2024-03-28
Mattarella ha sbagliato su Pioltello. Non è un caso banale ma un simbolo
Il presidente l’ha definito fatto «di modesto rilievo», però dietro la scelta di chiudere un scuola per Ramadan c’è un Paese che cede. E che, invece, deve avere la forza di siglare una sorta di «concordato» con i musulmani. Non è piacevole rileggere le poche righe con cui Sergio Mattarella ha risposto alla lettera di Maria Rendani, vicepreside dell’Istituto comprensivo statale Iqbal Masih di Pioltello, ovvero la scuola che ha deciso di sospendere le lezioni il prossimo 10 aprile, in occasione della fine del Ramadan. Scrive il presidente: «Ho ricevuto e letto con attenzione la sua lettera e, nel ringraziarla desidero dirle che l’ho molto apprezzata, così come - al di là del singolo episodio, in realtà di modesto rilievo - apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell’adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo».Colpisce negativamente che la vicenda venga derubricata a fatto «di modesto rilievo», poiché così non è. Certo, non si tratta di una questione di geopolitica che richieda trattative al limite dell’impossibile e di sicuro tutto si sarebbe potuto risolvere con più garbo e meno clamore. Ma, almeno a livello simbolico, la storia di Pioltello è di estrema rilevanza, a meno che non si voglia decretare che i simboli (e pure le ricorrenze, le tradizioni e i riti) non abbiano più alcuna importanza, cosa decisamente rischiosa.A ben vedere, nel caso di Pioltello c’è - nel piccolo - l’enorme matassa che l’Europa è chiamata a sciogliere per tentare di stabilire un rapporto dignitoso con la popolazione di fede islamica. C’è il segno del declino demografico, c’è l’incidenza dei flussi migratori e delle nuove generazioni, c’è l’amara constatazione del disinteresse con cui ormai le genti autoctone approcciano le questioni di fede.E, infine, c’è una sorta di rinuncia attiva. Né i genitori musulmani né le associazioni religiose hanno chiesto che il 10 di aprile fosse istituzionalizzata la festa di fine digiuno, ma la scuola decide in autonomia di offrirla. Per altro avanzando risibili motivazioni tecniche. Tutto si sarebbe dovuto affrontare con ben altro spirito e con ben altra sensibilità. Anche per garantire il dovuto rispetto alla comunità islamica: una ricorrenza religiosa tanto pregnante non può essere equiparata a una settimana bianca che egualmente produce alti tassi di assenza fra gli alunni.Il gesto dei dirigenti scolastici di Pioltello ondeggia fra la rassegnazione e la caricatura di quella maledetta «inclusione» di cui troppo si ciancia da qualche anno in qua. E non sono certo queste le migliori premesse con cui iniziare un incontro culturale. L’Altro - anche il radicalmente Altro - si può incontrare soltanto se si è ben consci di sé stessi, dei propri confini e delle proprie priorità. Non è cedendo per disinteresse o superficialità che si possono ottenere risultati positivi a lungo termine. Che messaggio passa, infatti, dalla faccenda in questione? Che non ci importa di cambiare il calendario, perché non abbiamo abbastanza figli e perché in fondo non ci importa nulla delle date e della metafisica.Con analoga superficialità sono stati affrontati almeno altri due episodi. Il primo è quello della scuola di Soresina, nel Cremonese, dove la dirigente dell’istituto Bertesi, Daniela Romano, ha consigliato, tramite circolare ai professori, di non fissare verifiche durante il Ramadan per non gravare sugli alunni musulmani già provati dal digiuno. Il secondo episodio è ovviamente quello di Monfalcone, dove il sindaco Anna Maria Cisint ha chiuso d’imperio due moschee abusive, suscitando polemiche da parte delle locali associazioni musulmane. Di nuovo, nella trattazione mediatica, ritroviamo pressapochismo e banalizzazione.La richiesta della scuola di Soresina è grottesca perché rende impossibile il reciproco adattamento fra musulmani e non musulmani. I ragazzi che digiunano e frequentano la scuola un domani dovranno lavorare: che faranno, chiederanno di essere esentati? Forse spetta alla comunità musulmana, all’interno di un dialogo rispettoso ma molto chiaro, individuare forme di osservanza compatibili con i ritmi e le consuetudini di una nazione che scandisce il suo tempo (ancora per poco, forse) su un calendario e un ritmo cristiano e laico. Non si tratta di essere scarsamente tolleranti o di discriminare, ma di accogliere il diverso senza smettere di onorare sé stessi.Quanto a Monfalcone, sarebbe il caso di ritornare al buon senso e alla realtà. È del tutto normale e legittimo che le istituzioni chiudano luoghi che non sono adatti alla preghiera comunitaria e violano le disposizioni urbanistiche. E, di nuovo, non sta al Comune adattarsi, ma alle comunità religiose, tutte quante. Da ciascuna di queste storie emerge con prepotenza un dato comune: il disinteresse. Come ha ben spiegato l’economista Nassim Taleb, le minoranze creative o aggressive ottengono risultati soprattutto grazie all’indifferenza delle maggioranze inerti. Ma nei rapporti fra culture l’indifferenza è la peggiore consigliera.Converrebbe, piuttosto, prendere il toro per le corna e fare ciò che i progressisti di ogni epoca, con tutta la loro retorica inclusiva e accogliente, non hanno saputo fare e cioè stabilire patti chiari con i musulmani affinché l’amicizia possa essere lunga. Il governo di centrodestra dovrebbe riprendere la discussione sull’intesa con le comunità islamiche. Costringendole da un lato a trovare un terreno comune e riconoscendo, dall’altro, il sacrosanto rispetto della fede altrui. Una intesa, una sorta di concordato, consentirebbe di risolvere l’annoso problema delle moschee abusive una volta per tutte, permetterebbe di creare un rapporto scambievole con una comunità che già da anni, sottotraccia, dialoga con le istituzioni e farebbe piazza pulite di tutte le ipocrisie di ogni segno (quelle di sinistra ma pure quelle destrorse).È ora che i musulmani si liberino dal ruolo di figurine migranti e lamentose che la sinistra ha cucito loro addosso, salvo poi censurarli ogni volta che parlano di temi etici o di questioni di fede. Esistono generazioni di leader islamici giovani (ma non troppo) con cui parlare è possibile e a cui si possono richiedere importanti aperture a fronte di altrettanto importanti concessioni. Non si può lasciare che a gestire il confronto tra culture e tradizioni millenarie sia un consiglio di istituto a Pioltello o a Soresina, o lasciare che sia un sindaco da solo a gestire ogni problema causato dall’immigrazione.L’orrenda morte di Saman Abbas, con tutto il dolore che ha portato, offre anche una miracolosa via di uscita. Per la prima volta una associazione islamica si è costituita parte civile contro i carnefici della ragazza. Un imam non buonista ha riconosciuto l’esistenza di un problema nel rapporto con il sesso femminile. Questo è avvenuto perché su alcuni temi capitali (la libertà delle donne, il diritto all’autodeterminazione) nessuno in Italia è disposto a cedere. Ebbene, restando fermi su alcune certezze e contemporaneamente abbandonando alcuni stupidi stereotipi e rifiutando gli estremismi laicisti si può costruire un rapporto nuovo.Basta volerlo. Tenere la testa alta non significa schiacciare gli altri. Inchinarsi, invece, non permette di guardare avanti.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.