2021-12-03
Dal Pd ennesimo assist a Mattarella perché faccia un altro giro sul Colle
Proposta dem di riforma costituzionale per stoppare il doppio mandato presidenziale. Varrebbe per il futuro, però. Mentre l’inamovibilità di Mario Draghi da Palazzo Chigi potrebbe spingere il capo dello Stato al «sacrificio».Nuovi orizzonti e prospettive sempre più acrobatiche - nel lessico e perfino nel pensiero - per la tecnica neo orwelliana dell’inversione: dire una cosa per intendere il suo esatto opposto, evocare un concetto per determinare un effetto pratico uguale e contrario. E così, a sinistra, in tempi di legge Zan, parlavano di «diversità» per imporre - in realtà - l’uniformità di parola e di espressione. Poi, da ormai un anno e mezzo, nell’ossessione emergenziale pandemica, si continua a parlare di «chiusure per riaprire»: come se l’atto del chiudere fosse davvero funzionale a una riapertura, a una ripartenza, e non a una prosecuzione di un regime di restrizioni. Adesso, con un nuovo balzo concettuale e linguistico applicato al diritto costituzionale, il Pd inventa lo stop al doppio incarico presidenziale per favorire - a ben vedere - esattamente un doppio incarico presidenziale. Rassicuriamo i lettori: non è un rompicapo né un esercizio di enigmistica né uno scioglilingua, ma solo l’ultima escogitazione dem. I fatti, per cominciare. Il Pd, con le prime firme dei senatori Dario Parrini, Luigi Zanda e Gianclaudio Bressa, ha formalizzato il deposito di una proposta di riforma costituzionale volta a modificare due articoli della Costituzione (l’85 e l’88). Obiettivo formale: vietare la rielezione del presidente della Repubblica. In dettaglio, infatti, il disegno di legge costituzionale, se approvato, aggiungerebbe al primo comma dell’articolo 85 la puntualizzazione secondo cui il presidente della Repubblica «non è rieleggibile». Più avanti, la proposta di riforma suggerisce l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 88, quello relativo al semestre bianco, ovvero la norma in base alla quale il presidente della Repubblica non può più sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato.Fin qui, la notizia. Ma, come sempre accade nelle vicende cattocomuniste, non è il caso di fermarsi alle apparenze, a una prima lettura, a ciò che è scritto sulle righe. Occorre andare più a fondo per scoprire il reale retropensiero dei proponenti. A un’analisi superficiale, infatti, la proposta sembra uno stop a qualunque rielezione di un inquilino del Quirinale. Di più: sembra pari pari la trascrizione degli ultimi interventi di Sergio Mattarella, in particolare del suo ricordo della netta presa di posizione anti bis di uno dei suoi predecessori, Giovanni Leone, lasciata a verbale in un messaggio alle Camere. Sempre a prima vista, dunque, la norma parrebbe un netto e indefettibile stop all’idea di un doppio mandato presidenziale, alla sola ipotesi di quattordici anni consecutivi (praticamente una monarchia) dello stesso individuo sul Colle più alto. Eppure, riflettendoci meglio, l’obiettivo politico appare non solo diverso, ma addirittura opposto. E non sono pochi, dentro e fuori i confini del Pd, e pure tra gli interlocutori di vecchia data dell’attuale capo dello Stato, quelli che impostano le cose in questi termini: da un lato, stabilire una nuova regola per il futuro, e quindi fissare il principio (dalla prossima volta) del no alla rielezione; dall’altro, preparare il terreno a un’ultima eccezione, a un’estrema deroga, naturalmente motivata in termini di emergenza e di nobile e generoso servizio al Paese reso dall’attuale presidente.La litania è già pronta («Sergio, resta con noi»), e la giustificazione teorica pure («Non accadrà mai più: stiamo perfino cercando di cambiare la Costituzione a scanso di equivoci»). Ma intanto, in extremis, i sostenitori del bis mattarelliano si preparano a una specie di ultimissimo appello all’attuale inquilino: «La situazione è bloccata, i partiti non si accordano su un successore, occorre un sacrificio dell’attuale presidente».Naturalmente, tutti sanno che in un fazzoletto di settimane è assolutamente impossibile che le Camere approvino in doppia lettura (due volte a Montecitorio e due volte a Palazzo Madama) la riforma, e quindi la leggina costituzionale resterebbe come una specie di foglia di fico. Nel frattempo, i quirinalisti più zelanti martellano da settimane insistendo sull’indisponibilità del presidente uscente, e anzi valorizzano la sua intenzione di andare a vivere in una casa ai Parioli. Un altro modo per sottolineare come il capo dello Stato, nobilmente, non intenda sostare un giorno in più. E allora? E allora, nelle contorte intenzioni dei proponenti, dovrebbe partire il coro a cappella di tutti i partiti per indurre Mattarella a dire sì. Del resto, ancora a poco tempo dalla sua rielezione, anche Giorgio Napolitano opponeva un diniego apparentemente insuperabile. Stavolta, potrebbero bastare due mosse: insistere sull’inamovibilità di Mario Draghi da Palazzo Chigi, e constatare un eventuale stallo del Parlamento in seduta comune. Il gioco della rielezione sarebbe fatto, a quel punto.