2024-10-19
Conte: «Difendo i medici, sono eroi». Ma nel 2020 li incolpava dei contagi
Giuseppe Conte (Getty Images)
L’ex premier senza freni sostiene perfino di aver portato la campagna di iniezioni anti Covid al 90%. Una balla: quando lasciò Palazzo Chigi la copertura della prima dose per gli over 80 era appena al 6%.Giuseppe Conte le spara proprio grosse. Sul Fatto Quotidiano ha dichiarato: «Io da premier avevo già portato il tasso di vaccinazione attorno al 90%, affidandomi al senso di responsabilità dei cittadini, e fu una scelta vincente». Passi qualche vuoto di memoria, ma l’ex premier non può millantare la gestione di una campagna vaccinale il cui inizio effettivo coincise con la sua uscita di scena. Il Conte II si concluse il 13 febbraio 2021, le dimissioni da presidente del Consiglio erano state in data 26 gennaio, poche settimane dopo l’inizio delle somministrazioni delle prime dosi di anti Covid. La campagna vaccinale prese il via il 27 dicembre 2020, il secondo report Istat e Istituto superiore della sanità in data 7 giugno 2021 riportava «un totale di 13.028.350 persone che hanno ricevuto due dosi di vaccino (24,01 % della popolazione over 12)». ll 20 febbraio 2021 la percentuale di over 80 vaccinati con prima dose era ferma al 6%, solo ad aprile era salita al 57% e comunque rimaneva pesantemente al di sotto delle medie europee. Questo, grazie al piano vaccinale di Conte e Speranza che assieme ai residenti nelle Rsa e agli ottantenni dava priorità a operatori sanitari, insegnanti e membri delle forze dell’ordine. Come fa l’avvocato di Volturara Appula ad arrogarsi il merito di aver vaccinato il 90% degli italiani ai primi di febbraio 2021? Le bugie hanno le gambe corte, cortissime, soprattutto se si raccontano con il proposito di minare la credibilità della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. Il leader del M5s si è insediato al suo interno, vuole essere commissario e testimone e già questo è un atto gravissimo per incompatibilità e conflitto di interessi dei ruoli. «Vogliono farci fuori perché siamo scomodi», ha frignato Conte, riferendosi anche all’esclusione dalle sedute dell’Antimafia dei colleghi pentastellati Federico Cafiero de Raho e Roberto Scarpinato. Pochi giorni fa, prima della seconda tornata di audizioni aveva detto: «Voglio continuità della mia presenza in questa commissione, a dispetto del fatto che posso essere audito informalmente in una singola sessione come contributore ai lavori». Non intende dimettersi, perché «non ho nessuna garanzia che il momento in cui poi ricompaio non mi venga opposta l’incompatibilità», è il suo grande tormento. Ieri, in un video sui social l’ha rimarcato: «Io non scappo, io ci sono dentro la commissione. Continuerò a rompere le scatole e soprattutto lo farò quando saranno accusati ingiustamente, come è già successo, medici e infermieri che invece hanno rischiato la vita per curare i pazienti Covid. E mi batterò sempre per difendere le forze dell’ordine, tutti coloro che erano in trincea per salvaguardare il Paese». Anche in questo caso, la realtà fu assai diversa. «Abbiamo due focolai del virus, uno dei quali è nato complice un ospedale che non ha osservato determinati protocolli favorendo la nascita di uno dei due focolai che cerchiamo di contenere con misure draconiane», dichiarava il 24 febbraio 2020 l’ex premier, accusando la struttura sanitaria di Codogno. I sanitari che vi lavoravano vennero lasciati in balia dell’improvvisazione, perché mancava un piano pandemico aggiornato. «Abbiamo fatto il nostro dovere e abbiamo la coscienza a posto. Dal primo istante dell’emergenza non abbiamo lasciato i nostri ammalati nemmeno per un istante. Alcuni di noi, tra medici e infermieri, sono infetti e lottano adesso contro il morbo. Non siamo eroi e non pretendiamo gratitudine per il nostro lavoro: ma ascoltare dalle massime cariche dello Stato certe parole, che moralmente uccidono più del virus, fa male e ci umilia», esplose qualche giorno dopo su la Repubblica Giorgio Scanzi, primario di medicina dell’ospedale di Codogno. I camici bianchi del pronto soccorso protestarono: «Abbiamo applicato protocolli e direttive di Istituto superiore di sanità, Oms e ministero della Salute». Eppure era stato lo stesso Conte ad accusarli ingiustamente, altro che paladino dei sanitari come cerca di mostrarsi adesso. L’ex premier si è anche attribuito il merito di aver chiamato Mario Draghi e l’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, «per dissuaderli dall’introdurre l’obbligo (vaccinale, ndr). A mio avviso, non conveniva rompere quel patto sociale», ha dichiarato. In realtà Conte si vantò di essere stato contrario all’obbligo durante la festa del Fatto l’11 settembre del 2022, provocando l’indignata reazione dell'Associazione professionale e sindacale dei docenti e ricercatori in formazione (Anief). «L’ammissione di colpa del leader del M5s giunge in ritardo abissale, a dieci giorni dalle elezioni politiche, ma la dice lunga su come chi ha governato negli ultimi due anni era consapevole della incostituzionalità della norma», tuonò la sigla. E a Fuori dal Coro, la trasmissione di Mario Giordano su Rete4, tornò a vantarsi: «Ho chiamato Draghi, ho chiamato Speranza e prima che adottassero questo provvedimento li ho dissuasi dall’adottare l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni». Proprio Conte, che durante la trasmissione Agorà su Rai 3 aveva affermato: «Se come extrema ratio si dovrà ricorrere all’obbligo vaccinale, non lo escludiamoaffatto». In un’altra occasione ribadì: «Manteniamoci aperti a tutte le soluzioni chegarantiscano la sicurezza dei cittadini». Infatti, poi non si oppose al green pass.
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.