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2020-02-26
Mezzo mondo sta dando la caccia agli italiani
Ansa
Il medico italiano di 69 anni in vacanza a Tenerife, risultato positivo al test del coronavirus e trasportato per 90 chilometri da un centro all'altro dell'isola spagnola, su un'ambulanza non attrezzata per le emergenze. I connazionali del Nord Italia, rispediti indietro come potenziali untori dagli africani delle Mauritius. Pure l'altro paradiso delle vacanze, le Seychelles, che chiude le frontiere agli italiani. Improvvisamente siamo diventati il pericolo numero uno, gli appestati da tenere ben distanti. Noi, che accoglievamo tutti e che se pensavamo a qualche saggia quarantena venivamo tacciati di essere fascioleghisti, praticamente non possiamo più uscire dal Paese. Costretti in casa, nei Comuni delle zone infette, o a non lasciare la Regione di appartenenza per non finire isolati per giorni al Centro o al Sud. Quasi impossibile considerare un viaggio all'estero per studio, lavoro, figuriamoci se per divertimento.
La Quaresima è iniziata con largo anticipo, abbiamo dovuto mandare giù il blocco del bus a Lione proveniente dall'Italia settentrionale perché secondo una passeggera l'autista tossiva in modo sospetto. L'hanno ricoverato con urgenza, assieme a un altro italiano con sintomi influenzali. La polizia francese aveva addirittura stabilito un perimetro di sicurezza intorno al pullman, raccolto informazioni su tutti i passeggeri. Per fortuna il tampone è risultato negativo, ma quando ci muoviamo questo è ormai il panico che provochiamo. I sindaci di Meyzieu e Décines, le due circoscrizioni che comprendono il Groupama Stadium dove oggi si svolgerà la sfida di Champions League, hanno chiesto alle autorità di impedire l'arrivo a Lione dei 3.000 tifosi della Juventus. Giordania e Iraq hanno vietato l'ingresso agli italiani, il Kuwait non vola più da e per l'Italia, Arabia Saudita, Israele, Serbia, Croazia sconsigliano di viaggiare nel nostro Paese, infinitamente più bello del loro ma, ahimè, considerato ora un lazzaretto da cui stare alla larga. Siamo diventati pericolosi come i cinesi che ci hanno portato il virus. Scoraggiano viaggi nel Nord Italia, l'Olanda, l'Irlanda, perfino l'Australia.
La Spagna, che si trova a fronteggiare i primi casi positivi di coronavirus (un'italiana giunta a Barcellona che avrebbe contratto il virus nel Nord Italia e una coppia di italiani in vacanza a Tenerife), ha ripetuto per bocca del ministro della Salute, Salvador Illa, «che sono importati» dal nostro Paese. Lunedì pomeriggio il medico piacentino, alle Canarie da una decina di giorni, si era presentato all'ospedale privato Quirón del Sur di Tenerife, distante un paio di chilometri dall'hotel in cui alloggiava, accusando una febbre persistente. Risultato positivo al test del coronavirus, è in isolamento nell'ospedale universitario Nuestra Señora de Candelaria, una struttura che si trova a una novantina di chilometri dal luogo di soggiorno del medico. «L'hanno trasportato con un'ambulanza non attrezzata per una persona altamente infetta. Qui non ne abbiamo», commenta un sanitario che vuole restare anonimo. Un secondo campione prelevato al turista di 69 anni è stato analizzato ieri dal Centro nazionale di microbiologia dell'Istituto di Sanità Carlos III, a Madrid. Anche la moglie del medico è da martedì pomeriggio nell'ospedale universitario, dopo essere risultata positiva al Covid-19.
Più di 1.000 clienti dell'hotel H10 Costa Adeje Palace, dove la coppia di italiani stava trascorrendo una breve vacanza, sono stati messi in quarantena. Nessuno può entrare e uscire dalla struttura, un 4 stelle con 467 camere affacciato sulla spiaggia La Enramada, a Sud di Tenerife. Fa parte della catena alberghiera fondata agli inizi degli anni Ottanta, una delle prime dieci della Spagna. Ieri su Twitter circolava il video di Chris Betts, un cliente inglese dell'hotel, che raccontava di come fossero stati messi tutti in quarantena «perché un medico italiano è risultato positivo al coronavirus». Spiegava: «Non possiamo muoverci, abbiamo poliziotti davanti a ogni porta, stiamo bene ma il personale utilizza mascherine, noi non ne abbiamo». Per giorni la stampa spagnola aveva sottolineato che gli unici due contagiati dal coronavirus, un tedesco che soggiornava nella piccola isola di La Gomera nelle Canarie - e un inglese che vive a Maiorca, nelle Baleari, erano stati infettati all'estero. Il primo in Germania, l'altro in Francia. E che dopo essere risultati positivi al primo test, vennero dimessi perché le analisi erano negative. Ieri invece una prima donna spagnola, di Barcellona, è risultata contagiata. La coppia di italiani in isolamento getta nel panico le Canarie, paradiso dei turisti, più di 13 milioni quelli stranieri nel 2019, 455.383 dei quali provenienti dal nostro Paese. L'arcipelago è la terza destinazione preferita, dopo la Catalogna e le isole Baleari. Lunedì sera il presidente delle Isole Canarie, Ángel Víctor Torres, aveva comunicato su Twitter che era scattato il protocollo di sicurezza dopo aver trovato positivo al test un italiano al Sud di Tenerife. Nelle ore successive, a parte un richiamo alla tranquillità e un ripetere che «tutto era sotto controllo», a parte chiudere le strade d'accesso all'hotel nella zona marittima, nulla è stato fatto per rassicurare la popolazione e i turisti sull'isola. «Si tratta di un virus contagioso ma con mortalità molto bassa», spiegava ieri il direttore del collegio dei biologi delle Canarie, Matías Fonte-Padilla, invitando a non adottare misure estreme perché «il blocco delle attività pubbliche o la limitazione dei movimenti possono recare danno alla cittadinanza e a settori economici di vitale importanza per la società canaria». Fino al primo marzo qui il carnevale è un altro business, nemmeno la tempesta di sabbia proveniente dal Sahara e che per giorni ha costretto alla chiusura lo scalo di Tenerife Sud, ha tenuto lontane dalle piazze migliaia di turisti in maschera. Adesso, quelli che hanno soggiornato all'hotel H10 stanno tempestando di chiamate il numero verde attivato dal ministero spagnolo della Salute.
Se si fermano Veneto e Lombardia la recessione tecnica è una certezza
L'effetto del coronavirus continua a farsi sentire sui mercati, anche se a Piazza Affari l'ondata di vendite ha già tirato il freno. L'azionario milanese ha chiuso in calo la seduta, con una prestazione leggermente migliore delle altre Borse in Europa, dove Parigi ha perso l'1,94%, Francoforte l'1,88% e Londra l'1,94%. Le piazze europee hanno accelerato al ribasso a un'ora dalla chiusura in scia al peggioramento di Wall Street. Il Ftse Mib ha segnato un ribasso dell'1,44% a 23090 punti, un valore comunque migliore rispetto a quelli di chiusura di lunedì 24, quando l'asticella si era fermata a -5,4%. L'effetto dell'epidemia sul Pil italiano del primo trimestre «sarà probabilmente elevato», affermano da Citigroup.
Anche sul fronte obbligazionario la situazione non è confortante. I rendimenti dei titoli di Stato dell'eurozona si sono mostrati nuovamente in calo per via dei timori legati alla diffusione globale del Covid-19. Il Btp italiano ieri è rimasto sotto pressione, con il rendimento del decennale in rialzo di tre punti base allo 0,98% e lo spread attorno a 149,209 punti base.
I disagi innescati dal virus riguardano soprattutto gli eventi pubblici. Ieri i vertici del Salone del Mobile si sono riuniti e hanno comunicato la decisione di rinviare la manifestazione - che doveva tenersi a Milano dal 21 al 26 aprile - al mese di giugno. In caso di cancellazione dell'evento, il danno stimato sarebbe stato intorno ai 120 milioni di euro. Ora bisogna capire se l'ordinanza del Comune sarà ancora in vigore e se espositori e visitatori saranno comunque disposti a partecipare, eventualità che al momento pare improbabile.
È di ieri anche la notizia per cui Assogestioni starebbe valutando di far slittare a fine giugno il Salone del Risparmio, importante manifestazione del mondo finanziario. «In seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19 e in linea con le recenti disposizioni emanate dalla Regione Lombardia», si legge in una nota, «il comitato di presidenza di Assogestioni sta infatti valutando la possibilità di posticipare le date dell'undicesima edizione del convegno a mercoledì 24, giovedì 25 e venerdì 26 giugno. L'eventuale conferma dello spostamento sarà comunicata venerdì 28 febbraio».
Questi due grandi eventi si uniscono a quelli già saltati come il Mido, la maggiore fiera mondiale dell'occhialeria, prevista a Milano dal 29 febbraio al 2 marzo e il concerto in Duomo (doveva essere il 28 febbraio) pensato per celebrare i 50 anni della manifestazione: il maestro Ennio Morricone per l'occasione aveva composto un brano inedito, ma tutto è stato rimandato a maggio.
Giù le serrande anche per molte sfilate della settimana della moda, che si sono tenute a porte chiuse o che sono state annullate.
Nonostante sia presto per valutare i danni causati dalla diffusione del virus, le province lombarde più colpite (Pavia, Lodi, Cremona e Milano) rappresentano da sole il 12% del prodotto interno lordo italiano e il 2% dell'area euro. Se poi aggiungiamo anche l'apporto del Veneto, l'altra delle due regioni più colpite - stando agli analisti di Equita Sim - nella loro interezza queste realtà valgono circa il 30% del Pil nazionale. Sono bastati pochi giorni dallo scoppio dell'epidemia all'interno dei confini, insomma, per dare l'Italia subito in recessione tecnica. Se, dopo il -0,3% segnato nell'ultimo trimestre del 2019, il Pil dovesse subire una nuova contrazione nel primo trimestre 2020, il nostro Paese entrerebbe tecnicamente in recessione, marchiando due trimestri consecutivi con il segno meno.
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Riduci
Ci sono due nostri connazionali infetti alle Canarie: la polizia isola hotel con mille ospiti. Il Kuwait taglia i collegamenti aerei con Roma, Iraq e Giordania ci mettono al bando. A Lione il sindaco non lascia entrare in città i pullman con i tifosi della Juve.Rinviato il Salone del mobile, a rischio altre fiere di primo livello: balla il 30% del Pil.Lo speciale contiene due articoli. Il medico italiano di 69 anni in vacanza a Tenerife, risultato positivo al test del coronavirus e trasportato per 90 chilometri da un centro all'altro dell'isola spagnola, su un'ambulanza non attrezzata per le emergenze. I connazionali del Nord Italia, rispediti indietro come potenziali untori dagli africani delle Mauritius. Pure l'altro paradiso delle vacanze, le Seychelles, che chiude le frontiere agli italiani. Improvvisamente siamo diventati il pericolo numero uno, gli appestati da tenere ben distanti. Noi, che accoglievamo tutti e che se pensavamo a qualche saggia quarantena venivamo tacciati di essere fascioleghisti, praticamente non possiamo più uscire dal Paese. Costretti in casa, nei Comuni delle zone infette, o a non lasciare la Regione di appartenenza per non finire isolati per giorni al Centro o al Sud. Quasi impossibile considerare un viaggio all'estero per studio, lavoro, figuriamoci se per divertimento. La Quaresima è iniziata con largo anticipo, abbiamo dovuto mandare giù il blocco del bus a Lione proveniente dall'Italia settentrionale perché secondo una passeggera l'autista tossiva in modo sospetto. L'hanno ricoverato con urgenza, assieme a un altro italiano con sintomi influenzali. La polizia francese aveva addirittura stabilito un perimetro di sicurezza intorno al pullman, raccolto informazioni su tutti i passeggeri. Per fortuna il tampone è risultato negativo, ma quando ci muoviamo questo è ormai il panico che provochiamo. I sindaci di Meyzieu e Décines, le due circoscrizioni che comprendono il Groupama Stadium dove oggi si svolgerà la sfida di Champions League, hanno chiesto alle autorità di impedire l'arrivo a Lione dei 3.000 tifosi della Juventus. Giordania e Iraq hanno vietato l'ingresso agli italiani, il Kuwait non vola più da e per l'Italia, Arabia Saudita, Israele, Serbia, Croazia sconsigliano di viaggiare nel nostro Paese, infinitamente più bello del loro ma, ahimè, considerato ora un lazzaretto da cui stare alla larga. Siamo diventati pericolosi come i cinesi che ci hanno portato il virus. Scoraggiano viaggi nel Nord Italia, l'Olanda, l'Irlanda, perfino l'Australia. La Spagna, che si trova a fronteggiare i primi casi positivi di coronavirus (un'italiana giunta a Barcellona che avrebbe contratto il virus nel Nord Italia e una coppia di italiani in vacanza a Tenerife), ha ripetuto per bocca del ministro della Salute, Salvador Illa, «che sono importati» dal nostro Paese. Lunedì pomeriggio il medico piacentino, alle Canarie da una decina di giorni, si era presentato all'ospedale privato Quirón del Sur di Tenerife, distante un paio di chilometri dall'hotel in cui alloggiava, accusando una febbre persistente. Risultato positivo al test del coronavirus, è in isolamento nell'ospedale universitario Nuestra Señora de Candelaria, una struttura che si trova a una novantina di chilometri dal luogo di soggiorno del medico. «L'hanno trasportato con un'ambulanza non attrezzata per una persona altamente infetta. Qui non ne abbiamo», commenta un sanitario che vuole restare anonimo. Un secondo campione prelevato al turista di 69 anni è stato analizzato ieri dal Centro nazionale di microbiologia dell'Istituto di Sanità Carlos III, a Madrid. Anche la moglie del medico è da martedì pomeriggio nell'ospedale universitario, dopo essere risultata positiva al Covid-19. Più di 1.000 clienti dell'hotel H10 Costa Adeje Palace, dove la coppia di italiani stava trascorrendo una breve vacanza, sono stati messi in quarantena. Nessuno può entrare e uscire dalla struttura, un 4 stelle con 467 camere affacciato sulla spiaggia La Enramada, a Sud di Tenerife. Fa parte della catena alberghiera fondata agli inizi degli anni Ottanta, una delle prime dieci della Spagna. Ieri su Twitter circolava il video di Chris Betts, un cliente inglese dell'hotel, che raccontava di come fossero stati messi tutti in quarantena «perché un medico italiano è risultato positivo al coronavirus». Spiegava: «Non possiamo muoverci, abbiamo poliziotti davanti a ogni porta, stiamo bene ma il personale utilizza mascherine, noi non ne abbiamo». Per giorni la stampa spagnola aveva sottolineato che gli unici due contagiati dal coronavirus, un tedesco che soggiornava nella piccola isola di La Gomera nelle Canarie - e un inglese che vive a Maiorca, nelle Baleari, erano stati infettati all'estero. Il primo in Germania, l'altro in Francia. E che dopo essere risultati positivi al primo test, vennero dimessi perché le analisi erano negative. Ieri invece una prima donna spagnola, di Barcellona, è risultata contagiata. La coppia di italiani in isolamento getta nel panico le Canarie, paradiso dei turisti, più di 13 milioni quelli stranieri nel 2019, 455.383 dei quali provenienti dal nostro Paese. L'arcipelago è la terza destinazione preferita, dopo la Catalogna e le isole Baleari. Lunedì sera il presidente delle Isole Canarie, Ángel Víctor Torres, aveva comunicato su Twitter che era scattato il protocollo di sicurezza dopo aver trovato positivo al test un italiano al Sud di Tenerife. Nelle ore successive, a parte un richiamo alla tranquillità e un ripetere che «tutto era sotto controllo», a parte chiudere le strade d'accesso all'hotel nella zona marittima, nulla è stato fatto per rassicurare la popolazione e i turisti sull'isola. «Si tratta di un virus contagioso ma con mortalità molto bassa», spiegava ieri il direttore del collegio dei biologi delle Canarie, Matías Fonte-Padilla, invitando a non adottare misure estreme perché «il blocco delle attività pubbliche o la limitazione dei movimenti possono recare danno alla cittadinanza e a settori economici di vitale importanza per la società canaria». Fino al primo marzo qui il carnevale è un altro business, nemmeno la tempesta di sabbia proveniente dal Sahara e che per giorni ha costretto alla chiusura lo scalo di Tenerife Sud, ha tenuto lontane dalle piazze migliaia di turisti in maschera. Adesso, quelli che hanno soggiornato all'hotel H10 stanno tempestando di chiamate il numero verde attivato dal ministero spagnolo della Salute.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mezzo-mondo-sta-dando-la-caccia-agli-italiani-2645263245.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="se-si-fermano-veneto-e-lombardia-la-recessione-tecnica-e-una-certezza" data-post-id="2645263245" data-published-at="1765488363" data-use-pagination="False"> Se si fermano Veneto e Lombardia la recessione tecnica è una certezza L'effetto del coronavirus continua a farsi sentire sui mercati, anche se a Piazza Affari l'ondata di vendite ha già tirato il freno. L'azionario milanese ha chiuso in calo la seduta, con una prestazione leggermente migliore delle altre Borse in Europa, dove Parigi ha perso l'1,94%, Francoforte l'1,88% e Londra l'1,94%. Le piazze europee hanno accelerato al ribasso a un'ora dalla chiusura in scia al peggioramento di Wall Street. Il Ftse Mib ha segnato un ribasso dell'1,44% a 23090 punti, un valore comunque migliore rispetto a quelli di chiusura di lunedì 24, quando l'asticella si era fermata a -5,4%. L'effetto dell'epidemia sul Pil italiano del primo trimestre «sarà probabilmente elevato», affermano da Citigroup. Anche sul fronte obbligazionario la situazione non è confortante. I rendimenti dei titoli di Stato dell'eurozona si sono mostrati nuovamente in calo per via dei timori legati alla diffusione globale del Covid-19. Il Btp italiano ieri è rimasto sotto pressione, con il rendimento del decennale in rialzo di tre punti base allo 0,98% e lo spread attorno a 149,209 punti base. I disagi innescati dal virus riguardano soprattutto gli eventi pubblici. Ieri i vertici del Salone del Mobile si sono riuniti e hanno comunicato la decisione di rinviare la manifestazione - che doveva tenersi a Milano dal 21 al 26 aprile - al mese di giugno. In caso di cancellazione dell'evento, il danno stimato sarebbe stato intorno ai 120 milioni di euro. Ora bisogna capire se l'ordinanza del Comune sarà ancora in vigore e se espositori e visitatori saranno comunque disposti a partecipare, eventualità che al momento pare improbabile. È di ieri anche la notizia per cui Assogestioni starebbe valutando di far slittare a fine giugno il Salone del Risparmio, importante manifestazione del mondo finanziario. «In seguito all'emergenza epidemiologica da Covid-19 e in linea con le recenti disposizioni emanate dalla Regione Lombardia», si legge in una nota, «il comitato di presidenza di Assogestioni sta infatti valutando la possibilità di posticipare le date dell'undicesima edizione del convegno a mercoledì 24, giovedì 25 e venerdì 26 giugno. L'eventuale conferma dello spostamento sarà comunicata venerdì 28 febbraio». Questi due grandi eventi si uniscono a quelli già saltati come il Mido, la maggiore fiera mondiale dell'occhialeria, prevista a Milano dal 29 febbraio al 2 marzo e il concerto in Duomo (doveva essere il 28 febbraio) pensato per celebrare i 50 anni della manifestazione: il maestro Ennio Morricone per l'occasione aveva composto un brano inedito, ma tutto è stato rimandato a maggio. Giù le serrande anche per molte sfilate della settimana della moda, che si sono tenute a porte chiuse o che sono state annullate. Nonostante sia presto per valutare i danni causati dalla diffusione del virus, le province lombarde più colpite (Pavia, Lodi, Cremona e Milano) rappresentano da sole il 12% del prodotto interno lordo italiano e il 2% dell'area euro. Se poi aggiungiamo anche l'apporto del Veneto, l'altra delle due regioni più colpite - stando agli analisti di Equita Sim - nella loro interezza queste realtà valgono circa il 30% del Pil nazionale. Sono bastati pochi giorni dallo scoppio dell'epidemia all'interno dei confini, insomma, per dare l'Italia subito in recessione tecnica. Se, dopo il -0,3% segnato nell'ultimo trimestre del 2019, il Pil dovesse subire una nuova contrazione nel primo trimestre 2020, il nostro Paese entrerebbe tecnicamente in recessione, marchiando due trimestri consecutivi con il segno meno.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Riduci
Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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