
Per i 210 anni dalla nascita del biologo, un manifesto internazionale contesta le sue teorie sull'evoluzione. La critica principale: «La selezione naturale non spiega la complessità della vita». Mentre nel mondo i dubbi si moltiplicano, in Italia discutere è vietato.Per i 210 anni dalla nascita di Charles Darwin (1809-1882), una lunghissima lista di 1.000 uomini di scienza ha ribadito per l'ennesima volta che le sue teorie evoluzionistiche non reggono, o quantomeno risultano oggi strutturalmente carenti.Quanto si parla di critica al darwinismo, specie sui giornaloni e sulle riviste progressiste e scientifiche (tipo La Repubblica, Le Scienze, Focus), presto o tardi fanno capolino Gesù, la Genesi, il fondamentalismo americano, i testimoni di Geova, Donald Trump o i guru di non si sa quale setta. E c'è un motivo. Dando per scontato che Darwin e la sua teoria siano scienza esatta e incontrovertibile, ecco che chi li critica dovrebbe per forza basarsi su qualche fonte anti scientifica o per lo meno extra scientifica, come i testi sacri delle religioni, certe ideologie politiche o delle strane filosofie di qualche santone in cerca di notorietà.Ma Darwin è stato criticato, e già da vivo, oltre che in nome della teologia (cristiana, ebraica e mussulmana) anche in nome della scienza, della paleontologia, della chimica, della stratigrafia, della scienza del linguaggio, della psicologia, eccetera.Le ultime critiche di un certo peso in Italia sono state quelle esposte da due studiosi laici e progressisti come l'epistemologo Jerri Fodor e il biofisico Massimo Piattelli Palmarini nel celebre libro (edito da Feltrinelli) intitolato Gli errori di Darwin (2010). Secondo Wikipedia i due studiosi sostengono «che il principio darwiniano di selezione naturale e di progressivo adattamento all'ambiente non è verificabile. Anzi, con grande probabilità, è sbagliato». E già questo non è poco.Nel 2017 due altri ricercatori italiani, Achille Damasco e Alessandro Giuliani, hanno dato nuovo vigore allo scetticismo verso la darwinlatria di molti, pubblicando un saggio che ha fatto discutere sulla rivista scientifica Physica A. Lo studioso Enzo Pennetta, e il suo fortunato blog, hanno popolarizzato le critiche all'evoluzionismo o almeno alla sua vantata ortodossia epistemologica, difesa a spada tratta dai custodi del tempio scientista.Rimane secondo noi, sempre vero ciò che fece notare un teorico italiano anni fa, ovvero che se la scientificità è associata alla ripetibilità in laboratorio - come dovrebbe essere per ogni assunto che si pretende scientifico - l'evoluzionismo non sarà mai una teoria scientifica.In ogni caso, ci troviamo di fronte ora a 1.000 studiosi di varia origine, dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Cina a Israele, dal Canada all'Europa, i quali affermano quanto segue: «Siamo scettici quanto all'affermazione che delle mutazioni aleatorie e la selezione naturale siano capaci di rendere conto della complessità della vita. Un esame meticoloso della teoria darwiniana dovrebbe essere incoraggiato». Più o meno l'opposto di quanto sostengono da anni i darwinisti duri e puri, alla Telmo Pievani per esempio, o alla Piergiorgio Odifreddi. Nel 2001 sulla New York Review of Books fu pubblicata una prima lista di 100 studiosi per dichiarare che fosse falso che quasi tutti gli scienziati del mondo accettano (in toto) il darwinismo o l'evoluzione biologica dal primate all'homo sapiens. Ora, la lista si è notevolmente allargata e vi si ritrovano esperti di ogni ramo dello scibile, e di moltissime e notissime università del mondo: Yale, Princeton, Cambridge, l'università Ben Gurion, l'Accademia delle scienze di Mosca e tante altre.L'universalità delle conclusioni critiche (pubblicata su dissentfromdarwin.org) mostra ancora una volta la validità epistemica della revisione imprescindibile dell'evoluzionismo classico, troppo rapidamente assurto, a partire dal secondo Novecento, prima a paradigma della biologia contemporanea, poi a dogma religioso. Fino alla cacciata e al bando per gli eretici scienziati anti darwinisti, chiamati per disprezzo creazionisti, pur se alcuni di essi si proclamano buddisti o atei.Tra i mille firmatari, il professor Marcos Nogueira Eberlin, membro dell'Accademia delle scienze del Brasile, ha dichiarato come sintesi: «Come biochimico sono divenuto scettico sul darwinismo quando mi sono confrontato all'estrema complessità del codice genetico e alle sue numerose e intelligentissime strategie, messe in atto per codificare, decodificare e proteggere le informazioni».Ma già il grande fisico italiano Antonino Zichichi scriveva: «Gli oscurantisti sono coloro che pretendono di fare assurgere al rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica e senza alcuna prova sperimentale di stampo galileiano». Galileo Galilei infatti voleva provare e dimostrare ogni cosa, mentre l'evoluzionismo non è né verificabile, né falsificabile (Karl Popper). Quindi resterà sempre un'ipotesi affascinante di lavoro, ma non una teoria empiricamente assodata. Solo Dio, aborrito da molti darwinisti, potrebbe far parlare le scimmie: ma Dio deve restare fuori dalla ricerca…
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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