitato Orsan, acronimo di una richiesta pressante: «Open Rsa now», aprite questa porta adesso. Lo ha fatto dopo un’odissea personale. «Da due anni non riesco a pranzare con mia mamma malata di Alzheimer. E quando chiedo quando si potrà tornare alla normalità ottengo solo risposte evasive. Le Rsa sono rimaste l’unica terra di mezzo in cui ci sono ancora restrizioni e divieti risalenti ai momenti peggiori della pandemia. È vietato senza autorizzazione specifica recarsi nelle camere dei propri cari, è proibito pranzare insieme o portare dolci o gelati anche confezionati da consumare insieme, la durata massima delle visite è tra 45 e 60 minuti e in giorni specifici, ci sono chiusure improvvise e ingiustificate. E una legge nazionale fino al 31 dicembre impone l’obbligo del green pass rafforzato per entrare in struttura. E poi ancora moduli e burocrazia da compilare all’ingresso. È un dramma che angoscia tutti. Ci dicono che i nostri cari sono fragili, ma così lo diventeranno sempre più. Io so che i nostri cari hanno bisogno di affetto. Quando finirà questo calvario?». Lo ha chiesto alla vice presidente regionale della Lombardia, Letizia Moratti, e attende risposta. Ieri se lo domandava anche Ivana La Valle, figlia di una signora ospite di una casa di riposo di Vicenza in un’accorata lettera di denuncia al Corriere della Sera. «Mentre la maggior parte degli italiani è tornata a una vita normale, a una parte dei cittadini vengono negati i diritti fondamentali. Non sono criminali, non rappresentano un pericolo per gli altri, ma di fatto sono detenuti. Queste restrizioni sono ancora giustificate? Altrimenti devono essere rimosse e devono essere considerate delle alternative per garantire agli ospiti una vita dignitosa nel rispetto dei diritti umani». Il caso è nazionale, basta entrare nel Web per scoprire un malcontento diffuso da Genova a Bologna, da Firenze a Napoli, a Palermo. Le regole sono un ombrello protettivo solo per le direzioni degli istituti, le Asl e il ministero della Salute. Si parte dalle imposizioni da lager di Roberto Speranza e si arriva, come sempre, all’ufficio di Speranza Roberto.Il ministero non legifera, le Regioni non si assumono responsabilità e la paralisi è totale. Come negli ospedali, peggio che negli ospedali. Perché se in corsia caposala e infermieri chiudono un occhio per ripristinare il filo di umanità e di solidarietà che lega paziente e parente, nelle Rsa vige un realismo prussiano cementato dalla labilità della legge e dalla psicolabilità di chi dovrebbe farla rispettare con umanità. Comanda l’italica paura delle responsabilità, acuita dalla psicosi determinata da bufale acclarate (dalla magistratura) come la presunta «strage nascosta» al Pio Albergo Trivulzio nella stagione più tossica e partigiana del giornalismo italiano. Tornare alla normalità è difficile, il ministero fa melina. Non è bastata l’apertura di un fascicolo al Comitato europeo per la prevenzione della tortura, che ha attenzionato l’Italia per tutto il 2022. E non ha smosso nulla neppure una manifestazione a Roma in giugno, promossa dal Coordinamento nazionale parenti associazioni lavoratori. La leader del Conpal, Claudia Sorrentino, spiega che «il prolungato isolamento ha già portato alla morte dei nostri parenti per depressione e sindrome dell’abbandono, oltre che a gravi traumi psicologici per tutti noi. Impedire a un anziano o a una persona disabile di abbracciare i propri cari è mostruoso».Lo stallo non è indolore e le vittime sono sempre i più deboli. Dall’altra parte della barricata (letterale) la motivazione è una e granitica: la lacunosità delle regole. Lo spiega un esperto del settore, Fabrizio Lazzarini, responsabile di alcune Rsa di Bergamo: «Nessuno di noi pensa che sia giusto tenere gli anziani lontani dai familiari. Vanno garantite e ripristinate le relazioni tra ospiti e famiglie. I mezzi alternativi, come le videochiamate, sono un surrogato. Le disposizioni di legge hanno affermato il principio, ma l’hanno negato nei fatti: se devo limitare la diffusione del virus devo necessariamente mettere in piedi un sistema di filtri e di controlli piuttosto rigido che va automaticamente contro le libere visite. Se invece voglio affermare e difendere il principio, tale rigidità deve venire meno con il rischio di subire l’accusa di essere il responsabile dei nuovi contagi». Traduzione: non potete non aprire, ma se succede qualcosa sono affari vostri. È il metodo scaricabarile di Speranza. Ancora (si spera) per una settimana.
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Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (Imagoeconomica). Nel riquadro il programma dell'evento organizzato da La Verità