2024-11-26
Milano si fa banlieue: rabbia straniera per il magrebino (rapinatore) morto
Milano, danneggiamenti al Corvetto dopo le proteste seguite alla morte di Ramy Elgaml (Ansa)
Disordini dopo il decesso di un giovane: fuggiva dai carabinieri dopo un furto.Ardono i cassonetti con rifiuti e masserizie, vanno in frantumi bottiglie scagliate contro le forze dell’ordine e contro i muri delle case, i fumogeni ammorbano l’aria mentre 30 persone tentano di mettere a ferro e fuoco il quartiere. È il Corvetto, dove Milano diventa tangenziale, ma potrebbe essere Saint-Denis a Parigi o il quartiere Ariane dietro Nizza durante le rivolte delle banlieue 20 anni fa. Siamo in ritardo di quattro lustri sugli attriti che incendiarono le periferie di Francia ed possibile che si tratti solo di una concatenazione di eventi causali. Ma il format andato in scena dopo la morte di Ramy Elgaml è lo stesso di allora. I disordini sono scoppiati domenica notte quando un gruppo di egiziani amici della vittima ha deciso di alzare il livello di scontro con la polizia ed è sceso in piazza per una manifestazione improvvisata, muscolare, alimentata dalla rabbia e scandita da un pretesto di giustizia, con lo striscione «Verità per Ramy», identico per nemesi al notissimo «Verità per Giulio Regeni». Tutto era cominciato la sera prima, quando due ragazzi in scooter avevano forzato un posto di blocco dei carabinieri in via Farini, poi un secondo dalle parti della stazione Garibaldi. Alla guida del Tmax c’era un algerino di 22 anni; seduto dietro Ramy Elgaml, 19 anni, di origine egiziana, entrambi lanciati a tutta velocità verso il quartiere Corvetto dove speravano di far perdere le tracce. Secondo la ricostruzione dei vigili urbani, durante la fuga il guidatore dello scooter ha perso il controllo del mezzo, Ramy è stato sbalzato dal sellino ed è finito contro il muretto di una stazione di benzina nella zona di via Ripamonti. Soccorso con la massima urgenza, è deceduto poco dopo l'arrivo al Policlinico. Il conducente è stato medicato all'ospedale San Carlo ed è stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Secondo i carabinieri, i due (con precedenti penali) stavano scappando perché poco prima avevano messo a segno una rapina: avevano con sé i passamontagna e in tasca 2.000 euro, una collanina d'oro, uno spray al peperoncino e un coltello a serramanico.Dettagli insignificanti per gli amici magrebini, che domenica si sono radunati in un centinaio e hanno organizzato un primo raid di solidarietà per Elgaml sul luogo dell’incidente, attribuendo ai carabinieri la responsabilità di avere urtato volontariamente lo scooter; ipotesi esclusa dalle prime ricostruzioni ufficiali. Durante la manifestazione un Suv guidato da un egiziano di 30 anni - poi arrestato - ha tentato di forzare il blocco, investendo una bambina di 11 anni (fratture al bacino) e altre tre persone in modo più lieve. Questi momenti di tensione sono sfociati nella rivolta del Corvetto quando un gruppo di giovani convocato sui social dagli «influencer del terrore» ha incendiato i cassonetti e le masserizie, ha sparato fumogeni e petardi attirando le volanti della polizia. Una strategia molto francese, spesso adottata nelle banlieue per gettare benzina sul fuoco del disagio sociale. Un episodio analogo negli anni 80 fu alla base dei primi scontri a Vitry sur Seine nella valle della Marna, miccia d’innesco delle rivolte razziali alimentare da gang islamiche. Oggi in Francia la moda preferita è l’assalto ai gendarmi. A turno, polizia, vigili del fuoco, ambulanze ricevono chiamate d’emergenza e, una volta arrivati sul posto, trovano ad attenderli bande organizzate, pronte a scatenare la guerriglia urbana contro di loro. Tutto preordinato e coordinato: gli scontri vengono filmati e postati sui social, dove una giuria stabilisce un premio per il miglior agguato della settimana. Domenica notte a Milano polizia e carabinieri non hanno abboccato, si sono limitati a controllare che tutto finisse nel silenzio e nel freddo. Ma le modalità lasciano intendere che nulla nella notte dei fuochi al Corvetto fosse casuale.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)