La terza via per liberarsi dal modello Mariana Mazzucato o dai fallimenti di Giuseppe Conte c'è ed è l'iniziativa privata: piccole emissioni quotate in Borsa e garantite da Confidi locali. Sono già attive sull'Adriatico, ora arrivano in Liguria e raccolgono liquidità pure per il turismo.
La terza via per liberarsi dal modello Mariana Mazzucato o dai fallimenti di Giuseppe Conte c'è ed è l'iniziativa privata: piccole emissioni quotate in Borsa e garantite da Confidi locali. Sono già attive sull'Adriatico, ora arrivano in Liguria e raccolgono liquidità pure per il turismo.Alle aziende serve liquidità, colpite come sono dal virus. Bloccata la domanda per il lockdown, l'offerta è stata trascinata a terra. Così, quando la curva del fatturato in picchiata si incrocia con la curva al ribasso della cassa, si fa fallimento. Per evitare il crac, il governo è riuscito a immaginare solo due strade per aiutare il credito. Una passa attraverso il sistema bancario e l'altra attraverso promesse di erogazioni a fondo perduto. Nel primo caso, il decreto cosiddetto liquidità sta dimostrando fallacia intrinseca. Il governo ha scaricato sulle spalle delle banche l'onere di fare credito chiedendo «un atto d'amore» - sono le parole di Giuseppe Conte - salvo poi massacrare gli istituti. Accadrà quando, fra due anni, al termine della moratoria sui capitali, le banche si scontreranno con la burocrazia pubblica e con i rischi penali delle pratiche di fido. Tutti sanno che la via bancaria alla ripresa è un palliativo momentaneo. Per un motivo: le regole Ue sulle erogazioni non sono cambiate. Eppure, nonostante la premessa, resta la migliore delle ipotesi messa in campo da Conte. L'altra è da brividi. Per capire di cosa si tratta basta leggere l'intervento pubblicato dal Sole 24 Ore ieri a firma Mariana Mazzucato. La consulente del premier appare come una comunista 4.0 e, in quanto tale, ancor più pericolosa dei comunisti tradizionali. Infatti, scrive non sul Manifesto o il Giornale del Popolo di Pechino, ma sul quotidiano di Confindustria a suggellare un potenziale patto sistemico dentro il quale le imprese rischiano di lasciarsi andare a una lunga notte statalista come i soldati italiani dell'Armir morti nelle nevi della Russia. La Mazzucato, e con lei un'enorme fetta del Pd e dei 5 stelle, sostiene che ora lo Stato può e deve aiutare le aziende, ma in cambio dovrà riformarle e individuare quali siano i settori strategici su cui puntare. È esattamente il comunismo 4.0 che piace all'Unione europea. Un fatto che non può non essere sottovalutato in queste ore. Perché la crisi sta portando il nostro Paese ad accettare strumenti come il Recovery fund di cui non conosciamo le sfumature né le ricadute. Sa però di bomba pericolosa. È infatti uno strumento che si conciliano con l'idea di Conte e della Mazzucato. Green e new deal assieme sono un incesto perfetto dal quale bisogna scappare in largo anticipo. Una volta che le aziende avranno preso i soldi non potranno più tornare indietro. Tanto più che il nostro tessuto produttivo è fatto di piccole imprese. Aziende storicamente sotto capitalizzate. Così, il rischio - concreto -è che vengano rase al suolo prima dal Covid e poi dal nuovo statalismo. Per questo bisogna cercare altre strade al credito che non siano il vecchio modello bancario o il denaro pubblico a condizioni sul modello Grecia. Per fortuna, una terza via al credito c'è e si chiama minibond. Si tratta di uno strumento di emissione di debito che non passa necessariamente dalle banche e che arriva direttamente al mercato e in Borsa. Può anche essere garantito (100% del capitale) dai Confidi e dallo scorso ottobre è accessibile ai clienti retail. Con l'unica clausola di investire almeno 100.000 euro. L'idea è nata nel 2012 e lo scorso anno ha raggiunto le 800 emissioni coinvolgendo 536 imprese di cui più di 300 Pmi, che si sono portate a casa 2 miliardi. Con tali numeri non si può dire che i minibond siano mai decollati, ma il coronavirus potrebbe renderli più interessanti. Consentono infatti di avere liquidità nel breve e un debito sostenibile nel medio termine. Dal Veneto arriva un esempio che lascia sperare. Lo scorso anno è stata collocata un'emissione da 5 milioni di euro per finanziare il rilancio di 15 tra alberghi e strutture vacanziere lungo la riviera veneta. Si chiama pluribond e il tasso di interesse per i sottoscrittori è arrivato al 2% con il capitale garantito al 100% da tre Confidi locali. Ora l'iter per una nuova emissione è ripartito e coinvolgerà anche strutture in Liguria con una contro parte come Federalberghi. «I pluribond consentono una schema molto agile di accesso al credito», spiega alla Verità Leonardo Frigiolini dell'omonima merchant bank, gestore della piattaforma Fundera, «senza passare dal mondo bancario. Il che consente anche di avere un doppio rubinetto a disposizione con costi molti bassi e tempi brevi. Siamo stati i primi a collocare uno short term mini bond ormai otto anni fa. Adesso il mondo è cambiato e gli strumenti si adeguano al post coronavirus». Serve sicuramente un cambio di passo culturale per rilanciare i minibond, e non è detto che siano la sola strada di uscita. Anzi, servirà pure una quarta via o forse una quinta di accesso al credito. Ma intanto è un passo. Nel 2016 è stato piazzato sempre da Frigiolini un minibond garantito da forme di parmigiano. Molti imprenditori del turismo hanno dalla loro parte oltre alla tradizione anche la proprietà degli immobili. Se gli albergatori veneti si stanno riorganizzando per ripartire e superare il 2020 chiedendo soldi al mercato, significa che l'iniziativa privata (in solitaria o in pool con altre aziende concorrenti) è una fiamma a cui dare ossigeno. Provare a salvarsi da soli è l'antidoto ai pericoli del governo e delle idee che si tira dietro.
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