2023-09-11
Massimiliano Fedriga: «La priorità della finanziaria dovrebbe essere la sanità»
Massimiliano Fedriga (Ansa)
Il presidente del Friuli Venezia Giulia: «Serve più personale, ma non solo. La rotta dei migranti attraverso i Balcani per noi è un problema, l’Europa intervenga».È il più giovane a ricoprire una carica istituzionale: Massimiliano Fedriga, 43 anni, veronese di nascita, triestino per corso universitario e, si potrebbe dire, per vocazione. Scelse di seguire Umberto Bossi quando era ancora un ragazzino. È una delle punte - per dirla in gergo calcistico dato che è appassionato di tutti gli sport - della Lega, di cui è stato anche capogruppo alla Camera, rivendicando a gran voce l’autonomia delle regioni. Pragmatico, studioso fino all’eccesso di ogni singolo dossier, oggi guida la Conferenza delle Regioni ed è presidente del Friuli Venezia Giulia, terra bellissima e concreta, terra di confine e perciò stesso di massima centralità, per la seconda volta con un’elezione quasi plebiscitaria. Lo scorso aprile a capo della coalizione di centrodestra ha preso il 68% dei voti, lasciando a 40 punti di distanza il suo avversario Massimo Moretuzzo, candidato della coalizione di sinistra. Con lui facciamo il punto sulle prossime sfide che attendono il centrodestra.Il governo è alle prese con una legge di bilancio complicata. Cosa chiede la Conferenza delle Regioni come scelta prioritaria?«La parte sanitaria è quella che preoccupa di più le Regioni e sulla quale è importante mantenere un’attenzione particolare. Ci sono poi diverse questioni all’ordine del giorno, ma la finanziaria non può trasformarsi in un assalto alla diligenza. Serve responsabilità da parte di tutti, regioni comprese». È vero che il sistema sanitario è al collasso? Per voi Regioni e per lei in Friuli Venezia Giulia quali sono le priorità d’intervento?«Tra le criticità, non posso non evidenziare il tema legato alla carenza del personale: un problema che non nasce certo oggi, ma che affonda le radici nella mancata programmazione dei decenni passati. La tenuta del sistema sanitario è tuttavia figlia non solo dell’auspicato potenziamento degli organici, ma anche della capacità di rivedere il rapporto tra ospedale e territorio, avvicinando i servizi ai cittadini e consentendo così ai nosocomi di beneficiare di un alleggerimento degli oneri, funzionale a garantire prestazioni più efficaci, più efficienti e più rapide. Aggiungo infine che un’altra sfida da vincere è quella relativa all’appropriatezza delle prescrizioni».Sul Pnrr a che punto siamo? Sente la necessità di un cambio di rotta?«Sul Pnrr vanno dette diverse cose. L’errore parte da due governi fa, quando l’esecutivo di allora decise di escludere le regioni nella fase di stesura del Piano. Quanto ai contenuti, penso sia utile rivedere alcuni suoi aspetti e, in generale, orientare ogni decisione verso investimenti in grado di portare alla crescita del Paese, senza generare spese improduttive. Sono infine convinto della necessità di una rinegoziazione dell’orizzonte temporale del Piano, almeno per alcuni investimenti strategici: penso ad esempio, per venire al Friuli Venezia Giulia, alla Venezia-Trieste, tratto fondamentale del Corridoio 5 e pertanto asset di primaria importanza, non solo per la Regione, ma per il Paese e per l’Europa». Matteo Salvini vuole ripristinare le Province, c’è effettiva necessità di rimodulare il decentramento amministrativo? «Assolutamente sì. Penso che il ripristino delle Amministrazioni di area vasta con una rappresentanza a elezione diretta possa costituire non un ritorno al passato bensì un punto di partenza per delegare maggiori funzioni ai territori e avvicinare così ulteriormente i servizi ai cittadini». Il ministro Calderoli ha sostenuto che l’autonomia differenziata deve tornare ad essere una priorità e va attuata entro il prossimo anno. È possibile? «Autonomia significa responsabilità ed efficienza. Il rapporto tra lo Stato e le Regioni non deve basarsi su una lotta di potere per acquisire più competenze; al contrario, è necessario interrogarsi su quale ente sia il più adatto a esercitare le funzioni finalizzate a erogare il miglior servizio possibile per il cittadino. La strada da perseguire è quindi la suddivisione delle competenze liberando il campo da retropensieri di stampo ideologico. Credo peraltro che le Regioni abbiano già dato ampia testimonianza di saper gestire materie anche complesse, spesso investendo meglio le risorse pubbliche a disposizione».Come risponde a chi dice che l’autonomia differenziata va a danno del Sud?«L’autonomia non è, né sarà mai, un’imposizione che giungerà dall’alto ma, al contrario, rappresenterà una risposta concreta alle istanze che dovessero essere avanzate dai territori. Quanto al Sud, non credo affatto che la riforma possa produrre effetti dannosi: al contrario, sono certo che essa possa costituire un’opportunità di crescita, penso ad esempio sul versante dell’erogazione di migliori servizi ai cittadini». Secondo lei è possibile conciliare l’autonomia differenziata con il presidenzialismo o il premierato? «L’accelerazione impressa sul fronte dell’autonomia differenziata può rappresentare un primo passo di una stagione di riforme di respiro più ampio, che chiaramente non può prescindere dall’affrontare il tema dell’accountability e della stabilità degli esecutivi, a cui deve essere garantito un orizzonte operativo sulla falsariga di quanto già accade nelle Regioni e nei Comuni». Parliamo d’immigrazione. Lei ha lanciato un allarme per la cosiddetta rotta balcanica: è stato ascoltato? «Il Friuli Venezia Giulia si trova, suo malgrado, lungo la menzionata rotta balcanica e pertanto paga sulla propria pelle il prezzo dell’emergenza migranti. A intervenire deve per forza essere l’Europa: bisogna impedire che chi vuole entrare irregolarmente possa attraversare liberamente diversi Paesi e giungere fino all’Italia. Ricordo anche che due di questi, Slovenia e Croazia, fanno parte dell’Ue e che pertanto proprio il presidio di quei confini dovrebbe rappresentare il primo argine ai flussi illegali». Lei guida una Regione bellissima che è anche terra di confine e insieme melting pot. Come giudica l’Europa? Le misure green sono giuste? «Penso che l’Europa non debba essere né demonizzata né esaltata a prescindere, ma che ogni analisi debba poggiare sui concreti effetti che le sue politiche hanno avuto, o al contrario non hanno avuto, sui territori. Per quanto riguarda le politiche green, bisogna differenziare quello che è transizione da quello che invece alcuni vorrebbero far passare: ovvero una trasformazione repentina che rischia di far crollare il nostro sistema produttivo e consegnare le chiavi della nostra economia a Paesi che possiedono materie prime e componentistica. Ciò che serve è quindi equilibrio e buonsenso». Come vede la situazione economica sia della sua Regione, un tempo proiettata molto sull’export che ha ad esempio nel vino un punto forte oggi messo in discussione dalla stessa Europa, sia del Paese?«I dati ufficiali ci dicono che l’export in Friuli Venezia Giulia ha registrato, nel 2022, un incremento del 22% sull’anno precedente, con un differenziale positivo di 4 miliardi di euro; nel primo trimestre del 2023 in particolare, la sola esportazione di vini e distillati export ha portato a casa un aumento del 29%. Anche per questo, ritengo sbagliato introdurre etichettature, sulla scorta di quanto deliberato in Irlanda, con contenuti allarmistici che rischiano di arrecare danno a un settore che rappresenta una vera e propria eccellenza non solo regionale ma nazionale». Si è parlato molto di porti, qual è la sua idea su Trieste?«Il 2022 è stato un anno record per il sistema portuale del Friuli Venezia Giulia, che ha chiuso con una crescita superiore al 4% in termini di volumi di traffico movimentati e un incremento prossimo al 16% solo sui container, cui si somma il +15% sul traffico ferroviario. Sono risultati figli di un gioco di squadra tra le istituzioni e i player privati, le cui volontà convergono sul potenziamento di un sistema logistico regionale integrato, che sia in grado di relazionarsi in modo efficace e dinamico con gli altri principali snodi continentali e con i mercati di riferimento». Il tema dell’acciaieria che si dovrebbe costruire a San Giorgio di Nogaro con i capitali del magnate ucraino Rinat Akmethov ha agitato le acque nel suo territorio. A che punto siete?«Siamo al lavoro, assieme ai Comuni interessati, per individuare altri possibili investitori interessati a quell’area, che siano in grado di dare seguito a una riqualificazione, in accordo col territorio, sulla quale la Regione crede molto e ha investito anche molto. Al contempo, credo che la Danieli, eccellenza del Friuli Venezia Giulia, riuscirà a trovare il sito giusto in Italia per realizzare il proprio impianto, in piena armonia con le strategie produttive del Paese».Fra tre settimane a Trieste torna la Barcolana, la festa del mare, della vela, della natura. Lei scommette sulla blue economy? E sui balneari che posizione ha?«Anche grazie al notevole contributo del Friuli Venezia Giulia, l’economia del mare consente all’Italia di occupare il terzo posto - alle spalle di Spagna e Germania - per ricchezza prodotta a livello europeo. Un dato, quello nazionale, fortemente influenzato dall’incidenza di una realtà come Trieste, prima in Italia quanto a valore aggiunto e in termini di esportazioni sia nel settore della cantieristica che dell’ittica. Sul versante dei balneari, auspico che si possa trovare una soluzione di lungo periodo, che consenta di salvaguardare gli investimenti effettuati e che tuteli i posti di lavoro di un settore fondamentale per l’economia nazionale».