2020-04-20
Mister Mes conferma: l’epidemia non cancella le regole capestro
Klaus Regling prova a rassicurare: invano. Giuseppe Conte rilancia i bond: «Ricordiamo la Grecia».Se doveva essere un'intervista rassicurante, non ha rassicurato proprio nessuno. Se invece doveva confermare, neanche troppo tra le righe, ciò che La Verità scrive da molte settimane, lo ha fatto. Si tratta del colloquio pubblicato ieri sul Corriere della Sera , a firma di Federico Fubini, con Klaus Regling, il direttore generale del Mes, di nazionalità tedesca. Il titolo e ampi passaggi dell'intervista sono costruiti per far pensare che, aderendo al programma Mes (come impostato dall'Eurogruppo, e come realisticamente sarà approvato dai capi di stato e di governo nel Consiglio europeo del 23 aprile), non ci siano condizioni. Vediamo i passaggi dove Regling tenta di spargere latte e miele: «C'è un nuovo approccio che stiamo prendendo con il Mes». E ancora: stavolta si tratterà di un Mes «standardizzato», mentre anni fa «i programmi per Grecia, Irlanda e Portogallo dovettero essere molto diversi l'uno dall'altro». Insomma, il tedesco insiste: «La dichiarazione dell'Eurogruppo dice che la sola condizione è di coprire i costi diretti e indiretti di sanità, cura, prevenzione». Morale: «Non sarà un'altra Grecia», come garantisce il titolo: con ciò ammettendo però ciò che per anni si era negato, e cioè che Atene fu massacrata, e non solo dagli innegabili errori dei suoi governanti, ma pure dalle condizioni imposte per il cosiddetto «salvataggio». A un certo punto Fubini pone quella che dovrebbe essere la domanda volta a dissipare gli equivoci: «Alcuni temono che la condizionalità sia a due stadi: all'inizio il Mes chiede solo che si spenda per i costi della pandemia, dopo esigerà riduzioni di deficit. È così?». E l'ineffabile Regling, nella risposta decisiva, prima nega e poi finisce per confermare: «Credo ci sia stato un malinteso. La condizionalità concordata all'inizio non cambierà durante il periodo nel quale la linea di credito è disponibile». E già qui si capisce dove si va a parare: non cambierà in quel periodo, ma non necessariamente anche dopo. E infatti il tedesco lo lascia a verbale: «In seguito, tutti gli stati membri dell'Ue restano impegnati a rafforzare i loro fondamentali in base al quadro di vigilanza europeo, inclusa la flessibilità». Insomma, meno soavemente: collare e guinzaglio possono essere stretti dopo. Attenzione, perché le parole di Regling non sono scelte a caso, ma sembrano la riproposizione - pari pari - del famigerato punto 16 del documento dell'Eurogruppo, in cui sta scritto nero su bianco che «le norme del Trattato Mes devono essere seguite» e che in seguito («afterwards»), cioè finita la crisi del Coronavirus, «gli Stati membri rimangono impegnati a rafforzare i loro fondamentali economici e finanziari, in coerenza con il quadro di coordinamento e sorveglianza economica e di finanza pubblica dell'Ue, inclusa ogni flessibilità applicata dalle istituzioni Ue competenti».Morale: non cambia il trattato Mes; non cambia il punto 16 della dichiarazione dell'Eurogruppo, che Regling cita quasi testualmente, come per proteggersi davanti a obiezioni di eventuali lettori tedeschi o olandesi del resto della sua intervista; e soprattutto non cambia il famigerato regolamento europeo 472 del 2013, quello che all'articolo 7 consente, in tempi successivi e a maggioranza qualificata, di cambiare le condizionalità imposte a un Paese. Va anche segnalato un altro passaggio delle risposte del direttore del Mes: quello in cui ribadisce l'apertura, attraverso il Mes sanitario, a coprire i costi «diretti e indiretti» della pandemia. Peccato che questi ultimi restino vaghissimi: il tedesco si limita a dire che «vanno molto oltre il semplice acquisto dei materiali», il che - ammettiamolo - non vuol dire nulla. Anche questa sembra piuttosto un'arma per il dopo: per qualcuno (gli amici) le regole verranno interpretate, per qualcun altro rigidamente applicate. Il braccio di ferro sembra comunque perdurare. Ieri sera il giornale tedesco Suddeutsche Zeitung ha anticipato un'intervista del premier Conte molto critica: «Il Mes in Italia ha una cattiva fama. Non abbiamo dimenticato che ai greci, nell'ultima crisi finanziaria, sono stati richiesti sacrifici inaccettabili perché ottenessero i crediti», ha sottolineato Conte aggiungendo che la Germania ha «un bilancio commerciale superiore a quanto prevedano le regole dell'Ue» e così opera da «freno per l'Europa». Il premier ha rilanciato la necessità dei Coronabond.