
La Tunisia non è un porto sicuro? Il passaggio delle navi deve essere garantito? Come replicare (codici alla mano) al catechismo progressista. Come un catechismo laico, come una giaculatoria politicizzata, come uno scioglilingua ideologico sentito mille volte, ci sono almeno otto argomenti che - per iscritto, o nei talk show, o nei dibattiti - vengono regolarmente usati e ripetuti dalle Ong, dai loro rappresentanti e dai fiancheggiatori della linea secondo cui non ci sarebbero limiti all'immigrazione e all'accoglienza. Abbiamo provato a esaminarli (e a smontarli) uno ad uno. 1 Dicono le Ong (una volta arrivate a Lampedusa): c'è troppa distanza da percorrere per andare altrove (Malta, Tunisia, eccetera). Vero, le distanze sono ragguardevoli. Ma erano notevolissime, e da non sottovalutare, anche le distanze per arrivare in Italia, specialmente sapendo che le autorità di governo avevano o avrebbero opposto un no all'ingresso. E i lunghi giorni di attesa (circa 14, ad esempio, nel caso della Sea Watch) avrebbero agevolmente consentito di raggiungere qualunque altro porto europeo, dalla Spagna alla Francia, e perfino - in ben due settimane - i porti del Nord Europa, da Amburgo a Rotterdam. Dunque, è la deliberata volontà prima degli scafisti e poi delle navi Ong a trattenere in mare gli immigrati.2 Dicono le Ong: non si può andare in Tunisia. La professoressa Anna Bono (Storia e istituzioni dell'Africa, Università di Torino) ha definitivamente confutato questo argomento. La Tunisia ha aderito alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati nel 1957, al Protocollo sui rifugiati nel 1968, alla Convenzione sui rifugiati dell'Unione africana nel 1989. In Tunisia ci sono uffici operativi dell'Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati) e dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), e opera anche la Mezzaluna rossa. Di più: in Tunisia arrivano ogni anno 8 milioni di turisti, tra cui 100.000 italiani. Dunque, non c'è motivo per escludere quel paese dai possibili approdi. 3 Dicono le Ong: e i rifugiati? A parte il fatto (lo abbiamo appena dimostrato rispetto alla Tunisia) che è falso che tutti i Paesi coinvolti nell'eventuale accoglienza non siano legalmente attrezzati, resta un punto di fondo: per gli immigrati illegali, la questione dei profughi è francamente marginale. Tra di loro, i rifugiati con diritto di asilo sono una quota minima. Il resto sono migranti economici clandestini, con i quali la questione dell'asilo non ha quasi mai nulla a che fare. 4 Dicono le Ong: la nostra è una operazione di soccorso. Ma è francamente improprio ritenere che le imbarcazioni, gli scafi e i gommoni intercettati dalle grandi navi Ong siano sempre in emergenza o nel pieno di un naufragio o in un concreto pericolo. Semmai, nella maggioranza dei casi, con o senza contatti preventivi, si tratta sostanzialmente di recuperi concordati, di trasbordi da un'imbarcazione all'altra. E non occorre essere un erede di John Nash o un genio della teoria dei giochi per capire che, piazzandosi strategicamente in alcuni punti del Mediterraneo, una nave Ong quasi certamente fungerà da «calamita» rispetto a scafisti e barconi.5 Dicono le Ong: ma il diritto del mare impone il soccorso. Con questa espressione si fa riferimento a un vasto complesso di norme e trattati (Solas, Convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare, Londra 1974; Sar, Convenzione su ricerca e salvataggio in mare, Amburgo 1979; Unclos, Convenzione Onu sul diritto del mare, Montego Bay 1982). È vero che un principio guida di tutti questi testi è la solidarietà tra navigante e navigante, e quindi il soccorso a chi si trovi in pericolo. Ma quelle convenzioni sono state concepite pensando al naufragio, alle condizioni del mare come fattore che possa creare rischio di vita. Assimilare sic et simpliciter a tutto ciò l'attività (sistematica, illegale e lucrosa) di scafisti e organizzazioni criminali che incassano denaro, usano mezzi spesso non conformi ad alcuna regola di sicurezza e hanno l'obiettivo di creare situazioni del genere, è operazione logicamente e giuridicamente indifendibile. 6 Dicono le Ong: dobbiamo condurre chi viene soccorso in un porto sicuro. Questa affermazione è due volte carica di ambiguità. Una prima volta, perché sarebbe paradossale concludere che gli unici porti sicuri in tutto il Mediterraneo, o in larga parte di esso, siano solo quelli italiani. Una seconda volta, perché un conto è avvicinarsi al porto sicuro, altro conto (non certo consentito da alcuna disposizione) è entrare forzosamente, attraccare a forza, violando in modo ripetuto e pericoloso le disposizioni delle autorità nazionali legittime, o addirittura arrivando a manovre di speronamento. Anche perché, pure nelle situazioni di stallo, l'Italia ha sempre garantito l'assistenza sanitaria e la messa in sicurezza delle persone in condizioni precarie o di fragilità.7 Dicono le Ong: non potete dire «no» al passaggio delle navi. È vero: come principio generale, la già citata Convenzione Onu del 1982 dice che il passaggio di una nave è inoffensivo, dunque autorizzato. Ma aggiunge subito dopo: «Fintanto che non arrechi pregiudizio alla pace, alla sicurezza e al buon ordine dello stato costiero». E poi elenca 12 casi che rendono il passaggio non più inoffensivo. Ecco il più interessante: «Carico o scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello stato costiero». Più chiaro di così? Dunque, anche il diritto internazionale vigente consente alle autorità nazionali di bloccare una nave.8 Dicono le Ong: il quadro normativo europeo… Al di là delle Convenzioni citate, il quadro europeo è lo stesso per tutti. Per quale ragione, in quella stessa cornice, nessuno (Ue, Unhcr, Onu, intellettuali) ha nulla da eccepire se la Francia si blinda totalmente, se la Germania rimpatria sotto sedazione, se la Spagna minaccia di arresto i capi di alcune Ong, e tutta la polemica si concentra solo sul governo italiano? Non parliamo di diritto, allora: è politica e propaganda mediatica.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






