2020-06-28
Mille genitori in piazza a Macerata per difendere il Convitto dal Miur
Il sindaco di Macerata Romano Carancini (Ansa)
Ricorso al Tar e proteste anche contro il sindaco dem Romano Carancini, accusato di boicottare l'istituto.In piazza ora ci vanno i genitori. Almeno a Macerata. In 1.000 si mobilitano per impedire la chiusura del Convitto nazionale Giacomo Leopardi, una scuola che ha oltre 100 anni e «abitava», prima del terremoto, una sede che è un monumento nazionale. Protestano contro il sindaco, Romano Carancini (Pd); trascinano in tribunale autotassandosi per pagare le spese legali il direttore dell'ufficio scolastico regionale del Miur, Marco Ugo Filisetti; contestano al Pd che governa la città di aver scelto di tutelare gli interessi di magistrati e avvocati colleghi del sindaco invece del diritto all'istruzione; si oppongono al ministro, Lucia Azzolina, che costringe i ragazzi a fare i doppi turni, a rinunciare alla mensa e al doposcuola. Questa vicenda è un caso grave di malaistruzione e di pessima gestione della cosa pubblica; a quattro anni dal terremoto che ha costretto la scuola a trovare posto in una soluzione di fortuna, non si è fatto nulla per riparare i danni del sisma, ma si è anzi lavorato per chiuderla nonostante l'aumento d'iscritti. Romano Carancini, invocando un conflitto di competenze con la Provincia, è arrivato al punto di disporre un'ingiunzione per le bollette e l'affitto delle cucine. Eppure ci sarebbero 7,3 milioni dei fondi della ricostruzione per restaurare la sede storica, il sindaco però ha impegnato gli uffici comunali a progettare due nuove scuole e in parte finanziate dal Qatar rimaste semivuote nonostante il Comune abbia offerto solo a chi s'iscriveva lì il trasporto gratuito. Così giovedì i genitori, costituito il Comitato, occuperanno il Comune e autotassandosi hanno promosso una causa al Tar contro l'ufficio scolastico regionale del Miur e il suo dirigente Marco Ugo Filisetti. I genitori sospettano che ci siano degli appetiti immobiliari sulla sede storica della scuola che però ha un vincolo perpetuo: finché il Convitto ha iscritti, il palazzo è suo. Nei mesi scorsi però uno stillicidio di fatti e provocazioni ha messo in allarme genitori, docenti e personale di questa scuola che è un'eccellenza: lezioni in inglese e in cinese, doposcuola fino alla 18, un'orchestra, un coro, un giornale online, educatori che seguono gli allievi oltre l'orario normale, ospitalità e sostegno a chi vuole frequentare istituti superiori anche se ha basso reddito. È sì una scuola pubblica, ma è totalmente indipendente e segue un progetto didattico fortemente innovativo per i 500 alunni delle elementari e delle medie. Perciò i genitori non sanno spiegarsi, e lo chiedono al Tar, perché Filisetti prima ha disposto l'ampliamento dei corsi del Convitto, consentendo due nuove classi delle medie e una delle elementari, e poi a iscrizioni chiuse le ha soppresse obbligando i genitori a indirizzare i ragazzi verso le nuove scuole del Comune. Ma non basta, perché si sta studiando un'altra causa e stavolta contro Romano Carancini - di professione avvocato - che ha destinato parte dell'edificio occupato in via d'emergenza dal Convitto al tribunale, che deve esser risanato dall'amianto. Per far posto a giudici e avvocati la scuola deve rinunciare ai suoi spazi che, rispetto alla sede storica, sono già angusti. Ma così facendo il Comune impedisce nuove iscrizioni al Convitto e costringe i ragazzi a convivere con imputati (alcuni anche in manette) avvocati e cancellieri. Avendo concesso questi spazi al tribunale con le disposizioni per il distanziamento Covid gli alunni dovranno fare i turni, molte classi saranno costrette per mancanza di spazio a fare lezione al pomeriggio e gli ingressi per evitare la concomitanza col personale del tribunale dovranno essere scaglionati creando alle famiglie, ai docenti e agli alunni enormi disagi. Sarà impossibile avere mensa e doposcuola, le caratteristiche che rendono speciale, e molto richiesto, il Convitto. Nel silenzio del Miur e del Comune mentre la sede storica va in malora.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo