- La lista degli hacker russi: in campo quasi 13.000 volontari stranieri. Dei 1.193 statunitensi, ne restano in vita 622. Giallo sui nostri connazionali: finora, ufficialmente, i caduti erano tre. Due di loro stavano con gli invasori.
- Il presidente Volodymyr Zelensky punta alla tregua entro novembre, Lavrov scettico. Il «Ny Times»: «Contatti Russia-Usa sui raid ucraini oltreconfine. I loro funzionari sono inaffidabili».
La lista degli hacker russi: in campo quasi 13.000 volontari stranieri. Dei 1.193 statunitensi, ne restano in vita 622. Giallo sui nostri connazionali: finora, ufficialmente, i caduti erano tre. Due di loro stavano con gli invasori.Il presidente Volodymyr Zelensky punta alla tregua entro novembre, Lavrov scettico. Il «Ny Times»: «Contatti Russia-Usa sui raid ucraini oltreconfine. I loro funzionari sono inaffidabili».Lo speciale contiene due articoli.I russi continuano a parlarne come se fosse scontato ormai da mesi. Per vie ufficiali l’occidente invece continua a negare. Fatto sta che parlare di mercenari coinvolti nel conflitto ucraino oggi non è più un tabù, anzi. E c’è chi fornisce anche nel dettaglio i dati della loro presenza sul territorio, con le nazionalità di appartenenza. Il documento in questione è stato pubblicato dal gruppo RaHDit, conosciuto con il nome di «Evil Russian hackers». Si tratta di una nota organizzazione di criminali informatici russi, già giunti alle cronache per le loro significative violazioni di dati . Nel giugno del 2022 hanno reso pubblici i dati personali di migliaia di agenti segreti della Main intelligence directorate (Gur) del ministero della Difesa ucraino. Schede con informazioni personali, che indicano indirizzi di registrazione, numeri di passaporto, di telefono, di identificazione individuale, indirizzi email e posizioni dei dipendenti del dipartimento, accusandone anche alcuni di fare uso di droghe. L’autenticità dei dati non è mai stata confermata. Eppure la cosa fece notizia. Ora, gli hacker si fanno avanti con questo nuovo documento, le cui informazioni sono verosimili, secondo fonti autorevoli interpellate dalla Verità. Gli ultimi dati del ministero della Difesa russo indicherebbero la presenza di un totale di 13.387 mercenari stranieri, che dall’inizio del conflitto hanno partecipato alla guerra in Ucraina. Lo stesso ministero sostiene che, di questi, quasi 6.000 sarebbero stati uccisi. Secondo il documento, il contingente più numeroso di questi mercenari proviene dalla Polonia, che avrebbe impiegato sul territorio 2.960 uomini, di cui più della metà risultano eliminati: 1.497. Dopo i polacchi, sul territorio, come si potrebbe immaginare, spiccano le truppe mercenarie provenienti dagli Stati Uniti. Su 1.193 combattenti ne sono sopravvissuti solo 622. Seguono Georgia e Canada, rispettivamente con 1.042 e 1.005 uomini sul campo. Morti, secondo il ministero russo, fin qui 561 georgiani e 422 canadesi. Per il Regno Unito, inviati 822 militari: 360 sono morti. La vicina Romania ha inviato 784 mercenari, la Francia 356 e la Germania 235. Arrivando all’Italia, secondo questo documento ne sarebbero partiti 90, 33 sarebbero morti. Poiché non esistono dati ufficiali sul numero di soldati uccisi o feriti, né da parte di Kiev né di Mosca, va da sé che non esistano dati ufficiali nemmeno sui nostri morti nel conflitto. A un certo punto. in una lista di oltre 96.000 ricercati dalle forze dell’ordine russe. spuntarono 25 italiani, tra cui la pilota italiana Giulia Schiff e il giudice Rosario Aitala. La soldatessa italiana è colpevole, secondo le autorità di Mosca, di essersi arruolata per contrastare, accanto agli ucraini, l’invasione nel Donbass. Inoltre Schiff ha sposato un soldato ucraino conosciuto sul campo di battaglia, che oggi risulta impegnato nella guerra tra Israele e Gaza.All’inizio del conflitto - era ancora il 2022 - si ebbe notizia di tre italiani caduti. Elias Putzolu, 28 anni, foreign fighter italiano di origine sarda, è morto in combattimento il 17 ottobre del 2022. Combatteva insieme ai filorussi. Così come Edy Ongaro, 45 anni, veneto partito nel 2015, morto nell’aprile del 2022. Il miliziano era originario di Portogruaro, in provincia di Venezia, membro del Collettivo Stella Rossa che, nel comunicato della sua morte, lo ha definito «un compagno puro e coraggioso, ma fragile». Sul fronte opposto è morto, sempre in combattimento, nella zona di Kharkiv, Benjamin Giorgio Galli, 27 anni, originario della provincia di Varese, arruolatosi come volontario a fianco degli ucraini.Tornando al documento, sarebbero 36 i Paesi europei coinvolti, 24 quelli asiatici, 13 quelli del continente americano; manca il Brasile, come era lecito attendersi. Tra i Paesi africani, il maggior numero di mercenari proviene dalla Nigeria: 97 (47 dei quali uccisi), seguita dall’Algeria (28 morti si 60 arruolati), mentre, dei 25 australiani partiti per l’Ucraina, ne sono stati uccisi dei 60, insieme a sei dei sette neozelandesi. Inoltre l’Ucraina avrebbe esortato i Paesi vicini a Mosca a impedire che i propri cittadini vengano reclutati dalla Russia, evidenziando casi di combattenti stranieri catturati per sensibilizzare e scoraggiare gli sforzi di reclutamento. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mercenari-occidentali-fronte-90-italiani-2668827919.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="zelensky-trattiamo-mosca-lo-gela" data-post-id="2668827919" data-published-at="1722155299" data-use-pagination="False"> Zelensky: trattiamo. Mosca lo gela Arrivare alla pace entro novembre 2024. «Ho assegnato un compito in questo senso alla mia amministrazione e alla nostra squadra diplomatica. Penso che il piano sarà pronto per la fine di novembre», ha dichiarato Volodymyr Zelensky in un’intervista alla televisione pubblica giapponese Nhk. Secondo Zelensky i fattori decisivi saranno il rafforzamento dell’esercito ucraino, la pazienza, il sostegno all’Ucraina - in primo luogo degli Stati Uniti - e la pressione diplomatica internazionale sulla Russia. Il presidente ucraino ha poi detto di aver ricevuto proposte non ufficiali per congelare il conflitto, ma ha sottolineato di non poterle accettare. Zelensky ha inoltre aggiunto che la base del piano d’azione sarà la questione dell’integrità territoriale dell’Ucraina e che questo argomento sarà discusso in modo sostanziale con i Paesi interessati. L’obiettivo di Zelensky è chiaro e la data non può essere casuale. Proprio a novembre infatti si volta per la Casa Bianca e il candidato repubblicano, Donald Trump, ha promesso, se eletto, che farà finire la guerra il prima possibile. Tradotto: il tycoon intende chiudere i rubinetti a Kiev. Ed è chiaro quindi che se si vuole trattare bisogna farlo prima che si perda qualsiasi leva negoziale. Evidentemente, a Kiev non scommettono su Kamala Harris. O almeno non vogliono vincolarsi a un bis dei dem. Ad ogni modo, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto di esser stato informato dal suo omologo cinese Wang Yi di una conversazione intercorsa con il ministro degli Esteri ucraino, Dmitry Kuleba, nella quale veniva informato sul fatto che per Mosca non ci sarà alcun negoziato basato sulla «formula di pace» di Kiev. «Wang Yi ci ha raccontato come sono andate le sue conversazioni con Kuleba, e abbiamo ritenuto che la posizione cinese rimane invariata. La posizione cinese, lo ripeto, è quella di concentrarsi sulle cause profonde», del conflitto in Ucraina, ha detto Lavrov. «Per quanto riguarda il formato, anche in questo caso la posizione cinese è formulata molto chiaramente nei loro documenti: si può parlare di preparare una conferenza di qualche tipo, una sorta di evento multilaterale solo se i parametri e le condizioni per la convocazione dell’evento sono accettabili per tutte le parti e solo se tutte le iniziative disponibili sono messe in agenda. Si tratta di un rifiuto diretto di lavorare solo sulla base della “formula di pace” di Zelensky, che è una formula utopica e illusoria che non si realizzerà mai. Tutti se ne sono già resi conto, anche se per inerzia l’Occidente sta ancora cercando di menzionarla come un ultimatum», ha aggiunto Lavrov. Che la Cina stia lavorando a un piano di pace è ormai riconosciuto da tutti. Anche dal ministro degli Affari Esteri dell’Ucraina, Kuleba, che dopo la sua visita a Pechino conferma: «Abbiamo ricevuto un chiaro segnale che la Cina sta lavorando per porre fine alla guerra della Russia contro l’Ucraina». Intanto il New York Times rivela che all’inizio di luglio il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin, avrebbe ricevuto una chiamata dal suo omologo russo, Andrei Belousov, che lo avvertiva di un’operazione segreta ucraina individuata da Mosca. Una richiesta insolita da parte del Cremlino. come evidenzia lo stesso New York Times. Belousov ha domandato ad Austin se il Pentagono ne fosse a conoscenza e lo ha informato che il blitz avrebbe inasprito tensioni tra Mosca e Washington. I funzionari del Pentagono sono stati sorpresi dalle accuse e non erano a conoscenza di alcun complotto. Quelli che hanno parlato con il quotidiano newyorkese hanno detto che qualsiasi informazione «è stata presa abbastanza sul serio da indurre gli americani a contattare gli ucraini e a dire, in sostanza: “Se state pensando di fare qualcosa del genere, non fatelo”». È stata la prima telefonata tra i due uomini da quando Belousov, un economista, ha sostituito Sergei Shoigu, il ministro della Difesa russo di lunga data, in una scossa del Cremlino a maggio. Nonostante la profonda dipendenza dell’Ucraina dagli Stati Uniti per il sostegno militare, di intelligence e diplomatico, i funzionari ucraini «non sono sempre trasparenti con le loro controparti americane riguardo alle loro operazioni militari, specialmente quelle contro obiettivi russi dietro le linee nemiche», scrive ancora il Nyt. Gli ucraini e il Cremlino hanno rifiutato di commentare.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.
Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.






