
L'alligatore protegge i cuccioli infilandoseli in bocca, il fratino affronta ogni rischio per difendere i pulcini. E il polpo gigante, pur di non abbandonare le uova, salta i pasti.L'istinto materno non conosce confini né distinzioni di specie. Anche nel regno animale. Partendo dai mammiferi per arrivare agli invertebrati, gli esempi di femmine che affrontano sacrifici indicibili pur di assicurare un futuro alla loro prole sono tanti. A cominciare dalle imprese delle femmine dei ragni lupi (famiglia Lycosidae). Le madri di questi agili aracnidi australiani portano con sé le uova, anche durante la caccia, in un sacco di seta posizionato sull'addome. E dopo la schiusa il lavoro non è finito: i piccoli si arrampicano immediatamente sul dorso della mamma e vi rimangono avvinghiati in massa per diversi giorni, per ricevere le prime cure parentali.La femmina di rospo del Suriname (Pipa pipa) s'è inventata un altro ingegnoso sistema per proteggere le sue uova: invece di lasciarle in acqua, dove sarebbero vulnerabili ai predatori, le incorpora nella pelle del dorso, dove rimangono fino allo stadio di girini e oltre. I rospetti appena formati, lunghi circa 2 centimetri, emergono poi da una miriade di fori posti sulla schiena materna, per iniziare una vita in gran parte solitaria. E la mamma si può finalmente liberare, oltre che del pesante ingombro, pure della pelle butterata. Altrettanto impegnativa è la vita della lontra di mare (Enhydra lutris), visto che i cuccioli trascorrono buona parte del tempo a prendere il sole sul ventre della mamma. Persino se i piccoli muoiono le madri continuano a trasportare i cadaverini sull'addome, anche per diversi giorni. E quando devono immergersi a caccia di cibo, lasciano il piccolo avvinghiato nel kelp (un tipo di alga), per impedire che sia trasportato lontano dalla corrente.La madre più eroica del regno animale è però la femmina di polpo gigante del Pacifico (Enteroctopus dofleini), che dopo aver deposto nella tana tra le 100.000 e le 500.000 uova, se ne sta immobile in attesa della schiusa per cinque mesi, senza mangiare nulla, arrivando a perdere fino a un terzo del suo peso. Mamma polpo non abbandona le uova nemmeno per un istante, e coi tentacoli le accarezza di continuo, con grande delicatezza, in modo che l'acqua circoli e porti ossigeno ai piccoli. A volte, non appena i polpetti grandi quanto un chicco di riso iniziano a nascere, la madre muore. Stremata dalla fame e dalla fatica, ma consapevole di aver portato a termine il suo compito. Un'altra mamma pronta a dare la vita per i suoi piccoli è la femmina di fratino (Charadrius alexandrinus), un piccolo uccello migratore a rischio di estinzione che nidifica anche in Italia sulle dune costiere. Mamma fratino scava una semplice buca nella sabbia, la decora con conchiglie, poi vi depone le sue uova. Dopo 25 giorni, quando nascono i pulcini, per difenderli dai numerosi pericoli è disposta a tutto. Anche a fingersi ferita, con un'ala rotta, per distrarre il predatore, di solito un gabbiano, e farsi inseguire. Stoica anche la femmina di bucero di Sulawesi (Rhyticeros cassidix): dopo aver deposto le uova nella cavità di un albero, questo uccello dal grosso becco giallo ha il problema di difenderle dai serpenti che ne vanno ghiotti. La soluzione? Si tumula nella cavità assieme alle uova e tappa l'uscita elevando un «muro» fatto delle sue stesse feci in cui lascia solo un piccolissimo spiraglio da cui il maschio le porgerà frutta e semi per non farla morire di fame durante i due mesi della cova. Le femmine di alligatore americano (Alligator mississippiensis), che pure non ispirano immediata tenerezza, sono iperprotettive con i loro cuccioli. Quando nascono i coccodrillini, lunghi appena 22 centimetri, lei, forte dei suoi 4 metri di lunghezza, ne prende in bocca 8-10 per volta, formando una tasca con la lingua. Non certo per divorarli, come si potrebbe pensare, ma per trasportarli al sicuro, verso l'acqua. Alcune, per stare più tranquille, rompono le uova tra i denti poco prima della schiusa in modo che, tra le sue fauci, i piccoli siano al riparo da ogni pericolo fin dal primo istante di vita. Pure certe madri pesce, per esempio nei Ciclidi, usano nascondere in bocca i giovani avanotti ogni volta che si presenta un pericolo.Altra mamma eccezionale è la femmina del granchio delle bromeliacee (Metopaulias depressus), che vive nelle foreste della Giamaica in piccole quantità d'acqua piovana raccolta nelle foglie: dopo aver deposto le sue larve all'interno di queste pozzette, non solo si preoccupa di difenderle e alimentarle portando piccole prede, ma pulisce la piscinetta dai detriti, la ossigena e regola il ph attraverso i carbonati di gusci di chiocciola che vi depone. Mentre le femmine degli insetti del genere Cryptocercus, che si alimentano di sostanze legnose e quindi scarsamente utilizzabili dai piccoli, per nutrire la prole si sono inventati un particolare stratagemma: producono cibo predigerito direttamente dall'ano, una sorta di omogeneizzato molto ricco di proteine. Insomma, nel regno animale l'istinto materno rappresenta la scelta vincente nella grande sfida della riproduzione. Naturalmente esistono delle eccezioni. Per esempio, nonostante il tenero aspetto, le mamme criceto posso trasformarsi in killer spietate capaci di divorare i loro piccoli. Ma si comportano così solo perché produce nidiate molto più numerose di quelle che è in grado di allevare. «Non sanno quanto cibo sarà disponibile», spiega Scott Forbes, biologo della University of Winnipeg e autore del libro A Natural History of Families. «Così danno alla luce qualche piccolo in più per assicurarsi una discendenza sana anche se il cibo scarseggia o se qualche neonato ha dei difetti». Anche la femmina della lucertola Mabuya longicaudata sembra essere particolarmente perfida: se depone le uova quando ci sono predatori in giro, le mangia prima che schiudano. In realtà «sottrae la prole a una sorte inevitabile e allo stesso tempo assume un cibo ricco di nutrienti», spiega Forbes, «assicurandosi la possibilità di riprodursi di nuovo». La femmina dell'aquila nera, poi, lascia serenamente che i figli azzuffino fra loro. E, come spesso accade, non si scompone neanche se uno di loro muore ammazzato dal fratello. In realtà queste aquile mettono in atto una strategia comune a vari uccelli: le lotte fra i figli contribuiscono a destinare le risorse di cibo a chi ha più probabilità di sopravvivere. Per loro la priorità non è la sopravvivenza della prole, ma della specie.
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