2020-11-03
Mancano i soldi per i nuovi ristori ma Pd e M5s resuscitano il Mes
Roberto Gualtieri (Augusto Casasoli - Pool/Getty Images)
Gli indennizzi agli imprenditori costretti allo stop, già esigui, non copriranno le perdite delle ulteriori serrate imposte. Però per dem e grillini è più urgente rimettere sul tavolo del dibattito l'ipotesi del Fondo salva Stati.Nel quadro di una pressoché totale mancanza di strategia economica da parte del governo, ricomincia la tarantella intorno al Mes, resa peraltro abbastanza surreale dal fatto che l'esecutivo ha ancora in cassa molte risorse non spese dei 100 miliardi stanziati tra marzo e l'estate scorsa: quindi, nulla impedirebbe a Giuseppe Conte di investire immediatamente per coprire le esigenze del sistema sanitario. E quand'anche non si volesse far ricorso a quei fondi, sarebbe possibile ricorrere a nuove emissioni di titoli nazionali, profittando dei rendimenti negativi: aspetto che rende del tutto superata la presunta convenienza, in termini di tassi, dei prestiti Mes. Eppure è ripartito il ballo del Fondo salva stati. La risoluzione presentata dalla maggioranza ieri alla Camera (a prime firme dei capigruppo Crippa, Delrio, Boschi, Fornaro, Tabacci, Tasso, Gebhard) ripropone il tema, sia pure con un minimo di cautela sui tempi e sui modi, impegnando il governo «ad assumere ogni decisione sul ricorso alla linea di credito sanitaria del Mes solo a seguito di un preventivo e apposito dibattito parlamentare e previa presentazione da parte del governo di un'analisi dei fabbisogni e di un piano dettagliato dell'utilizzo degli eventuali finanziamenti». Curiosamente, la maggioranza non sembra nemmeno porsi il problema di chiedere la modifica in sede Ue dei regolamenti vigenti (in particolare il 472 del 2013, tuttora perfettamente valido) che può consentire alle autorità europee di imporre ai beneficiari del Mes l'adozione delle temibili «misure correttive» (cioè aumenti di tasse e tagli, articolo 14 comma 4 del regolamento). L'unica cosa che contava, ieri, per i partiti di maggioranza, era menzionare il tema tenendolo in agenda (per far contento il Pd) ma senza forzare troppo (per non far esplodere i grillini). Da segnalare che l'atteggiamento del quadripartito giallorosso è parso troppo frenato ai pasdaran del Mes (Più Europa e Azione) che hanno presentato una risoluzione autonoma per imporre l'uso del Fondo, senza alcuna attesa. Dall'altro lato dell'emiciclo, invece, va segnalata l'unitarietà della risoluzione Lega-Fdi-Fi, e complessivamente l'azione coesa del centrodestra, il che rende decisamente meno d'attualità e politicamente più remote le ipotesi di soccorso azzurro al governo con il pretesto del Fondo salva stati. L'altro tema economico - più legato al dramma dell'economia reale - è quello dei ristori promessi alle attività colpite dalle misure restrittive. Il governo continua a proclamare che il relativo bonifico su conto corrente arriverà entro il 15 novembre, ma restano almeno tre macigni. Il primo riguarda l'esiguità delle somme, tra i 4 e i 5.000 euro in media per ciascuna impresa: una somma risibile, se confrontata al calo di fatturato. Il secondo macigno ha a che fare con le attività non indennizzate con il dl ristori. E il terzo riguarda il clamoroso svarione che, avendo erroneamente escluso in prima battuta molti codici Ateco, e quindi diversi settori, imporrà fatalmente procedure più lente e nuove domande (se va bene, il mini indennizzo sarà pagato entro metà dicembre). Resta infine una questione di fondo, e cioè la strategia economica complessiva del governo. Giuseppe Conte aveva promesso a più riprese di rendere pubblico e di sottoporre a esame parlamentare il Recovery Plan: ma di tutto questo non c'è traccia. Quindi non solo tutta l'operazione europea detta «Recovery Fund» è assolutamente incerta nel suo esito (quanti fondi, ripartiti come, quanti a fondo perduto e quanti come prestiti, a quali condizioni, con quali tempi), ma la stessa procedura italiana per incanalarli su progetti e linee di investimento è totalmente avvolta nella nebbia. Eppure - altro paradosso - proprio a un'anticipazione dei fondi europei, nella non irrilevante misura di ben 15 su 40 miliardi, è legata l'impostazione della manovra predisposta dall'esecutivo. Manovra che a questo punto appare più che mai scritta sull'acqua. Tra l'altro, il governo continua a negare l'evidenza, rifiutandosi di aprire una discussione sincera sul fatto che, essendo totalmente cambiato il contesto, anche la finanziaria andrà totalmente riscritta, con ordini di grandezza assolutamente da rivedere. Non basteranno i 40 miliardi (di cui 15, come detto, tecnicamente appesi a qualcosa che ancora non esiste), soprattutto se avremo davanti un lungo inverno di lockdown, chiusure e restrizioni. Al di là del livello di mortalità di imprese che ciò determinerà, elementare prudenza imporrebbe di iniziare a discutere di stanziamenti economici elevatissimi per un ristoro vero (non solo omeopatico) alle aziende, che tenga conto anche delle prossime e certe perdite dovute all'ulteriore serrata che dovranno subire le attività di ristoratori e commercianti. Ma anche per la cassa integrazione, per i necessari investimenti, per i tagli di tasse indispensabili se si vuole prima o poi sperare in un minimo di ripresa, e - da qui ad allora - per un «semestre bianco» fiscale, visto che non si comprende dove e come gli italiani potranno trovare la liquidità per far fronte alle scadenze tributarie.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
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