2024-06-05
«Miocarditi nei giovani solo dopo le dosi»
La ricerca Uk su oltre 800.000 bimbi e ragazzi smonta il dogma sul rischio di problemi cardiaci post contagio.Mentre il British medical journal lancia l’allarme sul fatto che i vaccini contro il Covid potrebbero essere all’origine dell’extramortalità registrata in molti Paesi nel 2021 e nel 2022, esce su medRxiv uno studio preprint (ossia non ancora soggetto a peer-review) che analizza l’efficacia dei sieri Pfizer a mRna su adolescenti e bambini. Un articolo ortodosso, che non si avventura in grandi critiche (tra i finanziatori segnalati nel paragrafo sui conflitti d’interesse figura anche l’Oms), in cui però tra i risultati compare un dato da sottolineare: miocarditi e pericarditi sono state registrate solo nei gruppi vaccinati.Condotto da un gruppo di ricercatori britannici, si tratta di uno studio osservazionale basato sul database OpenSafely-Tpp, una piattaforma per l’analisi dei dati sanitari a cui collabora anche il National health system, che «copre il 40% delle pratiche di cure primarie in Inghilterra ed è collegato ai dati nazionali sulla sorveglianza sul coronavirus, sugli episodi ospedalieri e sul registro dei decessi». I ricercatori hanno analizzato i dati disponibili sugli adolescenti tra i 12 e i 15 anni e sui bambini tra i 5 e gli 11 anni al 31 agosto 2021, quando sono stati definiti i criteri di idoneità alla vaccinazione relativamente all’età (escludendo i clinicamente vulnerabili, per cui le vaccinazioni erano state autorizzate in precedenza), con l’obiettivo di valutare l’efficacia del vaccino rispetto a diversi parametri. Quanto agli adolescenti, i dati di 410.463 vaccinati sono stati confrontati con quelli di altrettanti non vaccinati. In tutti i raffronti gli individui vaccinati mostrano un Irr (Incidence rate ratio) favorevole, ossia una minor possibilità di contrarre la malattia o di incappare in esiti peggiori, ma tale tendenza tende ad assottigliarsi entro le 20 settimane. Il tasso di incidenza dei test positivi è risultato inferiore di circa il 26% in chi si è sottoposto a vaccinazione rispetto a chi non l’ha fatto (Irr dello 0,74), ma i rischi a 20 settimane sono pressoché sovrapponibili (1.961 su 10.000 per i vaccinati, 1.979 per i non vaccinati). Gli Irr mostrano anche un 40% in meno (0,60) di possibilità di accedere al pronto soccorso e un 42% in meno (0,58) di ospedalizzazioni a causa del Covid. Si tratta comunque di numeri piuttosto modesti: per quanto riguarda il rischio a 20 settimane, si parla di 1,91 su 10.000 accessi al pronto soccorso per i vaccinati e 2,54 per i non vaccinati; per l’ospedalizzazione, rispettivamente 3,09 e 4,23 su 10.000. I numeri si assottigliano o diventano ancora più modesti nel raffronto tra prima dose e seconda dose.Per quanto riguarda i bambini nella fascia di età tra i 5 e gli 11 anni, lo studio afferma chiaramente che è stato impossibile stimare gli esiti correlati al Covid perché i casi erano troppo rari. Di contro, i numeri riportati segnalano che gli accessi al pronto soccorso e le ospedalizzazioni non pianificate per motivi diversi dal coronavirus aumentano leggermente nei soggetti vaccinati rispetto ai non vaccinati (al contrario, diminuiscono leggermente nel raffronto tra prima dose e seconda dose). Fin qui nulla di nuovo, anche se bisognerebbe sempre vedere come sono stati catalogati i pazienti risultati positivi nei giorni immediatamente successivi alla vaccinazione. Un bias che, come ha rilevato in un articolo il professor Norman Fenton insieme con altri colleghi, affligge molti studi relativi all’efficacia delle inoculazioni, perché secondo le loro simulazioni, quando si registrano come non vaccinati i positivi sottoposti a vaccinazione fino a un certo numero di giorni precedenti, si gonfia artificialmente l’efficacia del vaccino anche quando essa è nulla o negativa. Tuttavia, il passaggio particolarmente interessante dello studio è questo: «Tra adolescenti e bambini, miocarditi e pericarditi sono state documentate solo nei gruppi vaccinati, con tassi rispettivamente di 27 e 10 casi per milione dopo la prima e la seconda dose. Gli autori ci tengono a sottolineare che questa statistica, effettivamente modesta, deporrebbe a favore della vaccinazione (quantomeno rispetto al breve periodo, oggetto di indagine qui), tuttavia c’è un elemento importante da considerare. Nei mesi della campagna vaccinale (ma anche in quelli successivi), a chi paventava il rischio di patologie cardiache in seguito alle inoculazioni veniva detto che esse potevano essere causate anche, e in maniera più grave, dal Covid e che, quindi, la vaccinazione avrebbe ridotto e non aumentato i rischi. Se i risultati di questo studio fossero confermati anche da altre ricerche, magari con l’aiuto degli istituti di statistica (che possono raccogliere i dati necessari), saremmo di fronte all’ennesima circostanza in cui, anche se lo diceva la scienza, alla fine avevano ragione i «complottisti».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)