2024-03-01
La sinistra usa i manganellati per attaccare il governo. Ma delle loro idee se ne frega
Massimo Ammaniti insulta gli adulti «fascistoidi»: non ascoltano i ragazzi. Per lui è colpa di una «personalità autoritaria» che «avevano pure i no vax durante la pandemia». per aiutarci a comprendere la mentalità progressista e il modo in cui essa si concretizza nel quotidiano. Per prima cosa notiamo la straordinaria capacità di mistificazione: si discute da giorni di manganelli e proteste, di uso della forza e repressione. Ma non si approfondisce mai, nemmeno per un istante, l’oggetto delle manifestazioni, cioè la questione israelo-palestinese, che è del tutto passata in secondo piano. Il risultato è che si dimentica la curiosa posizione della sinistra istituzionale: si sbraccia per i giovani bastonati a Pisa, ma è ben lungi da condividerne le idee sulle faccende mediorientali. In questo modo riesce mirabilmente a tenere il piede in due scarpe: passa per ribelle senza esporsi. Un capolavoro. Ma anche restando sullo specifico dei manganelli, senza allargarsi alla più ampia diatriba che li ha fatti scattare, si possono rilevare alcuni formidabili meccanismi regolatori del pensiero prevalente. Li ha maestosamente riassunti ieri, in un editoriale sulla Stampa, l’autorevole psicoanalista Massimo Ammaniti. I suoi commenti sulla inesistenza del patriarcato furono astutamente nascosti dal medesimo giornale, ma l’intemerata sulla repressione è stata accuratamente esibita in prima pagina, segno dell’ampia condivisione che incontra. In effetti, Ammaniti con ottima capacità di sintesi offre un illuminante concentrato delle baggianate che in queste ore affollano i crani progressisti. Egli spiega in sostanza che occorre comprendere gli adolescenti protestatari non tanto in virtù delle loro istanze politiche, ma per via della loro età e della loro condizione. Spetta a noi adulti, dice Ammaniti, comprendere le ansie e i turbamenti dei ragazzi. E può anche darsi, ma forse è compito dei genitori o dei terapeuti, non degli agenti in piazza. Il professore però insiste: dobbiamo disancorarci dalle nostre certezze e ascoltare i ragazzi che sono puri, non «offuscati dai pregiudizi e dal disincanto degli adulti». Sfavillante esempio, questo, di culto dell’infanzia. Chi non comprende i giovani e non li asseconda, insiste Ammaniti, è praticamente un fascista. Chi non riverisce gli studenti dimostra un «atteggiamento tipico delle antropologie autoritarie che si sono manifestate in forme estremizzate nelle dittature del passato e del presente, ma che continuano a sopravvivere in quelle persone che pretendono che i giovani debbano personificare le proprie convinzioni e le proprie aspettative, senza tener presente che in questa fase della vita si ha bisogno di sperimentare la propria autonomia e fare le necessarie esplorazioni». Interessante: chissà se farebbe lo stesso discorso qualora in piazza scendessero ragazzi di destra e non antagonisti dei centri sociali.Restiamo però sugli adulti fascistoidi. Ammaniti spiega che è «tipica di queste personalità autoritarie l’intolleranza verso le minoranze, verso i migranti e verso quanti mostrino comportamenti non convenzionali percepiti come un pericolo per la propria identità. Ne abbiamo avuto esperienza durante la pandemia con i no vax che criticavano quanti si allarmavano e cercavano di porre rimedio alla pandemia perché mettevano in discussione le loro certezze. Gli adolescenti non possono non generare incomprensioni e insofferenze in queste persone: sono diversi, contestano spesso gli adulti, manifestano comportamenti contrastanti e sbalzi di umore, criticano gli insegnanti se non si sentono riconosciuti e poi a volte rifiutano le categorie del gender dichiarandosi gay». Ora, a parte le confusione sulle questioni gender di cui, con tutta evidenza, Ammaniti non ha contezza, questo passaggio dell’editoriale è semplicemente meraviglioso, perché dà conto con chirurgica precisione delle contorsioni mentali del sinistrorso odierno, e della sua alienazione. Non c’è cultura più intollerante e violenta nei confronti del dissenso di quella attualmente espressa dai progressisti, veri nemici di quanti manifestino comportamenti non convenzionali. Non a caso Ammaniti ancora inveisce contro i malefici no vax, presentandoli come oppressori quando sono stati ingiustamente e brutalmente oppressi e discriminati. Il suo commento è una clamorosa manifestazione di inversione della realtà, ed è dolorosamente emblematico, perché certifica alcuni fatti. Il primo è che l’intellettuale liberal, solitamente, non è in grado di andare oltre i due o tre stereotipi in cui ama rintanarsi. Il secondo è che costui disprezza profondamente tutto ciò che non capisce. Il terzo è che il progressista difende e sostiene non tanto ciò che condivide, ma soltanto ciò che porta acqua al suo mulino (gli studenti come vittime del governo fascista e non come portatori di contenuti politici; il migrante come figurina dell’oppresso e non come essere umano con convinzioni e bisogni) e contribuisce a rafforzare il suo pur piccolo potere. Se ne deduce che la gran parte delle battaglie condotte pubblicamente dai liberal sono appunto lotte di potere, tentativi spesso patetici di mantenere l’egemonia. Lo studente manganellato vale due lacrimucce finché è uno strumento per montare una polemica contro gli avversari in Parlamento. La minoranza è apprezzabile se può portare qualche voto. Ciò che non serve, al contrario, può serenamente perire. Anzi, deve farlo: per il progressista il dissenso è buono solo quando dissente dalle idee altrui. Cioè quando non esiste.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.