2018-08-24
La seconda vita del rinoceronte bianco? Merito della maternità surrogata
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Sudan è morto. La notizia che l'ultimo esemplare maschio di rinoceronte settentrionale bianco è stato addormentato definitivamente da un team di veterinari arriva direttamente da Richard Vigne, capo della riserva Ol Pejeta Conservancy, dove l'animale viveva da 9 anni al riparo dai bracconieri. Con Sudan scompare per sempre la possibilità che il rinoceronte settentrionale bianco si salvi dall'estinzione. O forse no. Perché dal 19 marzo scorso, un team di scienziati sta lavorando alacremente per portare la maternità surrogata nella vita delle due femmine di rinoceronte bianco, le uniche sopravvissute al mondo. Avete letto bene. L'utero in affitto sbarca nel mondo animale e lo fa per una causa nobile: salvare una specie rara come quella del rinoceronte bianco dall'estinzione. Il procedimento è ovviamente del tutto simile a quello che oggi avviene con gli umani che, come spiega il team di medici che sta seguendo questa pratica di «resurrezione», «non sono altro che essi stessi animali ma a due zampe».Per far tornare in vita Sudan, o meglio, i suoi eredi, una dozzina di scienziati sta lavorando senza sosta per capire come riprodurre, in laboratorio, embrioni di rinoceronte. Per garantire il successo di questa missione, la prima al mondo avviata effettivamente e non solo teorizzata, a trenta minuti dall'effettivo decesso di Sudan, il team di veterinari che ha seguito il decesso del rinoceronte, ha immediatamente raccolto tessuti da orecchie, gengive, trachea, milza e testicoli dell'animale, li ha inseriti in una soluzione per poi congelarli e riporli in sicurezza nelle celle frigorifere dell'Ol Pejeta Conservancy. Secondo gli esperti saranno proprio questi piccoli frammenti di tessuti la chiave di successo dell'esperimento poiché permetteranno l'estrazione di quelle cellule necessarie a un altro animale di mettere al mondo un nuovo esemplare di rinoceronte settentrionale bianco. Le possibilità di successo di questo progetto di de-estinzione sono altissime. A differenza di altre specie, come il mammut o il piccione viaggiatore, il dna e lo sperma degli ultimi rinoceronti bianchi sono infatti perfettamente conservati al sicuro in differenti laboratori in giro per il mondo ed è comprovato da analisi di laboratorio che ogni campione oggi possa essere in grado di inseminare uno o più esemplari di surrogata.Secondo un team di veterinari e di biologi molecolari, il progetto potrebbe vedere coinvolte non solo le due femmine di rinoceronte bianco rimaste al mondo ma anche animali simili, «specie gemelle» come vengono definite dai biologi. Il caso è simile a quello portato avanti dal team del dottor George Church, professore di Harvard, che da anni lotta per riportare in vita attraverso una surrogata (in questo caso l'elefantessa indiana) il mammut lanoso scomparso ormai 4.000 anni fa. La sottospecie del rinoceronte bianco settentrionale si pensava si fosse estesa dal Ciad alla Repubblica democratica del Congo, ma il loro numero in realtà ha subito un drammatico declino. La popolazione, che nel 1960 ammontava a oltre 2000 individui, si è ridotta a 15 nel 1984 e ora, dopo la morte di Sudan è di appena due animali dalla salute incerta. I successi di far nascere nuovi rinoceronti bianche, dicono gli esperti, sono altissime come ha confermato Jan Stejskal, direttore del progetto internazionale di de-estinzione dello Zoo Dvur Kralove. «Se abbiamo i mezzi e le possibilità di dare vita a nuovi animali di questa specie» ha affermato il dottor Stejskal «è nostro dovere fare di tutto per far si che la tecnica si trasformi in realtà nel più breve tempo possibile». Una delle soluzioni, secondo i biologi molecolari coinvolti nel progetto sarebbe quella di emulare l'esperimento effettuato in un ospedale di Philadelphia dove otto agnellini sono stati fatti crescere in uteri artificiali riempiti di un fluido simile a quello amniotico. «L'esperimento ha portato in vita esemplari sani, in grado di riprodursi normalmente» ha commentato Jan Stejskal «e questo fa ben sperare anche per il futuro del rinoceronte bianco».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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