
Parla Alessandro Morelli, l'onorevole a lungo protagonista delle strategie di comunicazione del Carroccio: «La vera “Bestia" è Salvini. Il voto in Emilia? Alla Borgonzoni dico: conquista le donne».Alessandro Morelli è un «giovane veterano» leghista, protagonista e insieme memoria storica di un lungo periodo della comunicazione del Carroccio: ha scritto sull'edizione cartacea della Padania, ha diretto Radio Padania, ed è oggi uno dei volti televisivi della Lega. Deputato dal marzo 2018, presiede la commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera. Ha accettato una conversazione a tutto campo con La Verità sulla strategia mediatica di Matteo Salvini e del suo partito, e sulle contromisure adottate dai suoi avversari. Come funziona oggi la comunicazione della Lega? La sensazione è che Salvini si muova su tre direttrici di fondo: territorio, televisione, social network. «Esatto. Si tratta di un modello piuttosto innovativo rispetto al passato. Prima di tutti noi lo usa ovviamente Salvini, che è un campione della comunicazione e riesce ad “arrivare" anche quando affronta argomenti complessi; poi, a cascata, ciascun esponente della Lega si muove di conseguenza». Quindi i tre piani interagiscono. Eventi fisici rilanciati sui social, programmi televisivi, in una interazione costante tra fisicità, media tradizionali e nuovi media.«Sempre facendo riferimento a Salvini come perno e punta di diamante. Devo dire che resto piuttosto sorpreso quando leggo polemiche stravaganti sulle presenze tv di Salvini e la sua copertura mediatica rispetto ad altri leader. Ma è naturale che sia così: per la Lega parla soprattutto Salvini, mentre gli altri frammentano i loro tempi di presenza su 10-12 esponenti, la cui somma, come tempo, è peraltro ben superiore a quella di Salvini. Per non dire che la diversità di voci e di idee tra gli esponenti di uno stesso partito genera confusione e un senso di litigiosità interna costante».Però quando è iniziata l'avventura di Salvini segretario la scalata è stata dura.«Per anni le tv non ci davano grandi spazi. Quando nel 2013 siamo partiti con Matteo segretario, ci siamo dovuti inventare tutto. Per fare un esempio: spesso ero io che guidavo il camper, ero io che facevo i comunicati stampa, ero io che realizzavo i video che poi il gruppo social avrebbe montato e pubblicato. Ma tutto, allora come ora, partiva dall'impegno personale massacrante del leader, anche con 10 eventi al giorno sul campo. Di recente un giornalista di sinistra mi ha detto: “Però devo ammettere che Salvini lavora come una bestia…"».A proposito di «bestia». Come va la poderosa macchina online di Salvini, genialmente animata e guidata da Luca Morisi? «Le dico una sola cosa: trattandosi di un settore fondamentale, non poteva e non può essere lasciato al caso, e servono professionisti al top. E poi - lo ripeto ancora - è importante l'interazione tra i tre elementi che dicevamo all'inizio: non puoi stare solo in tv o essere solo virtuale o stare solo a fare comizi. Servono tutte e tre le cose, incrociandole e moltiplicandole: territorio, tv e Internet».Com'è questa storia? Quando le campagne online massicce le faceva Barack Obama, era il sol dell'avvenire. Quando le fanno Donald Trump, Boris Johnson e Matteo Salvini, sono pericolosi fascisti… «È un film che abbiamo già visto. Quando le facevano gli altri, applausi. Se invece le facciamo noi (spesso meglio), improvvisamente dai nostri avversari vengono fuori strane idee di censura, regole più stringenti e perfino assurde, password uniche... Si vorrebbe imbrigliare quella libertà del Web che fino a ieri era ritenuta intoccabile».Spostiamoci in tv. Mi domando come mai la sinistra continui a commettere compulsivamente lo stesso errore fatto con Silvio Berlusconi per 20 anni: se parli solo del tuo avversario, è lui che rimane costantemente al centro del ring…«Vedendo gli errori che vengono commessi quotidianamente dalla sinistra, mi capita di pensare che alcuni commentino le notizie del pianeta Terra avendo però il telescopio puntato da Marte… Non centrano mai l'obiettivo, vivono su un altro pianeta. Non si rendono conto del fatto che proprio per la sua presenza sui territori Salvini intercetta prima di loro i bisogni della signora di Pinerolo o di Recanati o di Rosarno…».Anche al di là del territorio e dell'arrivare prima, c'è anche un fattore qualitativo, di atteggiamento. Non serve aver letto Vladimir Propp e Morfologia della fiaba per sapere che tra l'«eroe» e il «nemico» che vuole solo uccidere l'eroe, il pubblico è orientato a stare con l'eroe…«Oltre alla lontananza, c'è questa presunta superiorità culturale della sinistra: pensano di sapere tutto della vita, del lavoro, quando poi sono i primi a essere distaccati dalla realtà. A un interlocutore tempo fa l'ho detto, e poi ha taciuto per il resto del programma: io, che vengo da un quartiere popolare, so cosa sia il tema dell'immigrazione e il suo impatto sulla gente reale; lei al massimo deve fare l'F24 per i suoi filippini... È rimasto ammutolito».Possibile che a sinistra non riescano a fare due cose semplici? La prima: trovare una loro agenda in positivo e promuoverla. Tre punti, tre proposte, e battere su quelle.«Eh, ma dovrebbero prima trovarle. Come fanno se la pensano in modo diverso su tutto? Pensi a Pd, Italia viva, Leu… Hanno troppe voci discordanti sui temi decisivi, anche valoriali, per trovare una quadra».La seconda: inventarsi una comunicazione più «simpatica», cioè meno sprezzante verso la gente. «Torniamo al piedistallo di cui parlavamo poco fa, a una prosopopea che ormai la gente non sopporta più».Avversari bravi in tv? Vuole elogiare qualcuno? «Finché era sulla cresta dell'onda, indubbiamente Matteo Renzi era un buon comunicatore. Poi però si è perso proprio a causa di quel “so tutto io" che risulta antipaticissimo, specie se messo a confronto con avversari che magari parlano in modo più diretto, ma sono in connessione costante e vera con la gente».Altri che invece (ehm) inconsapevolmente lavorano per voi, nel senso che aogni loro apparizione Salvini guadagna voti? «Non voglio sparare sulla Croce rossa, tipo citare il Gianfranco Librandi della situazione. Ma certo - lo dico sorridendo - si potrebbe fare una specie di “lista di proscrizione" al contrario, un elenco di quelli a cui dovremmo augurare lunga vita visti i danno che fanno alla loro stessa parte politica».Sta dicendo che a qualche avversario dovreste dare una specie di tessera d'onore della Lega?«Pensi a Vauro Senesi, a Laura Boldrini, a Gad Lerner. Pensi anche, su un piano diverso, alle polemiche di Fabio Fazio. Grazie ai loro comizi televisivi, spesso le persone capiscono che abbiamo ragione noi. Dovremmo fare dei manifesti davanti alle sedi leghiste per ringraziarli».C'è qualcuno che è trattato in guanti bianchi dalle tv?«Beh, Giuseppe Conte. Vorrei vederlo non nelle situazioni e nei contesti ovattati che la Rai crea per lui, ma in un programma in cui fosse sottoposto a un dibattito vero, a un contraddittorio reale».Voi lasciate liberi i vostri esponenti di accettare gli inviti o avete un meccanismo di minima gestione e razionalizzazione delle presenze televisive? «Non siamo tutti onniscienti, ed è ragionevole che se in un programma si parla di economia o di autostrade vada chi fra noi segue quotidianamente quei temi. Un coordinamento è indispensabile, e per noi è un plus il fatto di avere esponenti che si occupino a tempo pieno di alcune materie».Ci racconti la volata finale mediatica per l'Emilia Romagna. In quest'ultima settimana, che devono fare i due fronti? Dimentichi di essere parte in causa. Dia un consiglio mediatico a Lucia Borgonzoni e uno al suo avversario, Stefano Bonaccini.«Alla Borgonzoni direi di rivolgersi all'elettorato femminile: può farlo, ed è un elemento di verità. A Bonaccini direi invece: meno spocchia».Nella commissione che lei presiede alla Camera, avete svolto una lunga indagine conoscitiva su come cambierà la comunicazione, a partire dal 5G. È evidente - anche lasciando da parte il 5G e le rilevantissime questioni geopolitiche e non solo tecnologiche che si porta dietro - che il ruolo dell'automazione, degli algoritmi, modificherà non solo la fruizione ma pure la produzione dell'informazione.«Ci sono enormi occasioni da cogliere, ma anche criticità che possono emergere da questi processi. Certo, cambierà il nostro modello di vita. Alcune parti del lavoro giornalistico, quelle più “seriali", saranno automatizzate: pensi al meteo, tra qualche tempo. Da un lato, può essere una fortuna, nel senso che ciò potrebbe liberare energie umane per aspetti più pregnanti dell'attività giornalistica. Ma dall'altro c'è il rischio - lo dico estremizzando - che prima o poi a qualcuno venga in mente di fare proprio tutto con gli algoritmi, magari perfino un editoriale…».L'hanno capito i mainstream media o sono ancora troppo autoreferenziali?«Gli amministratori delegati dei grandi gruppi certamente sì. Molti giornalisti, temo purtroppo ancora di no».
Ansa
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