2023-08-20
Nella Milano allo sfascio la priorità del Comune è intitolare più vie alle donne
Palazzo Marino vuole aumentare strade e monumenti dedicati a personaggi femminili. Giusto, ma in una città dove si fatica a trovare un tetto, c’era altro a cui pensare prima.E finalmente anche Beppe Sala è arrivato a occuparsi della parità di genere nell’intitolare le strade a personaggi (non c’è il femminile di personaggio) che lo meritino. Dici finalmente perché è un problema che affligge da tempo tutte le cancellerie europee e tutti i sindaci delle città di un certo calibro, come Milano. Non c’è dubbio che la giunta di Milano sia infallibile nell’individuare le priorità assolute. Solo in ordine sparso: erba non falciata, no fumo sotto le pensiline all’aperto, chiusura dei parchi per tutto agosto, ticket per ingresso nell’Area C a 7,5 euro, e via dicendo. Forse Parmenide aveva torto quando diceva che il nulla non esiste, il nulla c’è. Per approfondimenti scorrere i verbali scritti delle riunioni di giunta presieduta da Giuseppe (detto Beppe) Sala. Dunque, dicevo della parità di genere. Per carità, è giusto che donne che hanno rappresentato Milano e l’Italia con onore, autorevolezza e competenza in vari campi, che hanno risposto con coraggio alle richieste della comunità civile, soprattutto nei momenti difficili della nostra storia, abbiano un riconoscimento. Su questo non c’è discussione, ma non sono provvedimenti che si annunciano come se, altrimenti, domani il mondo finisse. Sono iniziative giuste che devono essere fatte e che non occorre affogare in quella melassa indistinta - e che ormai comincia anche a male odorare e nella quale stanno comparendo le prime muffe - delle battaglie di genere. Si può dire che sono obiettivi giusti, ma che non sono i primi obiettivi da porsi? Poi, magari, per accelerare il processo di uguaglianza nel campo del genere, finora ampiamente dominato dalle figure maschili - anche nella titolazione delle strade - si potrebbero intitolare, non in senso dispregiativo, ma solo, appunto, per accelerare il processo di parificazione, le latrine pubbliche agli uomini, o anche ad esempio qualche sede dello smaltimento rifiuti (certamente non a Cavour né a Galileo de Galilei) ma qualche figura minore, ma comunque maschile. E intitolare, viceversa, le fontane, i fontanili d’epoca, parchi e parchetti, pioppeti e faggete alle donne, unendo così la dimensione green a quella di genere. Un capolavoro di stupidità, un’idea equivalente a un monumento all’inutilità, ma molto di tendenza o, come direbbe Sala, trendy. Mi domando e dico: ma con gli alloggi universitari più cari d’Italia, nella città di Milano che, per il prestigio oggettivo delle sue università, (con le quali il Comune c’entra tanto quanto il mio articolo con le rivelazioni di Medjugorie), Milano - in questo caso il Comune, nonché la regione nonché la città Metropolitana, nonché l’associazione Combattenti e reduci (che fa sempre la sua porca figura) dovrebbero preoccuparsi di rendere agevole l’iscrizione alle università del capoluogo lombardo sia ai lombardi che a tutti gli altri studenti provenienti da altre Regioni. Mi dite voi chi può permettersi 600 euro per l’affitto mensile di una stanza più altri 400 euro di spese tra libri, iscrizione all’università, mangime e bevande, quindi almeno 1.000 euro al mese? Con gli stipendi medi a 1.500 euro, una famiglia ne dovrebbe spendere due terzi per mantenere al figlio gli studi a Milano. Da notare, se lo avessero dimenticato, o più probabilmente non l’avessero mai saputo, che la Costituzione repubblicana, all’art. 34 recita così: «I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». A Milano c’è dunque una situazione incostituzionale per quanto riguarda l’istruzione. Per chi non capisse bene, sia per motivi di comprendonio che soprattutto di ignoranza, questa mancanza di possibilità di accesso all’università non è una scelta politica di cui discutere, non è una opinione in mezzo ad altre opinioni, è un dovere assoluto, in quanto costituzionale, dei pubblici poteri a qualsiasi livello, di ottemperare e anche velocemente a questo dovere obbligate, od obbligo doveroso. Capite bene che la contemporaneità di questi due problemi, il raggiungimento della parità di genere nella titolazione delle strade e l’adempimento alle norme costituzionali riguardanti i diritti allo studio, non hanno bisogno di grandi elucubrazioni politiche - ideologiche. Tra loro la scala di priorità è talmente evidente che a chi non la capisce dovrebbe essere imposto di andare in quelle latrine di cui parlavamo sopra, soffermarsi per un periodo adeguato, tirare la catena del cesso e con essa scomparire. Fa veramente specie che a Milano si discuta più delle vie che del diritto allo studio. Ma non meravigliatevi care lettrici e cari lettori: ormai è chiaro che a Milano, dei meno abbienti, non gliene fotte una mazza a nessuno. Ormai è una città non più per ricchi, ma per molto ricchi, e questo è grave perché è una deviazione importante dalla sua storia civile e sociale. Ma qui si va troppo nel profondo e quello che abbiamo lasciato nella latrina non ci sta dietro.