2023-03-17
Militare senza green pass, giudice respinge le accuse: «Ha protetto la sua salute»
L'hub vaccinale per il personale militare alla Cecchignola (Imagoeconomica)
La toga smonta la Consulta: l’imputato rifiutò il vaccino per salvarsi dal «pericolo di un danno grave». Inoltre, entrando in caserma, non mise a rischio i colleghi. Il giudice Andrea Cruciani colpisce ancora. A febbraio, la Consulta si era pronunciata su una questione da lui sollevata in udienza preliminare, al tribunale militare di Napoli. La Corte aveva seguito il suo ragionamento, bocciando l’obbligo vaccinale imposto ai soldati, nel caso in cui esso definisca solo in modo generico il tipo di trattamento richiesto, ma non le malattie che quel farmaco dovrebbe contrastare. Adesso, con una sentenza depositata il 13 marzo, la toga randella i custodi della Carta fondamentale, stabilendo il non luogo a procedere nei confronti di un militare che era entrato in caserma, pur sprovvisto di green pass. Per sanitari, insegnanti, forze dell’ordine e forze armate, il governo Draghi aveva infatti disposto l’iniezione coatta contro il Covid. La tesi del magistrato è che la presenza dell’imputato all’interno del presidio non poteva mettere a rischio il personale. Almeno, non più di quella di qualsiasi altro individuo che si fosse sottoposto all’inoculazione. Questa, come da decreto, avrebbe dovuto prevenire l’infezione da Sars-Cov-2 e non soltanto impedire il decorso grave della patologia. Cruciani prende di petto proprio le sentenze con cui la Consulta ha legittimato la norma dell’esecutivo di Mario Draghi sull’obbligo vaccinale per i sanitari, sottolineando che esse si richiamano a un’affermazione dell’Istituto superiore di sanità, per cui la vaccinazione anti Covid «costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione» del virus, «anche se l’efficacia vaccinale non è pari al 100%». La toga rileva che, all’opposto, «l’idoneità dei vaccini attualmente in commercio a impedire di essere contagiati e di contagiare a propria volta […], non solo non è pari o vicina al 100% ma si è di fatto rilevata prossima allo zero». Ed è in quel «di fatto» che sta l’abisso tra l’approccio del gup di Napoli e il collegio di Roma. Mentre la Corte costituzionale si è attenuta pedissequamente alle istruzioni di agenzie regolatorie ed enti ministeriali, Cruciani sostiene che in presenza di «ipotesi scientifiche alternative e spesso contrastanti», il giudice «è chiamato a verificare […] quale sia, tra le varie, l’ipotesi scientifica maggiormente accreditabile». Egli, insomma, non può «limitarsi a recepire passivamente e supinamente dei dati scientifici ancora non definitivi e provvisori, sia pure se provenienti dalle autorità nazionali e internazionali preposte alla ricerca scientifica, con apodittici richiami a tali dati». Deve, semmai, «operare un vaglio critico». Osservare la realtà. E nella realtà concreta, è un «fatto notorio», ovvero, un «dato incontrovertibile emergente dal naturale accadimento dei fatti […], che i soggetti vaccinati per Sars-Cov-2 possano contrarre e trasmettere contagio». Ma non finisce qui. A parere della toga, non solo la condotta del militare accusato non poteva mettere a rischio la salute degli altri; egli ha addirittura agito in «stato di necessità». Ossia, ha salvato sé stesso dai potenziali effetti collaterali pesanti della vaccinazione. Cruciani dichiara in modo esplicito di volersi discostare «con forza dalla recente interpretazione della Corte che ritiene compatibili con il dettato costituzionale dell’articolo 32 della Costituzione anche quei trattamenti sanitari obbligatori che possano provocare effetti avversi gravi, anche fatali. Un trattamento sanitario obbligatorio inteso in tal senso», argomenta, violerebbe il «rispetto della persona umana», controlimite fissato proprio dalla Carta. Bisogna ricordare che la Consulta, negli anni Novanta, aveva stabilito che imporre una terapia o un intervento medico è lecito soltanto «nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporanea e scarsa entità, appaiono normali […] e pertanto tollerabili». Con le ultime pronunce sull’obbligo vaccinale, però, la stessa Consulta ha utilizzato quelle sentenze per sostenere che «il rischio remoto di eventi avversi anche gravi» non può, «in quanto tale, reputarsi non tollerabile, costituendo piuttosto […] titolo per l’indennizzo». In sintesi: vaccinatevi. E se mal ve ne incoglie, fatevi bastare un risarcimento. Un’idea che Cruciani reputa una forzatura del dettato costituzionale. Ancora: a parere del gup di Napoli, le reazioni serie non sono affatto «rare». Per raro, commenta, «si intende l’evento che si verifica in una finestra che spazia da 1 su 1.000 a 1 su 10.000». E per un caso ogni 1.000 iniezioni «non può certo parlarsi di eventi del tutto eccezionali e imprevedibili». Di qui, discende lo stato di necessità che giustifica il rifiuto del militare imputato di porgere il braccio: egli ha voluto preservarsi «dal pericolo attuale di un danno grave alla propria persona». L’ultima mazzata alla Corte costituzionale arriva a proposito della compatibilità tra obbligo di puntura anti Covid e sospensione dello stipendio. Per le toghe, i singoli erano comunque liberi di scegliere se osservare la norma, «assumendosi responsabilmente […] le conseguenze»: essere privati del pane quotidiano. Cruciani contesta tale interpretazione come «esasperatamente formalistica e cinica», tanto da «svilire la centralità che la stessa Costituzione attribuisce al lavoro, quale imprescindibile mezzo di sostentamento e di sviluppo della persona umana».La disputa con la Corte costituzionale, aperta dalla sentenza partenopea, andrebbe letta anche alla luce delle manovre dell’Aifa per occultare gli episodi di fallimento vaccinale. Che impatto hanno avuto quelle reticenze sui pronunciamenti della Consulta? Lo sforzo di giustificare le iniezioni forzate ai sanitari era complicato dall’evidenza del calo di efficacia dei medicinali, collegato all’emergere di nuove varianti. Se non altro, però, i giudici della Corte si sono potuti aggrappare alle vecchie dichiarazioni dell’Iss e all’impressione che, almeno a inizio 2021, i vaccini avessero protetto dal contagio. Sì, le toghe avrebbero dovuto ammettere che prorogare l’obbligo pure nello scenario Omicron era illogico. Ma quale appiglio avrebbero potuto trovare, se proprio le autorità da loro citate quali custodi della verità scientifica avessero tempestivamente rivelato che i vaccini facevano fiasco? Che le Regioni si erano messe a segnalare subito dei casi di mancato sviluppo di anticorpi e di breakthrough infections? Quanto hanno pesato, considerato come sono andate le cose nei mesi seguenti, i silenzi dei funzionari dell’agenzia? L’apartheid vaccinale si sarebbe potuto evitare? O, almeno, non promuovere alla faccia della Costituzione?