2025-07-07
«Alle donne con figli uno stipendio pieno per i primi tre anni»
Nel riquadro, Maurizio Pincherle (IStock)
Il neuropsichiatra Maurizio Pincherle: «Le madri sono insostituibili nelle fasi iniziali della vita. Senza la loro presenza, il bimbo crescerà squilibrato».Parlare di famiglia con lui è ripercorrere una storia gloriosa e dolorosa all’un tempo, parlare di famiglie con lui significa affrontare una quotidianità fatta di diagnosi, d’impegno e di confronto con le sofferenze. Maurizio Pincherle, che vive tra Bologna e Macerata, è oggi uno dei più accreditati neuropsichiatri dell’età evolutiva d’Europa. Ha appena fatto uscire una sorta di vademecum per la genitorialità: Gli errori educativi: breve guida per genitori per una sana crescita delle nuove generazioni (ed. Affinità elettive, 80 pagine, 10 euro). E ripercorre i passi incerti e confusi dei genitori di oggi sostenendoli con la scienza del medico e l’affetto del padre per arrivare a una genitorialità consapevole. «Credo», ricorda, «che la figura di mio nonno Maurizio Pincherle, fondatore della pediatria al Sant’Orsola di Bologna, poi cacciato dall’università e dall’ospedale perché ebreo, e che io ho riportato alla comune conoscenza, sia la mia guida nel tentativo di dare valore alla famiglia, di riporla al centro della società come l’architrave su cui è fondata la nostra civiltà, la nostra convivenza la nostra valorialità». Quali sono gli errori educativi che lei suggerisce di correggere?«Sono quelli che i genitori di ultima generazione commettono ogni giorno e che non consentono un sano sviluppo psicologico dei figli. Purtroppo sono errori che vengono commessi fin dai primi mesi di vita del bambino. I neonati non sopportano le assenze, non si possono abbandonare, la qualità del tempo che si trascorre con loro e della relazione che si instaura è fondamentale. Hanno bisogno di una figura protettiva e questa figura è la madre che li nutre col latte materno. L’allattamento al seno fino al primo anno di vita è fondamentale non solo perché non c’è alimento che lo eguagli – è denso e ricco d’inverno, fluido e rinfrescante d’estate – ma perché innesca il processo di mentalizzazione dei momenti belli e accompagna il bambino nel momento del distacco dal seno a vivere la transizione tra la sua richiesta di autonomia e la felicità della relazione con la madre. Un errore che molti fanno è di prolungare l’allattamento: questo non consente al bambino di sviluppare una sua percezione autonoma. L’errore contrario è di non soddisfare quel bisogno di nutrizione e protezione attraverso l’allattamento»Dunque madri indispensabili? E l’idea di produrre latte dalle staminali nei bioreattori?«Senza la madre nei primi tre anni di vita rischiamo di avere degli adulti in disequilibrio. Quanto al latte da laboratorio, è un’autentica follia! Le madri sono la sola garanzia che avremo un bambino equilibrato, la famiglia è la sola agenzia che ci consente di avere degli adulti che non saranno pericolosamente border line, o narcisisti compulsivi, o con disturbi della personalità derivanti da una avversione alla socialità e alla relazione».Quali altri errori si fanno?«Se c’è l’errore di non favorire l’allattamento al seno c’è poi l’errore contrario: di far dormire i bambini nel lettone. Devono conquistare una loro autonomia a partire al massimo dai due anni; però compito dei genitori, e qui entra in gioco anche il padre, è stimolare una loro capacità d’immaginare, di creare, di rendersi autonomi. Il racconto delle fiabe prima di andare a dormire nel lettino, che i bambini imparano a vivere come un loro spazio, è fondamentale. Così come è decisivo l’ascolto di musica, di buona musica, l’osservazione dell’arte. La stimolazione sensoriale è decisiva, così come lo è la trasmissione della valorialità, dell’identità».E quello che è diventato un luogo comune, «non si dicono più i no», quanto conta?«Enormemente! Gli studi del professor Giovanni Boella – il padre della neuropsichiatria infantile – sono di sconcertante attualità. I no devono essere detti con autorevolezza, nel momento necessario. I bambini devono imparare a gestire la frustrazione, a misurarsi col risultato negativo e in questo la figura paterna è centrale. Come lo è lo sport, che insegna a perdere. Uno degli errori educativi più gravi è tenere i ragazzi lontani dalla frustrazione. Questo accade sovente perché i genitori così si scaricano della responsabilità genitoriale, ma distruggono il processo evolutivo e formativo dei figli».Con quali conseguenze?«Quelle che anche le cronache talvolta ci restituiscono: i ragazzi incapaci di gestire la frustrazione diventano violenti. Di fronte all’insuccesso, che non sanno gestire, reagiscono con l’aggressione. Lo fanno di fronte al brutto voto a scuola, di fronte al rifiuto della ragazza o del ragazzo oggetto dei loro desideri, e l’esito è spesso il possesso attraverso lo stupro. La nostra società sta allevando dei ragazzi totalmente incapaci di gestire e sopportare la sofferenza psichica, lo rileviamo dai dati: c’è dal post Covid in avanti un aumento di oltre il 30% di casi di disagio che diventano patologia psichiatrica nei ragazzi in età evolutiva».Dunque la violenza è conseguenza degli errori educativi?«Sì, con un ulteriore aggravante, Questi adolescenti non sanno più distinguere il confine tra virtualità e realtà. Sono sottoposti a un bombardamento di input contraddittori e al contempo vivono in una sorta di isolamento da tecnologia. Perché uccidono? Perché il videogame o la serie che vedono propongono il modello che, dopo la coltellata, la vittima si rialza e cammina. Non hanno la percezione della definitività del gesto violento, ignorano la morte come tale perché li hanno tenuti al riparo dalla vita o li hanno abbandonati a una rappresentazione distorta della vita».Perché girano con i coltelli: hanno paura? Si difendono?«No affatto! Girano con i coltelli perché è una moda: lo hanno imparato da alcune culture balcaniche, lo vedono fare ai cosiddetti maranza, sono convinti che una coltellata non sia un gesto criminale e definitivo, ma un gesto affermativo della loro esistenza. Due settimane fa mi sono trovato di fronte a un ragazzo che con un calcio ha sfondato la milza alla madre perché non gli rispondeva. Lo ha visto fare in una serie web e lo ha ripetuto. Un altro a San Benedetto ha ammazzato un suo coetaneo a coltellate e, visitato, mi ha risposto che lui sapeva che si sarebbe rialzato. Ci dobbiamo misurare con questa realtà».Anche gli atti di autolesionismo rientrano in questa percezione?«Il fenomeno è diverso: qui siamo nella sfera del rifiuto di sé stessi dopo il lockdown e nella incapacità che gli adolescenti hanno di costruire la propria personalità, che si riflette anche in quella che io definisco la loro sessualità di consumo, con un incremento preoccupante delle malattie sessuali con patologie anche gravissime come l’Hiv. L’autolesionismo riguarda soprattutto le ragazze, che mi confessano: quando mi taglio mi sento viva attraverso il dolore, vedo il sangue e capisco che esisto. Quanto al sesso, sovente arrivano da me ragazzine che hanno avuto rapporti senza sapere cosa stessero facendo: hanno separato sesso e sentimento e restano poi in balia di una disperazione che pare senza uscita. Usano il corpo per affermarsi, poi scoprono che il corpo diventa una gabbia. Moltissime ragazze mi hanno parlato della loro esperienza sessuale come del peggior momento della loro vita». Che cosa si può fare?«Evitare gli errori educativi, rieducare i genitori alla genitorialità, rimettere la famiglia al centro della società e avere grande cura delle madri! Infine reintrodurre nella società, nella scuola elementi di moralità. Io sono ebreo, ma gli oratori, la formazione delle comunità su denominatori valoriali comuni per i ragazzi è fondamentale. Fermo restando che la prima comunità è la famiglia». Lei ha una proposta molto precisa, vero?«Sì: lo Stato dovrebbe garantire alle donne il reddito di maternità. Per tre anni mantenere alle madri lo stipendio pieno e garantire loro il reintegro al lavoro consentendo di accudire fino in fondo i bambini: dopo i tre anni i bambini hanno una loro autonomia sia funzionale che psichica che consente il distacco senza traumi. Ma la figura della madre è fondamentale! Vedo che ci si orienta verso i “mammi”. È un errore: la funzione del padre è altra. Non deve proteggere, né nutrire, né accudire i figli nella primissima infanzia, deve successivamente diventare, come anche la madre, una guida verso i valori condivisi, una autorità che gestisce la crescita del bambino anche attraverso l’esercizio della frustrazione».Dunque ci servono più madri?«È l’unico modo che abbiamo per invertire una curva demografica disperante. Rischiamo da qui a una generazione di vedere dimezzata la popolazione italiana. E chi si illude di riempire il vuoto con l’immigrazione sbaglia: i luoghi, le tradizioni culturali, i valori sono propri di una etnia e non sono sostituibili. Poi certo l’integrazione, se è bene operata, è benedetta da Dio. Ma perché le donne siano indotte a fare figli bisogna garantire loro l’agibilità della maternità con il salario pieno, con le strutture di assistenza, ma anche con la riscoperta del valore immenso della maternità. Non possiamo continuare ad avere sempre meno madri e che lo diventano in età sempre più matura».
(Ansa)
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