2020-05-27
Mentalità servile
True
Ottanta trilioni di dollari è la quota di denaro irreale in circolazione nel mondo, dove il denaro pulito e quello sporco dell'economia finanziarizzata sono confusi in una massa inestricabile, le salsicce di titoli atipici e altro.Ivan Rizzi è Presidente e docente dell'Istituto di Alti Studi Strategici e Politici (IASSP)È il mercato bellezza! Che disegna la differenza tra chi ha e chi non ha, tra la ricchezza che via via si concentra in pochi eletti - quasi in un minuscolo puntino in mezzo a cerchi concentrici di proseliti - e la miseria di molti reietti, sudditi assistiti che non hanno che la facoltà di scegliersi il padrone.È la mentalità servile parassitaria che oggi ci domestica di fronte all'insostenibilità del welfare che come si sa si regge sulla vita attiva cioè produttiva, è l'infelice mentalità del "voto di scambio", oggi però basta anche una promessa che è sempre meglio di niente. Ritorna il detto del tardo Cinquecento, con la Francia o con la Spagna purché se magna. Peccato che così il servo rinunci alla gioia di credere di essere autore di sé e del mondo. Lo sapeva anche la classicità. Non c'è felicità senza libertà, non c'è libertà senza coraggio. Lo si può dire anche con Sant'Agostino: è felice l'individuo che ama la propria volontà buona. Il post Covid-19 forse non vedrà le migrazioni di disperati in cerca di scampoli di lavoro come nelle pagine di Steinbeck e forse nemmeno la cieca ira dei miti ma qualcosa dovrà accadere.Si sa da tempo che persino le civiltà possono morire e che quando va bene si fanno due passi avanti e uno indietro, il fatto è che forse ne stiamo facendo più d'uno dalla parte sbagliata. Del resto chi sa solo sperare non avrà la forza per dire la sua nella dialettica del concreto cioè degli interessi. Solo chi spera si può di- sperare. Di quei 80 trilioni di dollari che è fumo per gonzi, i più, e invece è ricchezza sonante per chi sa muoversi in quell'opacità, una parte consistente si trova nella pancia dei paesi virtuosi o frugali, il blocco centrocontinentale europeo, istituti che vorrebbero attualizzare le antiche razzie magari verso il risparmio italico. Del resto è quella la via breve per la riproduzione della ricchezza, così se l'Europa ha perduto il primato nel mondo ai più intraprendenti non resta che riversare al proprio interno le brame dell'umana avidità.È qui che si sta disegnando la nuova linea gotica tra paesi vincenti e perdenti, inutile dire dove siamo collocati, siamo persino appellati con impudenza derisoria, piigs-maiali, ma si sa che persone semiserie accettano tutto, basta ottenere una potestà di cortile e persino un vicerè sarà felice.Però non crediate che la vicenda della scarcerazione dei vertici delle cupole mafiose appena consumata (e non di presunti colpevoli, quelli sì rimasti in carcere, ma di condannati definitivi) sia una storia al limite del ridicolo tanto è stupefacente.Il fatto è legittimato dalla pietas nell'incalzare di un contagio a caccia di immunodepressi e di vecchietti iperpatologizzati che com'è noto affliggono endemicamente le caste dei clan.Tutto il sistema levantino di guardie e ladri, di stato e antistato, dove vige l'antropologia negativa la sfiducia nell'altro è in pieno risveglio, si fa per dire.Il giustizialismo mediatico, sempre epico ed etico puntualmente impegnato per ben altro, non ha notato nulla e quindi semplicemente non ha avuto niente da ridire.Così il Consiglio Superiore della Magistratura, oggi sottosopra e in crisi di identità per lo scandalo Palamara-Auriemma dove un semplice Trojan ha sollevato il velo su un sistema di potere indaffaratissimo sul fronte politico interno per "cancellare" non tanto l'ingiustizia in Italia quanto gli avversari politici. Un tempo non si sarebbe parlato di istituzioni deviate?Ci vuol poco a convenire con De Rita: «L'Italia è meglio della magistratura che si precipita nelle Rsa nel pieno della tragedia Covid-19».Un governo che di fronte all'insipienza della catena di comando del Ministro di Giustizia che apre le porte dell'Ucciardone ha dato prova di grande abilità coreografica da dramatis personae, pur di restare in scena.Mentre la borghesia settentrionale che non ha mai voluto dare nessun figlio alla patria ora patisce l'alterità della meridionalizzazione delle istituzioni e si scopre in trappola.Altro che dramma semiserio, ci vuole competenza perché nulla accada davanti all'intollerabile. Nessun paese al mondo può competere con funiculì funiculà al potere.Tuttavia c'è chi messo alle strette dalla nuova crisi mentre fa i conti sulle necessità e sulle convenienze resta allibito di fronte alla pur biasimevole efficienza delle mafie, alla loro tempestività operativa e alle public relation, e qui non insisto sull'infamia, si è già detto. Si resta perplessi anche dinnanzi al linguaggio rispettoso dei media nei confronti dell'élite delle cosche, si descrivono genealogie quasi nobiliari, famiglie storiche e rami cadetti, comandamenti come signorie. Ci si mette anche la letteratura, con ottime intenzioni però, dopotutto Camilleri fa gestire dal Commissario nazionale con osservanza diplomatica i rapporti col vero potere locale. Sembra di risentire in una perversione da sindrome di Stoccolma il sussurro delle stasi: tutto cambi perché nulla cambi.È già agli atti giudiziari questa conversazione tra un commissario della Polizia di Stato e un altro esponente della finanza internazionale della quale riporto alcuni passaggi sfuggiti, credo intenzionalmente, dal secretamento.«Siamo i rappresentanti del denaro sporco, signor commissario. Vogliamo capire se riusciamo a sviluppare la nostra imprenditorialità collaterale, sotterranea, oscura se preferisce, finanziando un paese e portandolo allo sviluppo senza utilizzare neppure un centesimo di denaro pulito». […]Sia il denaro pulito che quello sporco sono egualmente opachi e a nessuno interessa sapere da dove provengono. […]«Si sente sempre parlare di riciclaggio del denaro sporco. Nessuno però dice che il riciclaggio è al tempo stesso un investimento, signor commissario. Il modo più sicuro per trasformare il cosiddetto denaro illegale in denaro lecito è investirlo. A quel punto, non ci sarà più nessuno a parlare di riciclaggio, ma tutti parleranno di investimenti. È questa l'essenza dell'esperimento che stiamo conducendo in Grecia: legalizzare il denaro sporco attraverso gli investimenti. Per spiegarlo con un vecchio proverbio greco: "nella lotta siamo uniti, nella massa separati", che in questo caso potremmo riformulare così: "Nell'opacità siamo uniti, nella legge separati". Il riciclaggio tramite gli investimenti ci unisce anche di fronte alla legge».«Il mondo crede che ci servano dittature e paesi canaglia per svolgere indisturbati le nostre attività, ma non è così. Anzi, è un grosso errore. Tutti tengono gli occhi puntati su questi paesi e ne controllano e ne commentano ogni singola azione. Per noi è un problema, perché diventiamo facili bersagli e non possiamo più restare nell'ombra, là dove è, effettivamente, il nostro posto. Al contrario in un paese normale, con un governo e delle istituzioni, nessuno presta attenzione a noi, perché, come le dicevo, a nessuno interessa l'origine del denaro. Basta che esista e che garantisca lo sviluppo». […] «e noi non vogliamo uscire dai nostri limiti».Forse qualcosa di non molto dissimile ebbe a dire il pirata Drake alla regina Elisabetta, e fu così convincente -voglio dire il denaro sporco- che fu insignito di un titolo nobiliare. Attenzione però, non fu solo ipocrisia, è la legge dei mercati si vince con le razzie (oggi finanziarie) o con l'export ma è sempre questione di politica estera come avrebbe detto Bismark. La conversazione ovviamente immaginaria è tratta dal romanzo di Petros Markaris, «Il prezzo dei soldi», Edizioni Gedi, 2018.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)