2025-05-25
La difesa della riforma Nordio sul sito di Md
La rivista online delle toghe di sinistra ospita un contributo dell’ex vicepresidente del Csm Michele Vietti, che dice «sì alla separazione delle carriere», ricordando le osservazioni di Giovanni Falcone. Il ministro Luca Ciriani: «Basta ostruzionismi, il nostro non è un golpe».Tra le sorprese di questa settimana, una arriva da Magistratura democratica, componente di sinistra dell’Anm, sigla delle «toghe rosse» per eccellenza. Sulla rivista on line di Md, Questione Giustizia, compare infatti un contributo di Michele Vietti, avvocato, già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, sostanzialmente tutto a favore della riforma della Giustizia così severamente contrastata dall’Associazione nazionale magistrati. Un contributo, quello di Vietti, articolato e complesso, ricco di riferimenti, che però contiene passaggi meritevoli di essere riportati, considerato appunto che vengono pubblicati sulla rivista di Md. L’argomento principale è la separazione delle carriere tra giudici e pm, che secondo gli oppositori della riforma sarebbe un disastro per la magistratura. «Assumo come mie le parole di Giovanni Conso (già presidente della Corte costituzionale nonché ministro di Grazia e giustizia nel governo Amato I e del governo Ciampi, scomparso nel 2015, ndr), scrive Vietti, «pronunciate nel 2009 durante un congresso dell’Unione delle Camere penali. In quell’occasione, Conso riconosceva di aver inizialmente guardato con scetticismo alla prospettiva della separazione delle carriere per via del legame con la propria formazione e con le tradizioni dell’ordinamento. Tuttavia, concludeva il proprio intervento affermando di considerare ormai tale riforma “ineluttabile, proprio ineluttabile”. Tali considerazioni sembrano trovare un’eco in una riflessione altrettanto incisiva di Giovanni Falcone, frequentemente richiamata in relazione a questi temi», aggiunge Vietti, «e, anche in questo contesto, meritevole di essere evocata. Falcone sottolineava come un autentico sistema accusatorio richieda che il pubblico ministero assuma pienamente il ruolo di parte processuale. Con estrema chiarezza, aggiungeva che, nel dibattimento, il pubblico ministero non deve intrattenere alcun legame, alcuna “parentela” con il giudice, e non può continuare a configurarsi, come di fatto ancora accade, quale sorta di “paragiudice”».«Il giudice», scrive ancora Vietti, «investito del compito di controllare la legittimità e la fondatezza dell’azione penale, non può appartenere alla medesima organizzazione istituzionale del pubblico ministero, che di quell’azione è il promotore. Non è logicamente ammissibile che il controllore e il controllato coincidano: giudice e pubblico ministero non possono condividere identici meccanismi di reclutamento e avanzamento, né essere sottoposti allo stesso organo di governo disciplinare». L’articolo, come dicevamo, è lungo e articolato, ma queste frasi sono perentorie. Il fatto che siano state pubblicate sulla rivista di Magistratura democratica rende questo intervento di Vietti ancora più significativo. Di riforma della giustizia ha parlato ieri anche il ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani: «Abbiamo discusso animatamente nella conferenza dei capigruppo al Senato qualche giorno fa con le opposizioni», ha detto Ciriani intervistato al festival dell’economia di Trento, «perché vorremmo portare, in seconda lettura al Senato in aula, il disegno di legge sulla separazione delle carriere anche senza il mandato del relatore. Noi vorremmo realizzare il programma di riforma della giustizia, c’è una forte opposizione ostruzionistica da parte del centrosinistra. Ma su questo intendiamo andare avanti in tutti i modi. Ho assistito in prima persona allo sciopero e alla protesta di alcuni magistrati all’inaugurazione dell’anno giudiziario», ha aggiunto Ciriani, «e questi magistrati sventolavano la Costituzione. Ma noi stiamo riformando la magistratura con strumenti della Costituzione, non stiamo facendo un golpe. Stiamo facendo una legge prevista nel programma del centrodestra. Cerchiamo il dialogo con le opposizioni, cerchiamo di rispettare il Parlamento. So che talvolta non è facile. Ci vuole anche buona volontà da parte delle opposizioni», ha sottolineato Ciriani, che ha poi evidenziato «un atteggiamento talvolta troppo ostruzionistico anche sul caso della riforma della Giustizia. Si potrebbe trovare un’intesa sui tempi e sui modi, però vedo che è molto molto difficile, si continua sulla strada degli emendamenti, delle notturne, come è avvenuto peraltro anche sul decreto sicurezza».Continua a fare muro invece il presidente dell’Anm, Cesare Parodi: «Abbiamo incontrato il governo», ha detto ieri Parodi, «abbiamo incontrato il premier Meloni, abbiamo incontrato il ministro e poi tutti i gruppi parlamentari, compresi quelli della maggioranza. In questi incontri sicuramente sono state ulteriormente rappresentate le motivazioni del nostro assoluto dissenso verso questa riforma che, come abbiamo detto più volte, non giova assolutamente all’efficienza della giustizia ma vuole inserire qualche etichetta che non condividiamo sul ruolo e il significato della magistratura nel sistema italiano. Le posizioni sono sempre diametralmente opposte», ha aggiunto Parodi, «nel senso che noi non possiamo modificare le nostre idee nelle quali crediamo fermamente. Il governo ha preso un impegno con i suoi elettori, che quindi vuole quindi portare fino in fondo senza nemmeno aprirsi non dico all’Anm, ma neanche al dibattito parlamentare, perché abbiamo visto quelli che sono stati i tagli sui tempi molto drastici. E quindi evidentemente questo è il sintomo che non c’è una volontà di approfondimento, ma di portare fino in fondo un progetto che è stato ideato tempo fa e che deve essere adesso realizzato credo in tempi più brevi possibili».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)