2020-11-21
Mediaset, Gualtieri tratta con Parigi e il Carroccio cerca la tregua con Fi
Colloquio tra il titolare del Mef e Vivendi. La norma «salva Biscione» è «temporanea ma confermata»: ed è quello che i francesi non vogliono. La Lega toglie la pregiudiziale di costituzionalità. Sullo sfondo le nomineScontro interno al Movimento in commissione Affari costituzionali alla Camera. Due deputati accusano la capogruppo di censura. Dibba fa il duro: «Forza Italia è letame»Lo speciale contiene due articoliE alla fine su Mediaset, il ministro Roberto Gualtieri ha dovuto metterci la faccia. L'emendamento al decreto Ristori bis, soprannominato «salva Biscione», ha prodotto una serie di reazioni non solo in Italia, ma pure in Europa. A Roma sono scattate le polemiche sul governissimo con tanto di contro transfughi (tre onorevoli di Fi sono passati alla Lega). Mentre fuori confine prima è intervenuta Bruxelles facendo sapere di essere pronta ad avviare una verifica sulla correttezza della norma, poi Vivendi ha scritto una lettera a Palazzo Chigi annunciando ricorsi, e infine lunedì - stando a quanto ha rivelato l'Agi - il presidente del gruppo francese Arnauld de Puyfontaine e Gualtieri si sono fatti una chiacchierata. Conferme sui contenuti del colloquio poche, ma nessuna smentita sulla telefonata. Il ministro ha comunque «rassicurato» Vivendi che si tratterebbe di una norma «temporanea» dovuta al periodo di caos del Covid e, allo stesso tempo, alla necessità di finalizzare la riforma del comparto radiofonico televisivo per il dopo legge Gasparri.L'emendamento infatti mira a congelare le regole della legge mandate in soffitta dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue e quindi permette all'Agcom di privare Vivendi del godimento dei diritti di azionista di minoranza. L'azienda guidata dal finanziere bretone, Vincent Bollorè, sa bene di potersi rivolgere alla Commissione Ue e di poter ottenere soddisfazione. Ma dovrebbe aspettare molti mesi. Al contrario, avrebbe bisogno di risposte ora per evitare che Mediaset si rafforzi e trovi nuove strategie in Europa e pure in attesa che si finalizzi la rete unica di Tim e Open fiber. Vivendi infatti si trova adesso ad avere due fronti su cui combattere e muoversi, e più passa il tempo più i francesi rischiano di perdere vantaggi e posizioni. Non a caso l'atteggiamento «aperturista» verso la rete unica era stato visto come un messaggio al governo di non interferenza sulla partita del Biscione. Messaggio evidentemente inatteso. Non solo: la rassicurazione che Gualtieri avrebbe fatto al telefono a De Puyfontaine a questo punto sa pure un po' di beffa. D'altronde il ministro dell'Economia sta camminando su un filo sospeso sopra il baratro. I 5 stelle sono così divisi tra loro che si cannibalizzano pure gli emendamenti ai decreti Ristori, e sulla manovra potrebbero fare di peggio. Tanto che il Mef avrà sicuramente bisogno di stabilizzare il Parlamento e di garantirsi un percorso non troppo accidentato se vuole evitare il Vietnam e di conseguenza lo spettro dell'esercizio provvisorio. Ma la partita del salva Biscione si intreccia anche con quella delle nomine che il Tesoro e lo stesso Gualtieri devono portare avanti. Il riferimento è alla partecipate come Consap e Consip, ma gli equilibri non si allontano troppo da quelli che hanno recentemente permesso alla maggioranza e a Forza Italia di nominare i vertici dell'Agcom, l'authority che più conta (come abbiamo visto con l'emendamento) per Silvio Berlusconi. È tutto un gioco a incastro al quale ieri non si è sottratta nemmeno la Lega. In serata viene diffusa una agenzia. «Scompare la pregiudiziale di costituzionalità sulla norma a firma della Lega». Il gruppo del Carroccio ha infatti corretto il testo depositato in Aula alla Camera sul decreto, cancellando il riferimento alla norma anti scalata di Vivendi. Il passo indietro della Lega su questo fronte vorrebbe riportare serenità nel centrodestra. Non tanto con Forza Italia, ma più con Fratelli d'Italia che in questo momento sembra non gradire rotture formale. Ciò che avviene sottobanco è tutt'altra questione. E i rapporti con gli azzurri non sono certo sanati. Nella scelta di ritirare la pregiudiziale c'è tuttavia anche un obiettivo tutto di marketing e comunicazione. I leghisti cominciavano a notare una sorta di difficoltà da parte di Mediaset a invitare nelle trasmissioni esponenti del Carroccio. E al tempo stesso un aumento dei minuti destinati a Fdi... Su questo la Lega è attenta e di sicuro ha capito che la pregiudiziale non avrebbe certo portato da nessuna parte. Né da un punto di vista pratico (non è certo un veto) né da quello politico per il momento. Al contrario, ritirare la pregiudiziale lascia più spazio sulle colonne dei giornali alle tensioni interne ai 5 stelle. Nonostante il ministro Stefano Patuanelli e big del calibro di Stefano Buffagni si siano mossi a favore del salva Biscione, mezzo partito ancora storce il naso e obbliga l'ex leader grillino e pure il segretario del Pd a intervenire. Luigi Di Maio torna sui suoi passi: «Il Movimento 5 stelle e Berlusconi sono due mondi diversi». Mentre Nicola Zingaretti non strappa: «Non esiste ipotesi di cambio di maggioranza o di coinvolgimento nel governo di Forza Italia», spiega lasciando però aperta la porta del dialogo. «Ora è il momento di limitare scontri ed egoismi di partito, e ritrovare almeno nel campo sanitario ed economico una collaborazione con tutte le opposizioni». Tradotto anche a uso dei grillini: Pd e Fi chiederanno il Mes.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mediaset-gualtieri-tratta-con-parigi-e-il-carroccio-cerca-la-tregua-con-fi-2648997642.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="faida-m5s-sugli-emendamenti-spariti" data-post-id="2648997642" data-published-at="1605909878" data-use-pagination="False"> Faida M5s sugli emendamenti spariti Il M5s fa la voce grossa, o finge di farla, contro l'ipotesi di un ingresso in maggioranza di Forza Italia, ma la confusione regna sovrana nei pentastellati, e non è un caso che il Pd spinga almeno per un appoggio esterno del partito di Silvio Berlusconi. I grillini sono ormai diventati il partito più verticistico che ci sia in Parlamento, un partito nel quale capita che, alla faccia dell'uno vale uno, gli emendamenti presentati da deputati grillini vengano cestinati da presidenti di commissione grillini senza che i deputati stessi vengano neanche informati del «taglio». La Verità ha potuto visionare ben due proteste ufficiali relative ad altrettanti emendamenti svaniti nel nulla. In entrambi i casi, destinatario delle rimostranze è Giuseppe Brescia, grillino di fede fichiana, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, organismo saldamente nelle mani dei pentastellati. Il primo documento indirizzato a Brescia è firmato dal deputato grillino Luca Frusone: «In merito all'atto Camera 2727», scrive Frusone, «mi risulta per vie informali che gli emendamenti 1.106 e 1.240 a mia prima firma siano stati ritirati con una comunicazione della capogruppo in commissione. Anche se tale pratica può ritrovare una consuetudine interna, non può violare una prerogativa parlamentare». L'atto 2727 è un disegno di legge recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, meglio noto come decreto Sicurezza. La capogruppo M5s in commissione Affari costituzionali della Camera è Valeria Baldino. «Non avendo mai espresso una volontà del genere», aggiunge Frusone, «e non essendo nemmeno stato avvisato preventivamente chiedo la reintegrazione degli emendamenti a mia prima firma per poter svolgere il consueto esame dinnanzi alla commissione». Estremamente polemico anche il deputato Alvise Maniero: «Egregio presidente», scrive Maniero a Brescia, «con dispiacere ho appreso della comunicazione con la quale la deputata Baldino ha inteso ritirare, tra gli altri, gli emendamenti a mia prima firma numero 1.155 e 1.182 relativi all'atto camera 2727. Le comunico in proposito la mia netta contrarietà in merito a tale decisione, di cui peraltro non sono stato preventivamente informato. Altresì, le chiedo che mi venga cortesemente chiarito in base a quale parte del regolamento possono essere ritirati emendamenti a mia prima firma», aggiunge Maniero, «in totale assenza di una mia indicazione a riguardo». La questione è tutta politica: Maniero e Frusone sono individuati come parte delle truppe parlamentari del M5s contraria allo stravolgimento dei decreti Sicurezza varati, all'epoca del primo governo guidato da Giuseppe Conte, dall'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini. È evidente, quindi, che la maggioranza giallorossa barcolla sul piano numerico ma è già praticamente inesistente su quello politico, considerato che per evitare problemi si ricorre a cestinare emendamenti presentati da parlamentari di maggioranza senza neanche avvertire i protagonisti. La fibrillazione interna al M5s si acuirà, fino a esplodere, quando il Mes diventerà oggetto di dibattito parlamentare e non più solo giornalistico: a quel punto, senza i voti dei senatori e dei deputati di Forza Italia, la coalizione giallorossa rischierà seriamente di essere bocciata, con la conseguenza della immediata caduta del governo. Intanto, Alessandro Di Battista torna a bombardare il quartier generale grillino: «Domenico Tallini, politico di Forza Italia, presidente del consiglio regionale della Calabria», scrive Di Battista su Facebook, «è stato arrestato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. E fino a qui, nemmeno possiamo scandalizzarci più di tanto. È la solita Forza Italia. Insomma, nulla di nuovo sul fronte immorale. Stare lontano dall'immoralità è un dovere morale», aggiunge il Dibba, «perché l'immoralità è come il letame. Si tratta con la pala. Non con il cucchiaino d'argento».
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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