2021-09-13
Modello Lamorgese: somalo tenta una strage
Un richiedente asilo già rifiutato da quattro Paesi europei ha accoltellato cinque persone a Rimini, fra cui un bambino colpito alla giugulare e salvato dai medici. Fdi e Lega attaccano il ministro dell'Interno, che oggi andrà in città. Tardi come al solito.La giornata di follia di un pluri richiedente asilo somalo di 26 anni, Somane Duula, sprovvisto del ticket di viaggio e sotto l'effetto di cocaina è cominciata su un autobus che collega Riccione e Rimini. Ha accoltellato prima le due donne che erano salite per controllare i biglietti, colpendole con due fendenti, uno alla spalla e l'altro di striscio al collo. Poi è fuggito sul lungomare. Ha minacciato due automobilisti ai quali voleva rubare l'auto, ma non ci è riuscito. E mentre scappava a piedi ha accoltellato altre due donne (una ragazza e una settantasettenne), anche loro alla gola, e un bimbo di soli 6 anni, figlio di una coppia proveniente dal Bangladesh. Anche questa coltellata era mirata alla gola e al piccolo ha reciso la giugulare. Il bimbo, che ha perso molto sangue, è stato ricoverato in condizioni gravissime, ma è in salvo e ora non corre pericolo di vita. I medici hanno dovuto ricostruirgli la carotide. Il somalo è stato bloccato e arrestato dalla polizia mentre si trovava a bordo del Metromare, come un qualsiasi turista.«Gli inquirenti confermano l'atto folle e improvviso e uno stato di alterazione del soggetto arrestato», ha spiegato il sindaco Andrea Gnassi, del Pd, che è rimasto tutta notte in ospedale con i genitori del bambino, che a Rimini, a sentire le autorità locali, rappresentano un caso di integrazione ben riuscita. Il padre lavora in un'importante azienda e i tre figli sono nati in Italia. In Procura, dove il sostituto procuratore Davide Ercolani ha subito disposto il fermo dell'accoltellatore, non se la sentono ancora di escludere che dietro al gesto ci sia un movente politico. Gli investigatori della Squadra mobile hanno ben in mente la data in cui il somalo ha tirato fuori l'arma bianca: l'11 settembre e a Rimini, in zona Miramare, era in corso una commemorazione. Dalla perquisizione nell'alloggio del somalo, che aveva chiesto da alcuni mesi lo status di rifugiato (dopo aver fatto la stessa trafila in Danimarca, Svezia, Germania e Olanda sin dal 2015, senza aver mai ottenuto asilo) ed era ospitato in una struttura della Croce rossa, però, non sono emersi elementi per sostenere l'ipotesi del terrorismo. E, per questo motivo, quell'ipotesi sembra essere stata accantonata. Ma le vittime, fatta eccezione per il bimbo che era in braccio alla mamma (probabilmente era finita lei nel mirino del somalo), sono tutte donne. E sono state tutte colpite alla gola. Ma mentre gli investigatori sembrano dare un certo peso specifico anche a questo dettaglio, si registra il silenzio delle femministe dell'ultrasinistra. Il pm ha già interrogato l'indagato che, con poche parole in un inglese stentato, ha ammesso di aver fatto uso di cocaina e ha detto di non ricordare nulla. Mentre è atteso per i prossimi giorni l'interrogatorio di garanzia davanti al gip. Per ora è accusato di tentato omicidio, lesioni e tentata rapina. In questura viene descritto come una persona che aveva già manifestato un carattere aggressivo e violento. Anche se non aveva precedenti di polizia in Italia. Dove, però, è arrivato solo da qualche mese. «Chiederemo conto del perché l'aggressore, residente in un Comune vicino, potesse circolare nonostante lo status particolare e, pare, episodi aggressivi che lo avevano già visto protagonista», ha commentato l'assessore Jamil Sadegholvaad, papà iraniano e mamma brasiliana, scelto come candidato sindaco di Rimini in continuità con Gnassi. Parole a cui ha fatto seguito la bacchettata del deputato di Fratelli d'Italia Galeazzo Bignami: «Quanto avvenuto dimostra ancora una volta il fallimento delle politiche di accoglienza indiscriminata alimentata da una sinistra ipocrita che ora invoca rigore dopo aver contribuito a creare il problema. Perché il problema non sono solo queste migliaia di disperati che vagano per l'Italia dopo essere stata attirati da miraggi inesistenti di benessere e ricchezza. Il problema sono le scelte di chi, dai propri salotti buoni, continua a propugnare accoglienza indiscriminata». Anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ha commentato: «Seguo con apprensione quanto avvenuto a Rimini, un pensiero e una preghiera per i feriti. Spero che questo criminale la paghi cara». Molto dura la reazione del segretario della Lega Matteo Salvini: «Maledetto delinquente, spero che nessuno dica “poverino"... Una preghiera per il piccolo e gli altri feriti, disprezzo per il criminale e per i suoi complici. A casa sua e stop, giusto ministro Lamorgese? Se non può, non sa o non vuole fare il suo lavoro, lo lasci fare a qualcun altro». Stranamente il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese è uscita dal consueto silenzio in cui di solito si chiude dopo drammatici fatti di cronaca e ha definito l'episodio «gravissimo». Poi ha fatto sapere di essere in «contatto continuo» con il prefetto e ha annunciato che oggi sarà a Rimini per partecipare al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Come al solito, però, si cerca di chiudere la stalla dopo la fuga dei buoi.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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