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2021-04-18
Dal ruolo di Malta ai diari di bordo. I buchi nelle accuse all’ex ministro
Ansa
Nonostante le evidenti contraddizioni, l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, dovrà affrontare un processo: il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Palermo ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio che aveva avanzato la Procura per il caso dell'Ong spagnola Open Arms, tutta concentrata sulla mancata assegnazione del Pos, il place of safety. Il comandante della Open Arms, Marc Reig Creus, nell'agosto 2019 rimase con 14 passeggeri a bordo, raccolti in tre diverse operazioni in mare, in attesa di un attracco per 20 giorni, sei dei quali di fronte alla costa di Lampedusa. Durante il governo Conte bis, però, ci sono Pos concessi anche dopo dieci giorni, come è accaduto con la Ocean Viking. E anche con il ministro Luciana Lamorgese in alcuni casi si sono verificate attese che vanno dai cinque ai dieci giorni. Il giudice non deve averne tenuto conto. Così come non deve essere stato considerato il concomitante e prevalente obbligo di Malta ad assumesse la responsabilità degli eventi e guidare la Open Arms verso lo sbarco alla Valletta, che contestò la propria competenza e la responsabilità di coordinamento dell'evento, rilevando che i migranti erano stati soccorsi al di fuori dell'area Sar di Malta. Solo per l'ultimo soccorso di 39 migranti, Malta si era resa disponibile per lo sbarco. «Il comandante della nave rifiutò questa soluzione», ha affermato con forza l'avvocato Giulia Bongiorno, che difende Salvini, in udienza, «assumendo che avrebbe potuto provocare rivolte da parte delle persone imbarcate nei precedenti episodi». Il governo di Malta inviò quindi una mail alla Open Arms mettendo in copia l'Rcc Spagna: «Non avete nemmeno l'autorità per imporre le vostre condizioni al Ree competente, facendo così ostacolate un soccorso. È stato messo in copia per conoscenza al vostro Stato di bandiera, per informarlo delle vostre azioni». Il comandante se ne fregò. E anche il governo spagnolo, visto che dall'Italia era stata affermata la competenza di quello Stato che, quindi, avrebbe dovuto assumere il coordinamento degli eventi, fornendo o garantendo che fosse fornito un porto sicuro.
Fu il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, a ricordare agli spagnoli «che le autorità italiane non hanno in alcun momento assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, avvenute ben al di fuori della area Sar di responsabilità italiana». È qui che avrebbe preso uno scivolone chi ha redatto la relazione del tribunale di Palermo secondo la quale al 14 agosto 2019 l'Italia avrebbe avuto una competenza «concorrente» con Malta. Il comandante della Open Arms, dunque, contravvenendo alle regole Sar, non consentì lo sbarco sul territorio maltese degli ultimi 39 migranti, trattenendo tutti a bordo e continuando a stazionare in area maltese. «In quei giorni», ricostruisce Bongiorno, «Open arms non è abbandonata a sé stessa, è stata sorvolata da tutti e tutti offrono aiuto. Aerei militari, petroliere, aerei di ricognizione, Ocean Viking, altri natanti, un veliero. Con un certo numero di migranti a bordo, decisamente superiore a quelli indicati per la capienza, Open arms decide di bighellonare per 13 giorni. Ma con Salvini si ritiene grave il tempo atteso prima del Pos, ovvero meno della metà del tempo. Dal 14 al 20 agosto. Non c'è sequestro di persona se si bighellona 13 giorni, ma c'è sequestro se si è ormeggiati la metà del tempo?».
Il reato di sequestro di persona, con minori coinvolti, è punito con una pena che arriva fino a 15 anni di carcere. Ma anche sul numero dei passeggeri Bongiorno nutre dei dubbi: «Non si capisce il numero di migranti a bordo. Il 9 agosto risulta che c'era una imbarcazione che stava rientrando a Lampedusa, affianca un gommone di Open Arms, e da un video risulta un trasbordo di scatole e di alcune persone sul gommone. Ma i migranti non sono oggetti. Non possono essere trattati così». Poi la Open Arms puntò verso l'Italia. «Era ormeggiata il 14 agosto», sottolinea in udienza Bongiorno, «c'era la crisi di governo. Una serie di persone salgono e scendono, salgono politici e il sindaco di Lampedusa, il presidente della Ong, una squadra di psicologi, vengono fatte alcune evacuazioni mediche, risalgono psicologi e l'armatore. E poi, visto che siamo a processo perché questa nave era abbandonata a sé stessa e nessuno poteva muoversi, il 14 agosto c'è una chiamata di Open Arms alla capitaneria. Sa cosa chiedono, signor giudice? “Vogliamo scendere per fare acquisti"». Ed effettivamente si parte per lo shopping, «stile via del Corso o via Montenapoleone», chiosa Bongiorno. Open Arms, insomma, non era una zattera in mezzo al mare. «C'è una pagina del diario», ricorda ancora Bongiorno, «15 agosto 2019 alle 3.23. Il comandante annota: “Lampedusa ci dà il Pos in ormeggio". Cioè un posto sicuro. Come si può scrivere in un capo di imputazione che manca un Pos?». E ad affermarlo fu proprio il comandante della Open Arms. Nonostante queste e tante altre evidenze, il gup di Palermo ha sentenziato: «Non ci sono gli elementi per il non luogo a procedere di Salvini».
Il leader del Carroccio replica sui social: «Avanti a testa alta, convinto di avere da ministro servito l'Italia nel rispetto della legge». E se per la Gregoretti (anche in quel caso a Salvini è contestato il reato di sequestro di persona per il ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019 ad Augusta), l'ex ministro e il suo difensore hanno potuto mettere in cassaforte un risultato importante, ovvero la richiesta, formulata il 10 aprile scorso dalla Procura, di non luogo a procedere, per Open Arms, nonostante il divieto di ingresso di Open Arms in acque italiane, come evidenziato dalla Bongiorno, sarebbe stato firmato oltre che da Salvini anche dai ministri «Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta», a processo ci andrà solo il Capitano della Lega. Prima udienza il 15 settembre prossimo, davanti ai giudici della seconda sezione penale.
Il Pd glissa, Lucano riesuma il «modello Riace»
Dopo il rinvio a giudizio di Matteo Salvini, per Enrico Letta si profila un classico scavalcamento a sinistra. Il fondatore dell'Ong spagnola Open arms, Oscar Camps, non ha gradito le prove di disgelo dell'altro giorno tra il leader leghista e il segretario dem: «Letta ha chiesto scusa a Salvini per aver indossato la mia felpa di Open Arms? Sono politici, oggi si baciano e domani litigano». Quanto alla decisione del gup, l'attivista l'ha buttata sullo scontro apocalittico: «Che il processo sia l'occasione per giudicare un pezzo di storia europea». La sua organizzazione, su Twitter, giubilava: «Felici per tutte le persone che abbiamo tratto in salvo». A rincarare la dose, l'alleata Mediterranea saving humans: «C'è un giudice, più d'uno, a Palermo. E da oggi possiamo sperare che presto il rispetto del diritto internazionale possa essere ripristinato nel nostro Paese».
Sui guai giudiziari del nemico politico, ma alleato nel governo Draghi, il Pd ieri ha preferito glissare. Nessuna reazione persino da chi, sui taxi del mare, ci saliva, per solidarietà con i migranti, come Matteo Orfini e Maurizio Martina. S'è esposto solo Erasmo Palazzotto, di Leu, che nel 2019 era finito indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, essendosi imbarcato sul veliero Alex, di Mediterranea: «Non so se ci sarà un giudice a Palermo o a Berlino che la condannerà per la sua disumanità, senatore Salvini, quello che so è che per il momento, anche se si dà molto da fare nella sua veste di lotta e di governo, quella stagione illegittima e disumana è archiviata». Soddisfatti anche i legali delle parti civili. Ma la reazione più surreale arriva da Mimmo Lucano, il quale, deciso a rientrare in politica in Regione Calabria al fianco di Luigi de Magistris, ha approfittato del rinvio a giudizio dell'ex ministro del Carroccio per riabilitare il modello Riace: «Io non ho mai soddisfazione quando qualcuno finisce a giudizio anche se si tratta di una persona che ha una visione lontana dalla mia. Al di là degli aspetti processuali spero che questo serva a Matteo Salvini per riflettere. Spero che in parte possa comprendere le sofferenze degli altri. Riace non è stata una teoria ma una realtà autentica, con storie di sofferenze che sono state raccontate al mondo: quando arrivavano i migranti noi abbiamo aperto le porte, facendo rinascere il nostro borgo, facendolo diventare una comunità del mondo». Per Totò Martello, sindaco di Lampedusa, che pure si lamenta quando l'hotspot della sua isola si trasforma una polveriera, la decisione del gup è «una ulteriore conferma di quello che è avvenuto nell'anno in cui Salvini era a capo del Viminale».
Di segno opposto, naturalmente, gli interventi del centrodestra. Giorgia Meloni ha definito «scioccante» il rinvio a giudizio di Salvini, il quale «ha fatto solo quello che il suo mandato gli imponeva di fare: difendere i confini della nazione e combattere l'immigrazione clandestina di massa». Per il capogruppo di Fi alla Camera, Roberto Occhiuto, con l'ex ministro è stato adottato il «metodo Berlusconi», il che dimostra che non è più rinviabile «una organica riforma della Giustizia». Di decisione che «rischia di apparire politica, in una sede però che dalla politica dovrebbe prescindere», ha parlato Maurizio Gasparri.
Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini, ha sottolineato che il rinvio a giudizio non implica una «valutazione negativa». Semplicemente, il giudice ha stabilito di «andare in un altro grado per approfondire». Il senatore, però, è contrariato, anche se ha rivendicato il successo del suo pressing per le riaperture: «Sono contento per aver contribuito a dissequestrare milioni di italiani». E ha proseguito: «Passare per sequestratore proprio no. Ho agito da padre e cristianamente sopporto. Quello che si è deciso in quest'aula ha un sapore politico più che giudiziario. Nei prossimi mesi gli italiani potranno assistere a chi interpreta la Giustizia alla Palamara. Al processo emergeranno delle verità. Io ricordo a me stesso che si tratta di una nave spagnola, che ha raccolto migranti in acque libiche e maltesi, ha rifiutato uno sbarco a Malta, un porto in Spagna, un secondo porto in Spagna e ha rifiutato l'arrivo di una nave spagnola».
Salvini, che si è fermato a Capaci per rendere omaggio a Giovanni Falcone, ha ricordato anche l'articolo 52 della Costituzione, per cui la difesa della patria è sacro dovere del cittadino: «Vado a processo per questo, per aver difeso il mio Paese? Ci vado a testa alta, anche a nome vostro. Prima l'Italia. Sempre». E l'odissea giudiziaria continua.
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Caso Open Arms, il leghista rinviato a giudizio. Giulia Bongiorno: «La decisione fu condivisa». Ignorate le funzioni di Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, come gli analoghi alt alle navi Ong imposti da Luciana Lamorgese. E le carte sono piene di sviste.Solidarietà da Fi e Giorgia Meloni: «Scelta scioccante». E Oscar Camps rimbrotta Enrico Letta: «S'è scusato per la foto con me».Lo speciale contiene due articoli.Nonostante le evidenti contraddizioni, l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, dovrà affrontare un processo: il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Palermo ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio che aveva avanzato la Procura per il caso dell'Ong spagnola Open Arms, tutta concentrata sulla mancata assegnazione del Pos, il place of safety. Il comandante della Open Arms, Marc Reig Creus, nell'agosto 2019 rimase con 14 passeggeri a bordo, raccolti in tre diverse operazioni in mare, in attesa di un attracco per 20 giorni, sei dei quali di fronte alla costa di Lampedusa. Durante il governo Conte bis, però, ci sono Pos concessi anche dopo dieci giorni, come è accaduto con la Ocean Viking. E anche con il ministro Luciana Lamorgese in alcuni casi si sono verificate attese che vanno dai cinque ai dieci giorni. Il giudice non deve averne tenuto conto. Così come non deve essere stato considerato il concomitante e prevalente obbligo di Malta ad assumesse la responsabilità degli eventi e guidare la Open Arms verso lo sbarco alla Valletta, che contestò la propria competenza e la responsabilità di coordinamento dell'evento, rilevando che i migranti erano stati soccorsi al di fuori dell'area Sar di Malta. Solo per l'ultimo soccorso di 39 migranti, Malta si era resa disponibile per lo sbarco. «Il comandante della nave rifiutò questa soluzione», ha affermato con forza l'avvocato Giulia Bongiorno, che difende Salvini, in udienza, «assumendo che avrebbe potuto provocare rivolte da parte delle persone imbarcate nei precedenti episodi». Il governo di Malta inviò quindi una mail alla Open Arms mettendo in copia l'Rcc Spagna: «Non avete nemmeno l'autorità per imporre le vostre condizioni al Ree competente, facendo così ostacolate un soccorso. È stato messo in copia per conoscenza al vostro Stato di bandiera, per informarlo delle vostre azioni». Il comandante se ne fregò. E anche il governo spagnolo, visto che dall'Italia era stata affermata la competenza di quello Stato che, quindi, avrebbe dovuto assumere il coordinamento degli eventi, fornendo o garantendo che fosse fornito un porto sicuro. Fu il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, a ricordare agli spagnoli «che le autorità italiane non hanno in alcun momento assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, avvenute ben al di fuori della area Sar di responsabilità italiana». È qui che avrebbe preso uno scivolone chi ha redatto la relazione del tribunale di Palermo secondo la quale al 14 agosto 2019 l'Italia avrebbe avuto una competenza «concorrente» con Malta. Il comandante della Open Arms, dunque, contravvenendo alle regole Sar, non consentì lo sbarco sul territorio maltese degli ultimi 39 migranti, trattenendo tutti a bordo e continuando a stazionare in area maltese. «In quei giorni», ricostruisce Bongiorno, «Open arms non è abbandonata a sé stessa, è stata sorvolata da tutti e tutti offrono aiuto. Aerei militari, petroliere, aerei di ricognizione, Ocean Viking, altri natanti, un veliero. Con un certo numero di migranti a bordo, decisamente superiore a quelli indicati per la capienza, Open arms decide di bighellonare per 13 giorni. Ma con Salvini si ritiene grave il tempo atteso prima del Pos, ovvero meno della metà del tempo. Dal 14 al 20 agosto. Non c'è sequestro di persona se si bighellona 13 giorni, ma c'è sequestro se si è ormeggiati la metà del tempo?». Il reato di sequestro di persona, con minori coinvolti, è punito con una pena che arriva fino a 15 anni di carcere. Ma anche sul numero dei passeggeri Bongiorno nutre dei dubbi: «Non si capisce il numero di migranti a bordo. Il 9 agosto risulta che c'era una imbarcazione che stava rientrando a Lampedusa, affianca un gommone di Open Arms, e da un video risulta un trasbordo di scatole e di alcune persone sul gommone. Ma i migranti non sono oggetti. Non possono essere trattati così». Poi la Open Arms puntò verso l'Italia. «Era ormeggiata il 14 agosto», sottolinea in udienza Bongiorno, «c'era la crisi di governo. Una serie di persone salgono e scendono, salgono politici e il sindaco di Lampedusa, il presidente della Ong, una squadra di psicologi, vengono fatte alcune evacuazioni mediche, risalgono psicologi e l'armatore. E poi, visto che siamo a processo perché questa nave era abbandonata a sé stessa e nessuno poteva muoversi, il 14 agosto c'è una chiamata di Open Arms alla capitaneria. Sa cosa chiedono, signor giudice? “Vogliamo scendere per fare acquisti"». Ed effettivamente si parte per lo shopping, «stile via del Corso o via Montenapoleone», chiosa Bongiorno. Open Arms, insomma, non era una zattera in mezzo al mare. «C'è una pagina del diario», ricorda ancora Bongiorno, «15 agosto 2019 alle 3.23. Il comandante annota: “Lampedusa ci dà il Pos in ormeggio". Cioè un posto sicuro. Come si può scrivere in un capo di imputazione che manca un Pos?». E ad affermarlo fu proprio il comandante della Open Arms. Nonostante queste e tante altre evidenze, il gup di Palermo ha sentenziato: «Non ci sono gli elementi per il non luogo a procedere di Salvini». Il leader del Carroccio replica sui social: «Avanti a testa alta, convinto di avere da ministro servito l'Italia nel rispetto della legge». E se per la Gregoretti (anche in quel caso a Salvini è contestato il reato di sequestro di persona per il ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019 ad Augusta), l'ex ministro e il suo difensore hanno potuto mettere in cassaforte un risultato importante, ovvero la richiesta, formulata il 10 aprile scorso dalla Procura, di non luogo a procedere, per Open Arms, nonostante il divieto di ingresso di Open Arms in acque italiane, come evidenziato dalla Bongiorno, sarebbe stato firmato oltre che da Salvini anche dai ministri «Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta», a processo ci andrà solo il Capitano della Lega. 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Quanto alla decisione del gup, l'attivista l'ha buttata sullo scontro apocalittico: «Che il processo sia l'occasione per giudicare un pezzo di storia europea». La sua organizzazione, su Twitter, giubilava: «Felici per tutte le persone che abbiamo tratto in salvo». A rincarare la dose, l'alleata Mediterranea saving humans: «C'è un giudice, più d'uno, a Palermo. E da oggi possiamo sperare che presto il rispetto del diritto internazionale possa essere ripristinato nel nostro Paese». Sui guai giudiziari del nemico politico, ma alleato nel governo Draghi, il Pd ieri ha preferito glissare. Nessuna reazione persino da chi, sui taxi del mare, ci saliva, per solidarietà con i migranti, come Matteo Orfini e Maurizio Martina. S'è esposto solo Erasmo Palazzotto, di Leu, che nel 2019 era finito indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, essendosi imbarcato sul veliero Alex, di Mediterranea: «Non so se ci sarà un giudice a Palermo o a Berlino che la condannerà per la sua disumanità, senatore Salvini, quello che so è che per il momento, anche se si dà molto da fare nella sua veste di lotta e di governo, quella stagione illegittima e disumana è archiviata». Soddisfatti anche i legali delle parti civili. Ma la reazione più surreale arriva da Mimmo Lucano, il quale, deciso a rientrare in politica in Regione Calabria al fianco di Luigi de Magistris, ha approfittato del rinvio a giudizio dell'ex ministro del Carroccio per riabilitare il modello Riace: «Io non ho mai soddisfazione quando qualcuno finisce a giudizio anche se si tratta di una persona che ha una visione lontana dalla mia. Al di là degli aspetti processuali spero che questo serva a Matteo Salvini per riflettere. Spero che in parte possa comprendere le sofferenze degli altri. Riace non è stata una teoria ma una realtà autentica, con storie di sofferenze che sono state raccontate al mondo: quando arrivavano i migranti noi abbiamo aperto le porte, facendo rinascere il nostro borgo, facendolo diventare una comunità del mondo». Per Totò Martello, sindaco di Lampedusa, che pure si lamenta quando l'hotspot della sua isola si trasforma una polveriera, la decisione del gup è «una ulteriore conferma di quello che è avvenuto nell'anno in cui Salvini era a capo del Viminale». Di segno opposto, naturalmente, gli interventi del centrodestra. Giorgia Meloni ha definito «scioccante» il rinvio a giudizio di Salvini, il quale «ha fatto solo quello che il suo mandato gli imponeva di fare: difendere i confini della nazione e combattere l'immigrazione clandestina di massa». Per il capogruppo di Fi alla Camera, Roberto Occhiuto, con l'ex ministro è stato adottato il «metodo Berlusconi», il che dimostra che non è più rinviabile «una organica riforma della Giustizia». Di decisione che «rischia di apparire politica, in una sede però che dalla politica dovrebbe prescindere», ha parlato Maurizio Gasparri. Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini, ha sottolineato che il rinvio a giudizio non implica una «valutazione negativa». Semplicemente, il giudice ha stabilito di «andare in un altro grado per approfondire». Il senatore, però, è contrariato, anche se ha rivendicato il successo del suo pressing per le riaperture: «Sono contento per aver contribuito a dissequestrare milioni di italiani». E ha proseguito: «Passare per sequestratore proprio no. Ho agito da padre e cristianamente sopporto. Quello che si è deciso in quest'aula ha un sapore politico più che giudiziario. Nei prossimi mesi gli italiani potranno assistere a chi interpreta la Giustizia alla Palamara. Al processo emergeranno delle verità. Io ricordo a me stesso che si tratta di una nave spagnola, che ha raccolto migranti in acque libiche e maltesi, ha rifiutato uno sbarco a Malta, un porto in Spagna, un secondo porto in Spagna e ha rifiutato l'arrivo di una nave spagnola». Salvini, che si è fermato a Capaci per rendere omaggio a Giovanni Falcone, ha ricordato anche l'articolo 52 della Costituzione, per cui la difesa della patria è sacro dovere del cittadino: «Vado a processo per questo, per aver difeso il mio Paese? Ci vado a testa alta, anche a nome vostro. Prima l'Italia. Sempre». E l'odissea giudiziaria continua.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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