2025-12-02
Ecco cosa c’era nell’indagine che doveva mirare a Salvini. Scarpinato querela Gallucci
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.Il senatore del Movimento 5 stelle, Scarpinato, ha annunciato querela e ha puntualizzato: «La segnalazione del procedimento disciplinare fu effettuata direttamente dal procuratore capo di Termini Imerese agli organi disciplinari a seguito di una nota del procuratore della Repubblica per i minorenni di Palermo che aveva comunicato che la dottoressa Gallucci aveva indebitamente omesso per lungo tempo di informare quella Procura che in una indagine per droga erano implicati anche dei minorenni. Ricevuta tale segnalazione da Cartosio per conoscenza, la inoltrai agli organi disciplinari per quanto di competenza». Stessa antifona da parte dell’allora procuratore: «La segnalazione disciplinare e il parere negativo sulla valutazione di professionalità della dottoressa erano legati a episodi che nulla avevano a che vedere con indagini sulla pubblica amministrazione o sulla politica». La Gallucci ha replicato a stretto giro: «Sorprende il tempismo con il quale il senatore Scarpinato con il quale, come ho detto nella mia intervista, non ho mai avuto neanche il piacere di confrontarmi e del quale mi parlava il dottor Cartosio, menzioni, pur non avendo più alcun ruolo nella magistratura, fatti contenuti nel mio fascicolo personale riservato, peraltro secondo la sua personale prospettazione. Tutelerò in tutte le sedi la mia onorabilità professionale e la riservatezza degli atti che mi riguardano».Il 4 marzo 2018 c’erano state le elezioni politiche e la Lega di Matteo Salvini aveva conquistato il 17,4% dei voti, miglior risultato nell’alleanza di centrodestra. Esattamente un mese dopo, esplose l’inchiesta che portò agli arresti domiciliari due esponenti di «Noi con Salvini», la costola siciliana della Lega. L’accusa per i fratelli Salvino e Mario Caputo, entrambi avvocati, era quella di avere ingannato gli elettori. Infatti il primo era stato escluso dalla competizione elettorale dai vertici leghisti, dopo essere stato dichiarato «impresentabile» dalla commissione Antimafia per una condanna penale. Ma, secondo l’ipotesi accusatoria, Salvino non si era arreso e avrebbe fatto, comunque, campagna elettorale a favore del fratello Mario, che per i pm sarebbe stato solo una sorta di prestanome. Tanto è bastato alla Procura per chiedere e ottenere l’arresto di entrambi.Ma alla fine, anche per la cocciutaggine della Gallucci, a finire alla sbarra per frode elettorale non sono stati i fratelli Caputo, ma l’attuale sindaco di Gangi, Giuseppe Ferrarello, (prosciolto per il voto di scambio), il quale, nel 2017, era stato il candidato più votato (quasi 10.000 preferenze) di una lista che sosteneva l’aspirante governatore del centrosinistra, il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari. Ferrarello è andato a processo per aver contattato telefonicamente, durante le operazioni di spoglio, un presidente di seggio, due vicepresidenti e un rappresentante di lista di due sezioni elettorali del Comune di Gangi. Per tale vicenda pure i quattro interlocutori del politico sono stati rinviati a giudizio. Con queste chiamate sarebbe riuscito a «salvare» circa 170 voti contestati alla sua lista e a lui personalmente.Eppure, nella conferenza stampa si parlò solo di «Noi per Salvini» e a chi chiedeva se fossero coinvolte altre liste i pm risposero in modo sibillino: «A tale domanda in questo momento non possiamo rispondere perché l’indagine anche se formalmente conclusa è stata ad ampio raggio». Per scoprire che nell’inchiesta era coinvolto anche il centro-sinistra è dovuto passare un anno, in occasione delle richieste di rinvio a giudizio. Nel 2018, mentre il presidente Sergio Mattarella aveva iniziato le consultazioni per la formazione del nuovo governo, di cui la Lega avrebbe fatto parte, dunque, l’unica lista a finire nel mirino della Procura e dei media era stata «Noi per Salvini». Nella conferenza stampa, Cartosio chiosò: «Non è che viviamo sulla Luna, comprendiamo perfettamente il momento politico delicatissimo per cui è necessaria la massima continenza e correttezza da parte di tutti». Ma nelle ore successive giornali, siti e tv spararono titoloni sul voto di scambio che aveva portato all’arresto di due «esponenti della Lega in Sicilia».L’inchiesta, nata da un esposto anonimo e da alcune intercettazioni effettuate nei confronti di dipendenti del Comune di Termini Imerese, coinvolgeva in origine 96 persone, ma 69 sono state prosciolte, tra cui alcuni big come l’ex governatore Totò Cuffaro, l’assessore regionale Totò Cordaro, il parlamentare leghista Alessandro Pagano e i deputati regionali Alessandro Aricò e Mario Caputo. Il processo prosegue solo per gli 11 che hanno optato per il dibattimento. Tra questi c’è anche Salvino Caputo, ma soltanto per un’ipotesi di tentata turbativa d’asta. Le accuse per voto di scambio o attentato ai diritti costituzionali dei cittadini sono tutte cadute. A condurre verso il flop l’inchiesta è stata la sentenza della Cassazione che, nel gennaio 2020, ha sancito l’inutilizzabilità delle intercettazioni acquisite in altri procedimenti (nel nostro caso in un procedimento per assenteismo in Comune).L’avvocato Mario Caputo, raggiunto dalla Verità, commenta con stupore le dichiarazioni della Gallucci: «Dispiace apprendere di certe dinamiche politiche in seno all’esercizio dell’azione penale. Devo ammettere che quando si sviluppò la vicenda giudiziaria in questione mi era sorto il dubbio che vi fosse stata una conduzione delle indagini politicamente orientata ma, essendo anche uomo di legge e rispettoso della magistratura, non avevo ceduto al sentimento o meglio al presentimento “di pancia” avvertito sulla conduzione politica delle indagini preliminari». Caputo ricorda l’annullamento quasi immediato dell’arresto suo e di suo fratello da parte del Tribunale del riesame «per carenza dei gravi indizi di colpevolezza», mentre i pm avevano chiesto l’aggravamento della misura con la custodia in carcere. Il legale stigmatizza anche la «pervicacia della Procura» che fece ricorso in Cassazione contro la sua liberazione, senza successo. I giudici del Palazzaccio respinsero l’istanza, osservando «la singolarità dell’impugnazione». Alla fine, il gup ha prosciolto Mario Caputo «perché il fatto non sussiste» e la Corte d’appello di Palermo ha riconosciuto a entrambi i fratelli un indennizzo per ingiusta detenzione. «La lettura delle dichiarazioni della dottoressa Gallucci», conclude l’avvocato, «riempie di amarezza e per tal motivo, unitamente ai miei avvocati Nicola Nocera e Raffaele Bonsignore, verranno valutate le azioni più idonee da intraprendere presso il Consiglio superiore della magistratura e il tribunale di Caltanissetta per vagliare ed esplorare eventuali responsabilità disciplinari o civilistiche in capo ai magistrati che hanno sottoposto per 16 giorni un innocente agli arresti domiciliari solo ed unicamente per volontà squisitamente politica».Una considerazione su cui, almeno in parte, oggi sembra concordare anche la pm Gallucci.