2022-05-20
Matteo Caccia: «La televisione si nutre di paura, la paura funziona sempre»
True
Da martedì 24 maggio su Crime+Investigation (canale 119 di Sky) arriva Mostri senza nome – Genova. Lo show di quattro puntate che raccontano altrettanti casi rimasti insoluti nel capoluogo ligure, con la narrazione del conduttore radiofonico che ribadisce: «La paura è il prodotto che vende meglio: non a caso, i talk hanno vissuto una seconda giovinezza nel 2020, durante la pandemia».«La televisione si nutre di paura, la paura funziona sempre». Matteo Caccia l'ha detta senza giri di parole, la verità che tanti primi di lui hanno cercato di nascondere, di edulcorare. «La paura», ha ribadito, «È il prodotto che vende meglio: non a caso, i talk hanno vissuto una seconda giovinezza nel 2020, durante la pandemia». «L'essere umano è da sempre attirato dalla morte, dalle arene dei gladiatori alle code di curiosi dopo un incidente in autostrada», ha cercato di spiegare, dando un senso al proliferare di un filone, quello della nera in televisione, che alle 22.55 di martedì 24 maggio lo porterà su Crime+Investigation (canale 119 di Sky) con Mostri senza nome – Genova. Lo show, quattro puntate a raccontare altrettanti casi rimasti insoluti nel capoluogo ligure («cold case», li chiamerebbero gli americani), è l'ultimo, in linea temporale, a reggersi unicamente sulle sciagure altrui. Sciagure che, però, non vuole nulla di mediatico, non nell'accezione negativa che termine il è solito possedere. «Della morte», che pur esercita sull'essere umano un fascino oscuro, magnetico, «Non si parla quasi mai. Se si parla tanto spesso degli omicidi, la ragione sta nella loro struttura narrativa, che risulta sempre ingaggiante», ha raccontato Caccia , voce di Radio24. «Credo che la cronaca nera sia come le fiabe dei fratelli Grimm, piene di sangue ma anche rassicuranti perché è come se confermassero l'idea che “certe cose capitano solo agli altri, o in mondi diversi dal nostro”».L'idea è frutto di un ragionamento fallace. Ma, da sola, è capace di restituire un senso alla curiosità, madre e, al contempo, di figlia tanti programmi televisivi. La cronaca nera, un'esistenza circolare, è stata utilizzata come materia prima di show e salotti tv. È stato il pubblico a chiederlo, quella sua volontà a tratti morbosa di sapere e conoscere. Ma è stata la televisione ad alimentare questo fuoco. La cronaca nera, dunque, è diventata domanda e risposta, e l'offerta è cresciuta esponenzialmente, più e meno bene. Di nera, si è parlato con garbo, in programmi atti a ricostruire con scrupolo giornalistico casi che hanno avuto un impatto dirompente sul Paese. E di nera si è parlato con fare bulimico, con sensazionalismo, così da poter creare interi palinsesti, titoli «choc» e dibattiti infiniti sulle tragedie altrui. «Io credo che ogni narrazione abbia diritto di cittadinanza. La vera differenza la fa il modo. Ci sono racconti di episodi innocui che sono pornografici per il loro grado di voyeurismo o l'inutile minuzia dei dettagli e storie tragiche che possono essere raccontate senza nemmeno far vedere il sangue ma trasmettendone il tutto dramma», ha detto ancora Caccia , ricordando come «La paura prodotta dalla cronaca nera è una paura antica ma remota, perché appartiene a mondi che potrebbero pensare ci possono riguardare. In questo modo», raccontandola a mezzo televisivo, «Esorcizziamo quella paura ancestrale con un racconto chiuso e incorniciato nello schermo di una tv».