2018-07-31
«Mio figlio è sparito ma l’Italia tace e non muove un dito»
La moglie è tornata in Kazakistan rapendo Adelio, che oggi ha 5 anni. Giovanni Paolo Bocci: «Da allora l'ho visto una volta, adesso ne ho perso le tracce».Da gennaio non ha più notizie del figlio, portato via nell'ottobre del 2015 dalla moglie kazaka. «Potrai vederlo quando vorrai», aveva promesso Aigul Abraliyeva, 37 anni, nel biglietto scritto prima di lasciare la Puglia e sparire a Taraz, sua città di origine in Kazakistan, la Repubblica asiatica ex sovietica dove circa il 60% della popolazione è musulmana sunnita. Giovanni Paolo Bocci, 43 anni, operaio specializzato di Brindisi, in 33 mesi è invece riuscito a vedere solo una volta il piccolo Adelio, che a settembre compirà 5 anni. Un'ora di incontro a inizio d'anno, nella casa della suocera, circondato da freddi funzionari, poi ogni rapporto è tornato a interrompersi. Dall'antico avamposto sulla Via della seta, poi raso al suolo dai mongoli, il freddo che caratterizza l'inverno kazako continua a gelare ogni via d'accesso dall'Adriatico. Malgrado la condanna della donna a due anni per sottrazione di minore e un ordine di cattura internazionale, non solo il padre non ha ancora riavuto il figlio, ma nemmeno più sa più dove sia finito. Aigul, dalla quale nel frattempo ha divorziato, non risponde al telefono e dopo l'ultimo viaggio senza esito a Taraz, Bocci è angosciato. «Si sono perse le tracce di lei e del bambino», ripete da mesi. Dobbiamo farci l'abitudine, a un'Italia che non riesce a riportare a casa i figli di nostri connazionali fatti sparire all'estero? Almeno 1.000 ogni anno in Italia, secondo quanto ricorda Bruno Poli, fondatore di Bambinirubati.org, che ha promesso di intervenire anche in aiuto di Adelio e del suo papà. Il Kazakistan ha aderito alla Convenzione dell'Aia del 1980 contro la sottrazione dei minori, ma non rispetta la sentenza di un tribunale italiano e non consegna una persona ricercata in ambito internazionale. Bocci è assistito da bravi avvocati, è fortunato perché la sua vicenda è stata oggetto di tre interrogazioni parlamentari, eppure non riesce ad avere risposte concrete dal nostro Paese. Imbeccato dai suoi legali, ricorda: «Quando nel 2013 si trattò di rimpatriare in tutta fretta Alma Shalabayeva (la moglie del maggiore oppositore politico del regime kazako, Mukhtar Ablyazov, ndr), sulla base di un mandato di estradizione, la polizia italiana in poche ore la trovò e la mise su un aereo per il Kazakistan assieme alla figlia. Il mio bambino non ha diritto di essere cercato e trovato?», chiede affranto quest'uomo, che alla Verità racconta una storia costellata da molte delusioni.Perché sua moglie decise di andarsene? Non andavate più d'accordo? «Stavamo bene insieme. L'avevo conosciuta nel 2011, ero andato in Kazakistan come supervisore meccanico per conto di un'azienda di Ravenna. Anche Aigul lavorava per la stessa ditta, come interprete russa. Ci siamo sposati nel maggio del 2013, lei era incinta ma la decisione l'avevamo già presa. Eravamo innamorati. A settembre nasceva Adelio, registrato all'anagrafe dell'ambasciata italiana di Astana».Poi che cosa accadde?«Terminato il contratto di lavoro, rientrai in Italia nel gennaio del 2014. Moglie e figlio mi seguirono, ci stabilimmo in una casa di mia proprietà a Brindisi. Aigul tornò a trovare la sua famiglia molte volte, era libera di muoversi quando voleva. Certo, non di portarmi via il bambino all'improvviso, senza dirmi nulla, come accade la mattina del 26 ottobre del 2015, mentre mi trovavo per lavoro in Basilicata».Le lasciò un biglietto per spiegare il motivo?«Tornai a casa di corsa, preoccupatissimo perché non rispondeva al telefono. Trovai poche righe: “ Sei un buon marito e un buon padre. Hai fatto il meglio. Non preoccuparti, non ti creerò problemi economici. Non mi servono il tuo appartamento e i tuoi soldi. Mi arrangerò. Potrai vedere Adelio quando vorrai, fammi sapere. Ci vedremo a Taraz. P.s: ti ho davvero amato e non per i tuoi soldi". Non so come sia riuscita a partire con il bambino, forse falsificando dei documenti. Il passaporto di Adelio è rimasto qua».La sua reazione?«Sono partito subito per il Kazakistan, mia moglie era tornata a vivere con sua madre in un'abitazione fatiscente. Tra altri figli e nipoti sono in otto e non se la passano bene. Non mi ha fatto vedere il bambino, né quella volta né durante i miei frequenti viaggi a Taraz per trovare un accordo. Iniziò anche le pratiche per il divorzio. Due volte ho potuto parlare con il piccolo, solo via chat, ma è stato straziante. Adelio sembrava confuso, non mi riconosceva. Quando mi fu portato via aveva solo 2 anni».Dopo la sua denuncia nell'ottobre 2015 per sottrazione internazionale di minore, Aigul Abraliyeva è stata condannata dal tribunale di Brindisi e le è stata sospesa la responsabilità genitoriale. La sentenza porta la data 16 febbraio 2017. Da allora che cosa è successo?«Nulla. Nessuna risposta dalle autorità kazake alla richiesta di estradizione della mia ex. Silenzio dal ministero italiano della Giustizia. Mi sono rivolto più volte all'ambasciata italiana di Astana, dicono di non sapere dove sia la donna. Ma se hanno l'indirizzo, i numeri della sua carta di credito sulla quale verso ogni mese i soldi per mio figlio! Basterebbe fare pressione sulla polizia per trovare lei e il bambino».Ci sono state delle interrogazioni parlamentari sulla sua vicenda, per sollecitare il rispetto della Convenzione dell'Aia sulla sottrazione dei minori.«L'ex deputato Nicola Ciracì ne presentò una nel giugno del 2017, l'altra nel dicembre dello stesso anno, chiedendo ai ministri della Giustizia e degli Affari esteri se avessero “adottato iniziative affinché il Kazakistan applichi la citata Convenzione". Il mese scorso, anche Mauro D'Attis, di Forza Italia, ha presentato un'interrogazione scritta. Non succede nulla, eppure da febbraio di quest'anno c'è anche un ordine di cattura internazionale nei confronti di Aigul».Il dipartimento di tutela dei minori di Taraz ha deciso che lei potrà esercitare il suo diritto di visita soltanto in Kazakistan, alla presenza della madre. Perché nemmeno questo è possibile?«La madre non me lo fa vedere. L'ho potuto fare solo a gennaio di quest'anno, un'ora di incontro in mezzo ad altre persone, mio figlio era spaventato, non parla più nemmeno una parola di italiano. Oggi dall'ambasciata ad Astana hanno scritto al mio avvocato che “l'eventualità di una condanna penale e, tanto più di un'estradizione di un proprio cittadino da parte delle autorità kazake, nel mio caso risulta assolutamente irrealistica". A chi mi devo appellare?».
Jose Mourinho (Getty Images)