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2021-04-18
Dal ruolo di Malta ai diari di bordo. I buchi nelle accuse all’ex ministro
Ansa
Nonostante le evidenti contraddizioni, l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, dovrà affrontare un processo: il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Palermo ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio che aveva avanzato la Procura per il caso dell'Ong spagnola Open Arms, tutta concentrata sulla mancata assegnazione del Pos, il place of safety. Il comandante della Open Arms, Marc Reig Creus, nell'agosto 2019 rimase con 14 passeggeri a bordo, raccolti in tre diverse operazioni in mare, in attesa di un attracco per 20 giorni, sei dei quali di fronte alla costa di Lampedusa. Durante il governo Conte bis, però, ci sono Pos concessi anche dopo dieci giorni, come è accaduto con la Ocean Viking. E anche con il ministro Luciana Lamorgese in alcuni casi si sono verificate attese che vanno dai cinque ai dieci giorni. Il giudice non deve averne tenuto conto. Così come non deve essere stato considerato il concomitante e prevalente obbligo di Malta ad assumesse la responsabilità degli eventi e guidare la Open Arms verso lo sbarco alla Valletta, che contestò la propria competenza e la responsabilità di coordinamento dell'evento, rilevando che i migranti erano stati soccorsi al di fuori dell'area Sar di Malta. Solo per l'ultimo soccorso di 39 migranti, Malta si era resa disponibile per lo sbarco. «Il comandante della nave rifiutò questa soluzione», ha affermato con forza l'avvocato Giulia Bongiorno, che difende Salvini, in udienza, «assumendo che avrebbe potuto provocare rivolte da parte delle persone imbarcate nei precedenti episodi». Il governo di Malta inviò quindi una mail alla Open Arms mettendo in copia l'Rcc Spagna: «Non avete nemmeno l'autorità per imporre le vostre condizioni al Ree competente, facendo così ostacolate un soccorso. È stato messo in copia per conoscenza al vostro Stato di bandiera, per informarlo delle vostre azioni». Il comandante se ne fregò. E anche il governo spagnolo, visto che dall'Italia era stata affermata la competenza di quello Stato che, quindi, avrebbe dovuto assumere il coordinamento degli eventi, fornendo o garantendo che fosse fornito un porto sicuro.
Fu il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, a ricordare agli spagnoli «che le autorità italiane non hanno in alcun momento assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, avvenute ben al di fuori della area Sar di responsabilità italiana». È qui che avrebbe preso uno scivolone chi ha redatto la relazione del tribunale di Palermo secondo la quale al 14 agosto 2019 l'Italia avrebbe avuto una competenza «concorrente» con Malta. Il comandante della Open Arms, dunque, contravvenendo alle regole Sar, non consentì lo sbarco sul territorio maltese degli ultimi 39 migranti, trattenendo tutti a bordo e continuando a stazionare in area maltese. «In quei giorni», ricostruisce Bongiorno, «Open arms non è abbandonata a sé stessa, è stata sorvolata da tutti e tutti offrono aiuto. Aerei militari, petroliere, aerei di ricognizione, Ocean Viking, altri natanti, un veliero. Con un certo numero di migranti a bordo, decisamente superiore a quelli indicati per la capienza, Open arms decide di bighellonare per 13 giorni. Ma con Salvini si ritiene grave il tempo atteso prima del Pos, ovvero meno della metà del tempo. Dal 14 al 20 agosto. Non c'è sequestro di persona se si bighellona 13 giorni, ma c'è sequestro se si è ormeggiati la metà del tempo?».
Il reato di sequestro di persona, con minori coinvolti, è punito con una pena che arriva fino a 15 anni di carcere. Ma anche sul numero dei passeggeri Bongiorno nutre dei dubbi: «Non si capisce il numero di migranti a bordo. Il 9 agosto risulta che c'era una imbarcazione che stava rientrando a Lampedusa, affianca un gommone di Open Arms, e da un video risulta un trasbordo di scatole e di alcune persone sul gommone. Ma i migranti non sono oggetti. Non possono essere trattati così». Poi la Open Arms puntò verso l'Italia. «Era ormeggiata il 14 agosto», sottolinea in udienza Bongiorno, «c'era la crisi di governo. Una serie di persone salgono e scendono, salgono politici e il sindaco di Lampedusa, il presidente della Ong, una squadra di psicologi, vengono fatte alcune evacuazioni mediche, risalgono psicologi e l'armatore. E poi, visto che siamo a processo perché questa nave era abbandonata a sé stessa e nessuno poteva muoversi, il 14 agosto c'è una chiamata di Open Arms alla capitaneria. Sa cosa chiedono, signor giudice? “Vogliamo scendere per fare acquisti"». Ed effettivamente si parte per lo shopping, «stile via del Corso o via Montenapoleone», chiosa Bongiorno. Open Arms, insomma, non era una zattera in mezzo al mare. «C'è una pagina del diario», ricorda ancora Bongiorno, «15 agosto 2019 alle 3.23. Il comandante annota: “Lampedusa ci dà il Pos in ormeggio". Cioè un posto sicuro. Come si può scrivere in un capo di imputazione che manca un Pos?». E ad affermarlo fu proprio il comandante della Open Arms. Nonostante queste e tante altre evidenze, il gup di Palermo ha sentenziato: «Non ci sono gli elementi per il non luogo a procedere di Salvini».
Il leader del Carroccio replica sui social: «Avanti a testa alta, convinto di avere da ministro servito l'Italia nel rispetto della legge». E se per la Gregoretti (anche in quel caso a Salvini è contestato il reato di sequestro di persona per il ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019 ad Augusta), l'ex ministro e il suo difensore hanno potuto mettere in cassaforte un risultato importante, ovvero la richiesta, formulata il 10 aprile scorso dalla Procura, di non luogo a procedere, per Open Arms, nonostante il divieto di ingresso di Open Arms in acque italiane, come evidenziato dalla Bongiorno, sarebbe stato firmato oltre che da Salvini anche dai ministri «Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta», a processo ci andrà solo il Capitano della Lega. Prima udienza il 15 settembre prossimo, davanti ai giudici della seconda sezione penale.
Il Pd glissa, Lucano riesuma il «modello Riace»
Dopo il rinvio a giudizio di Matteo Salvini, per Enrico Letta si profila un classico scavalcamento a sinistra. Il fondatore dell'Ong spagnola Open arms, Oscar Camps, non ha gradito le prove di disgelo dell'altro giorno tra il leader leghista e il segretario dem: «Letta ha chiesto scusa a Salvini per aver indossato la mia felpa di Open Arms? Sono politici, oggi si baciano e domani litigano». Quanto alla decisione del gup, l'attivista l'ha buttata sullo scontro apocalittico: «Che il processo sia l'occasione per giudicare un pezzo di storia europea». La sua organizzazione, su Twitter, giubilava: «Felici per tutte le persone che abbiamo tratto in salvo». A rincarare la dose, l'alleata Mediterranea saving humans: «C'è un giudice, più d'uno, a Palermo. E da oggi possiamo sperare che presto il rispetto del diritto internazionale possa essere ripristinato nel nostro Paese».
Sui guai giudiziari del nemico politico, ma alleato nel governo Draghi, il Pd ieri ha preferito glissare. Nessuna reazione persino da chi, sui taxi del mare, ci saliva, per solidarietà con i migranti, come Matteo Orfini e Maurizio Martina. S'è esposto solo Erasmo Palazzotto, di Leu, che nel 2019 era finito indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, essendosi imbarcato sul veliero Alex, di Mediterranea: «Non so se ci sarà un giudice a Palermo o a Berlino che la condannerà per la sua disumanità, senatore Salvini, quello che so è che per il momento, anche se si dà molto da fare nella sua veste di lotta e di governo, quella stagione illegittima e disumana è archiviata». Soddisfatti anche i legali delle parti civili. Ma la reazione più surreale arriva da Mimmo Lucano, il quale, deciso a rientrare in politica in Regione Calabria al fianco di Luigi de Magistris, ha approfittato del rinvio a giudizio dell'ex ministro del Carroccio per riabilitare il modello Riace: «Io non ho mai soddisfazione quando qualcuno finisce a giudizio anche se si tratta di una persona che ha una visione lontana dalla mia. Al di là degli aspetti processuali spero che questo serva a Matteo Salvini per riflettere. Spero che in parte possa comprendere le sofferenze degli altri. Riace non è stata una teoria ma una realtà autentica, con storie di sofferenze che sono state raccontate al mondo: quando arrivavano i migranti noi abbiamo aperto le porte, facendo rinascere il nostro borgo, facendolo diventare una comunità del mondo». Per Totò Martello, sindaco di Lampedusa, che pure si lamenta quando l'hotspot della sua isola si trasforma una polveriera, la decisione del gup è «una ulteriore conferma di quello che è avvenuto nell'anno in cui Salvini era a capo del Viminale».
Di segno opposto, naturalmente, gli interventi del centrodestra. Giorgia Meloni ha definito «scioccante» il rinvio a giudizio di Salvini, il quale «ha fatto solo quello che il suo mandato gli imponeva di fare: difendere i confini della nazione e combattere l'immigrazione clandestina di massa». Per il capogruppo di Fi alla Camera, Roberto Occhiuto, con l'ex ministro è stato adottato il «metodo Berlusconi», il che dimostra che non è più rinviabile «una organica riforma della Giustizia». Di decisione che «rischia di apparire politica, in una sede però che dalla politica dovrebbe prescindere», ha parlato Maurizio Gasparri.
Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini, ha sottolineato che il rinvio a giudizio non implica una «valutazione negativa». Semplicemente, il giudice ha stabilito di «andare in un altro grado per approfondire». Il senatore, però, è contrariato, anche se ha rivendicato il successo del suo pressing per le riaperture: «Sono contento per aver contribuito a dissequestrare milioni di italiani». E ha proseguito: «Passare per sequestratore proprio no. Ho agito da padre e cristianamente sopporto. Quello che si è deciso in quest'aula ha un sapore politico più che giudiziario. Nei prossimi mesi gli italiani potranno assistere a chi interpreta la Giustizia alla Palamara. Al processo emergeranno delle verità. Io ricordo a me stesso che si tratta di una nave spagnola, che ha raccolto migranti in acque libiche e maltesi, ha rifiutato uno sbarco a Malta, un porto in Spagna, un secondo porto in Spagna e ha rifiutato l'arrivo di una nave spagnola».
Salvini, che si è fermato a Capaci per rendere omaggio a Giovanni Falcone, ha ricordato anche l'articolo 52 della Costituzione, per cui la difesa della patria è sacro dovere del cittadino: «Vado a processo per questo, per aver difeso il mio Paese? Ci vado a testa alta, anche a nome vostro. Prima l'Italia. Sempre». E l'odissea giudiziaria continua.
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Caso Open Arms, il leghista rinviato a giudizio. Giulia Bongiorno: «La decisione fu condivisa». Ignorate le funzioni di Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, come gli analoghi alt alle navi Ong imposti da Luciana Lamorgese. E le carte sono piene di sviste.Solidarietà da Fi e Giorgia Meloni: «Scelta scioccante». E Oscar Camps rimbrotta Enrico Letta: «S'è scusato per la foto con me».Lo speciale contiene due articoli.Nonostante le evidenti contraddizioni, l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini, dovrà affrontare un processo: il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Palermo ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio che aveva avanzato la Procura per il caso dell'Ong spagnola Open Arms, tutta concentrata sulla mancata assegnazione del Pos, il place of safety. Il comandante della Open Arms, Marc Reig Creus, nell'agosto 2019 rimase con 14 passeggeri a bordo, raccolti in tre diverse operazioni in mare, in attesa di un attracco per 20 giorni, sei dei quali di fronte alla costa di Lampedusa. Durante il governo Conte bis, però, ci sono Pos concessi anche dopo dieci giorni, come è accaduto con la Ocean Viking. E anche con il ministro Luciana Lamorgese in alcuni casi si sono verificate attese che vanno dai cinque ai dieci giorni. Il giudice non deve averne tenuto conto. Così come non deve essere stato considerato il concomitante e prevalente obbligo di Malta ad assumesse la responsabilità degli eventi e guidare la Open Arms verso lo sbarco alla Valletta, che contestò la propria competenza e la responsabilità di coordinamento dell'evento, rilevando che i migranti erano stati soccorsi al di fuori dell'area Sar di Malta. Solo per l'ultimo soccorso di 39 migranti, Malta si era resa disponibile per lo sbarco. «Il comandante della nave rifiutò questa soluzione», ha affermato con forza l'avvocato Giulia Bongiorno, che difende Salvini, in udienza, «assumendo che avrebbe potuto provocare rivolte da parte delle persone imbarcate nei precedenti episodi». Il governo di Malta inviò quindi una mail alla Open Arms mettendo in copia l'Rcc Spagna: «Non avete nemmeno l'autorità per imporre le vostre condizioni al Ree competente, facendo così ostacolate un soccorso. È stato messo in copia per conoscenza al vostro Stato di bandiera, per informarlo delle vostre azioni». Il comandante se ne fregò. E anche il governo spagnolo, visto che dall'Italia era stata affermata la competenza di quello Stato che, quindi, avrebbe dovuto assumere il coordinamento degli eventi, fornendo o garantendo che fosse fornito un porto sicuro. Fu il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, a ricordare agli spagnoli «che le autorità italiane non hanno in alcun momento assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, avvenute ben al di fuori della area Sar di responsabilità italiana». È qui che avrebbe preso uno scivolone chi ha redatto la relazione del tribunale di Palermo secondo la quale al 14 agosto 2019 l'Italia avrebbe avuto una competenza «concorrente» con Malta. Il comandante della Open Arms, dunque, contravvenendo alle regole Sar, non consentì lo sbarco sul territorio maltese degli ultimi 39 migranti, trattenendo tutti a bordo e continuando a stazionare in area maltese. «In quei giorni», ricostruisce Bongiorno, «Open arms non è abbandonata a sé stessa, è stata sorvolata da tutti e tutti offrono aiuto. Aerei militari, petroliere, aerei di ricognizione, Ocean Viking, altri natanti, un veliero. Con un certo numero di migranti a bordo, decisamente superiore a quelli indicati per la capienza, Open arms decide di bighellonare per 13 giorni. Ma con Salvini si ritiene grave il tempo atteso prima del Pos, ovvero meno della metà del tempo. Dal 14 al 20 agosto. Non c'è sequestro di persona se si bighellona 13 giorni, ma c'è sequestro se si è ormeggiati la metà del tempo?». Il reato di sequestro di persona, con minori coinvolti, è punito con una pena che arriva fino a 15 anni di carcere. Ma anche sul numero dei passeggeri Bongiorno nutre dei dubbi: «Non si capisce il numero di migranti a bordo. Il 9 agosto risulta che c'era una imbarcazione che stava rientrando a Lampedusa, affianca un gommone di Open Arms, e da un video risulta un trasbordo di scatole e di alcune persone sul gommone. Ma i migranti non sono oggetti. Non possono essere trattati così». Poi la Open Arms puntò verso l'Italia. «Era ormeggiata il 14 agosto», sottolinea in udienza Bongiorno, «c'era la crisi di governo. Una serie di persone salgono e scendono, salgono politici e il sindaco di Lampedusa, il presidente della Ong, una squadra di psicologi, vengono fatte alcune evacuazioni mediche, risalgono psicologi e l'armatore. E poi, visto che siamo a processo perché questa nave era abbandonata a sé stessa e nessuno poteva muoversi, il 14 agosto c'è una chiamata di Open Arms alla capitaneria. Sa cosa chiedono, signor giudice? “Vogliamo scendere per fare acquisti"». Ed effettivamente si parte per lo shopping, «stile via del Corso o via Montenapoleone», chiosa Bongiorno. Open Arms, insomma, non era una zattera in mezzo al mare. «C'è una pagina del diario», ricorda ancora Bongiorno, «15 agosto 2019 alle 3.23. Il comandante annota: “Lampedusa ci dà il Pos in ormeggio". Cioè un posto sicuro. Come si può scrivere in un capo di imputazione che manca un Pos?». E ad affermarlo fu proprio il comandante della Open Arms. Nonostante queste e tante altre evidenze, il gup di Palermo ha sentenziato: «Non ci sono gli elementi per il non luogo a procedere di Salvini». Il leader del Carroccio replica sui social: «Avanti a testa alta, convinto di avere da ministro servito l'Italia nel rispetto della legge». E se per la Gregoretti (anche in quel caso a Salvini è contestato il reato di sequestro di persona per il ritardo dello sbarco di 131 migranti nel luglio del 2019 ad Augusta), l'ex ministro e il suo difensore hanno potuto mettere in cassaforte un risultato importante, ovvero la richiesta, formulata il 10 aprile scorso dalla Procura, di non luogo a procedere, per Open Arms, nonostante il divieto di ingresso di Open Arms in acque italiane, come evidenziato dalla Bongiorno, sarebbe stato firmato oltre che da Salvini anche dai ministri «Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta», a processo ci andrà solo il Capitano della Lega. 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Quanto alla decisione del gup, l'attivista l'ha buttata sullo scontro apocalittico: «Che il processo sia l'occasione per giudicare un pezzo di storia europea». La sua organizzazione, su Twitter, giubilava: «Felici per tutte le persone che abbiamo tratto in salvo». A rincarare la dose, l'alleata Mediterranea saving humans: «C'è un giudice, più d'uno, a Palermo. E da oggi possiamo sperare che presto il rispetto del diritto internazionale possa essere ripristinato nel nostro Paese». Sui guai giudiziari del nemico politico, ma alleato nel governo Draghi, il Pd ieri ha preferito glissare. Nessuna reazione persino da chi, sui taxi del mare, ci saliva, per solidarietà con i migranti, come Matteo Orfini e Maurizio Martina. S'è esposto solo Erasmo Palazzotto, di Leu, che nel 2019 era finito indagato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, essendosi imbarcato sul veliero Alex, di Mediterranea: «Non so se ci sarà un giudice a Palermo o a Berlino che la condannerà per la sua disumanità, senatore Salvini, quello che so è che per il momento, anche se si dà molto da fare nella sua veste di lotta e di governo, quella stagione illegittima e disumana è archiviata». Soddisfatti anche i legali delle parti civili. Ma la reazione più surreale arriva da Mimmo Lucano, il quale, deciso a rientrare in politica in Regione Calabria al fianco di Luigi de Magistris, ha approfittato del rinvio a giudizio dell'ex ministro del Carroccio per riabilitare il modello Riace: «Io non ho mai soddisfazione quando qualcuno finisce a giudizio anche se si tratta di una persona che ha una visione lontana dalla mia. Al di là degli aspetti processuali spero che questo serva a Matteo Salvini per riflettere. Spero che in parte possa comprendere le sofferenze degli altri. Riace non è stata una teoria ma una realtà autentica, con storie di sofferenze che sono state raccontate al mondo: quando arrivavano i migranti noi abbiamo aperto le porte, facendo rinascere il nostro borgo, facendolo diventare una comunità del mondo». Per Totò Martello, sindaco di Lampedusa, che pure si lamenta quando l'hotspot della sua isola si trasforma una polveriera, la decisione del gup è «una ulteriore conferma di quello che è avvenuto nell'anno in cui Salvini era a capo del Viminale». Di segno opposto, naturalmente, gli interventi del centrodestra. Giorgia Meloni ha definito «scioccante» il rinvio a giudizio di Salvini, il quale «ha fatto solo quello che il suo mandato gli imponeva di fare: difendere i confini della nazione e combattere l'immigrazione clandestina di massa». Per il capogruppo di Fi alla Camera, Roberto Occhiuto, con l'ex ministro è stato adottato il «metodo Berlusconi», il che dimostra che non è più rinviabile «una organica riforma della Giustizia». Di decisione che «rischia di apparire politica, in una sede però che dalla politica dovrebbe prescindere», ha parlato Maurizio Gasparri. Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini, ha sottolineato che il rinvio a giudizio non implica una «valutazione negativa». Semplicemente, il giudice ha stabilito di «andare in un altro grado per approfondire». Il senatore, però, è contrariato, anche se ha rivendicato il successo del suo pressing per le riaperture: «Sono contento per aver contribuito a dissequestrare milioni di italiani». E ha proseguito: «Passare per sequestratore proprio no. Ho agito da padre e cristianamente sopporto. Quello che si è deciso in quest'aula ha un sapore politico più che giudiziario. Nei prossimi mesi gli italiani potranno assistere a chi interpreta la Giustizia alla Palamara. Al processo emergeranno delle verità. Io ricordo a me stesso che si tratta di una nave spagnola, che ha raccolto migranti in acque libiche e maltesi, ha rifiutato uno sbarco a Malta, un porto in Spagna, un secondo porto in Spagna e ha rifiutato l'arrivo di una nave spagnola». Salvini, che si è fermato a Capaci per rendere omaggio a Giovanni Falcone, ha ricordato anche l'articolo 52 della Costituzione, per cui la difesa della patria è sacro dovere del cittadino: «Vado a processo per questo, per aver difeso il mio Paese? Ci vado a testa alta, anche a nome vostro. Prima l'Italia. Sempre». E l'odissea giudiziaria continua.
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L’esperto confronta il trentennio 1960-1990, connotato dalla «crescita travolgente dell’industria farmaceutica con un solo obiettivo comune, la quantità e la qualità di vita dell’uomo - il risultato furono 52 nuove classi di farmaci con il 90% delle patologie guarite o cronicizzate» -, con quanto accadde dopo la nascita del marketing farmacologico. «L’obiettivo viene stravolto, diventa fare il massimo fatturato possibile. Parallelamente la politica capisce che la salute è una grande opportunità per rafforzare il potere e acquistare consenso, per cui trasforma il settore in azienda (nascono le Asl), mettendo a capo delle aziende non un medico ma un politico che per incapacità e clientelismo riesce a sopravvivere grazie a tagli feroci di posti letto, di personale medico e attrezzature».
Il risultato è che da allora il malato diventa per i secondi un potenziale elettore, per i primi un consumatore. «In questo contesto la finanza crea le Big Pharma, attraverso fusioni e acquisizioni delle classiche aziende farmaceutiche», interviene Franco Stocco, 35 anni trascorsi nel settore oncologico e poi nelle aree dell’immunologia di colossi quali Farmitalia Carlo Erba, Aventis Pharma, Sanofi. Aggiunge: «Non si limita a questo, ha un obiettivo ben preciso ovvero creare e raggiungere il nuovo enorme mercato, cioè la popolazione sana». Se per un farmaco il mercato non c’è, basta crearlo.
Il terreno di coltura che ha permesso l’evoluzione del pensiero scientifico verso il presente «risiede nella medicalizzazione della società umana, resa possibile dall’elencare un numero pressoché infinito di malattie le quali descrivono non solo una condizione di rischio, ma una specie di allontanamento più o meno marcato da un archetipo di perfezione. Ogni anomalia o devianza o disfunzione sono in definitiva riconducibili a una patologia o a una sindrome».
Per realizzare il progetto di trasformare le persone sane in potenziali malati, l’industria della salute «vende quindi anche “fattori di rischio”». In quest’ottica i vaccini ricoprono un ruolo chiave. Sfruttando il concetto che prevenire è meglio che curare, radicato nell’opinione comune, sono stati proposti o imposti nuovi prodotti «che non sono antigeni ma approcci genici», sottolinea Stocco.
Se la prevenzione è l’imperativo strategico dettato dalla grande industria farmacologica, che margine di azione ci può essere per impedire che a farne le spese sia il cittadino, non paziente afflitto da patologie, ma anche un servizio sanitario inutilmente gravato da diagnosi non necessarie? «Da un lato c’è il problema sociale di far passare il concetto di una sana sanità, non quella di stare bene subito con qualsiasi mezzo, e per questo obiettivo serve tanta informazione. Dall’altro, è necessario che le associazioni scientifiche siano meno influenzabili dalle case farmaceutiche», osserva Maria Rita Gismondo, già direttrice del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano.
L’iper prevenzione «è una tendenza generalizzata», prosegue la professoressa, «basti vede quello che accade quando si consiglia una Rx e il paziente con un minimo di conoscenza chiede: “Ma non è meglio che faccia una risonanza magnetica o una Tac?”. Si chiede una cosa sempre più sofisticata. Sicuramente questo è dovuto alla pressione da parte delle case farmaceutiche che devono vendere sempre più strumenti, test e servizi, ma si fonda anche su un fatto sociale, su un concetto di salute che è cambiato. Se oggi mi alzo con il mal di testa o il mal di schiena non dico aspetto, mi passerà; c’è un abuso di antidolorifici e anti infiammatori. Su questo atteggiamento si fonda la speculazione della Big Pharma, che trova terreno fertile».
Un protocollo di prevenzione deve partire da una possibilità di ricadute positive superiori a quello che è il rischio della falsa diagnosi. Se lo aggiungiamo alla psicosi di un benessere estremizzato, «le conseguenze sono un dispendio di energie economiche e molto stress da parte del paziente».
Per Gismondo, occorre dunque «interrompere la catena deleteria sponsor-sperimentatore. Dall’altra, il ministero della Salute dovrebbe esercitare un controllo maggiore sulle linee guida date dalle associazioni scientifiche perché non si ecceda con i percorsi diagnostici, che rischiano di diventare inutili se non dannosi».
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Roberto Fico (Ansa)
Il partito di Matteo Renzi, a ieri sera, al momento in cui siamo andati in stampa, non aveva ancora raggiunto l’accordo al suo interno sul nome da proporre a Fico; solito marasma nel Pd, dove alla fine due posti su tre in giunta sono stati decisi (Mario Casillo ed Enzo Cuomo) mentre sul terzo è andato in scena lo psicodramma, con Elly Schlein che ha rotto lo schema che prevedeva almeno una donna e ha deciso, a quanto ci risulta, di nominare un terzo uomo (in pole Andrea Morniroli). Per il M5s in pole c’è la deputata Gilda Sportiello, fedelissima di Fico, mentre Vincenzo De Luca dovrebbe riuscire a vincere il braccio di ferro con Fico e ottenere una delega di peso per il suo ex vicepresidente, Fulvio Buonavitacola. Per il Psi certo l’ingresso in giunta di Enzo Maraio, per Avs Fiorella Zabatta, mentre Noi di centro, lista di Clemente Mastella, dovrebbe indicare Maria Carmela Serluca.
«Siamo agli sgoccioli», ha commentato Fico al termine della seduta, «a breve la giunta sarà annunciata. Non ci sono ritardi, la legge ci dice che possono passare fino a dieci giorni dall’insediamento del Consiglio per la nomina della giunta, siamo perfettamente nei tempi. Ci prendiamo il tempo giusto per la migliore giunta possibile. Penso che sia normale che ogni forza politica metta sul tavolo anche le proprie competenze, le proprie volontà e quindi si sta cercando solo un equilibrio giusto nell’interesse dei cittadini campani. Ma se devo dire che ci sono particolari discussioni, no».
Manco a dirlo a centrare il bersaglio al primo colpo è stato invece il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, il cui fratello Massimiliano è stato eletto presidente del Consiglio regionale con 41 voti su 51 presenti. Considerato che il centrodestra ha votato per lui, a Manfredi jr sono mancati una decina di voti della maggioranza. I sospetti si addensano sui consiglieri della lista di Vincenzo De Luca, A testa alta, e su qualche mal di pancia in altre liste. «Nessun soccorso alla maggioranza, ma una scelta politica netta e motivata dal rispetto delle istituzioni e dagli interessi della Campania». Forza Italia, in una nota, «chiarisce» il senso del voto espresso per l’elezione del presidente del Consiglio regionale. «Non abbiamo votato Manfredi per far dispetto a qualcuno», hanno dichiarato capogruppo e vice di Fi, Massimo Pelliccia e Roberto Celano, «ma perché riteniamo che il presidente del Consiglio regionale debba essere la più alta espressione del Consiglio stesso. Una decisione che nasce da una valutazione autonoma e istituzionale. Non abbiamo guardato a quello che faceva De Luca, non ci interessavano dinamiche o contrapposizioni personali. Abbiamo guardato esclusivamente agli interessi dei campani». «A fronte di un’apertura istituzionale del centrodestra che ha votato compatto Manfredi», hanno poi precisato tutti i capigruppo del centrodestra, «dimostrando rigore istituzionale e collaborazione nell’interesse dei cittadini campani, la maggioranza di centrosinistra si lacera nelle sue divisioni interne. I fatti sono chiari nella loro oggettività, il centrosinistra parte male». In realtà anche la Lega è partita con un passo falso: caso più unico che raro un consigliere appena eletto, Mimì Minella, ha abbandonato alla prima seduta il Carroccio e si è iscritto al Misto. I problemi del centrosinistra si sono manifestati plasticamente quando, dopo una sospensione, i cinque consiglieri regionali del gruppo congiunto Casa riformista-Noi di centro non si sono ripresentati in aula. Clamorosa poi la protesta pubblica di Avs che con un comunicato durissimo in serata parla addirittura di «atti di forza che mortificano il confronto democratico e alterano gli equilibri della coalizione» e chiede al governatore di intervenire immediatamente.
Fico ha annunciato il ritiro da parte della Regione della querela contro la trasmissione Rai Report, presentata da Vincenzo De Luca e relativa a un servizio sulla sanità campana: «Per dare un segnale di distensione da subito», ha detto Fico, «annuncio il ritiro della querela. Sosterremo un’informazione locale plurale e di qualità, gli organi di stampa del territorio sono presidi di democrazia. Ognuno deve naturalmente fare il proprio mestiere, ma deve farlo liberamente e senza condizionamenti».
Da parte sua, il candidato del centrodestra sconfitto da Fico, il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, non ha sciolto l’interrogativo sulla sua permanenza in Consiglio come capo dell’opposizione: «Sto qua, sto bene, farò la mia parte», ha detto Cirielli, «poi si prenderanno decisioni ad alto livello istituzionale per garantire il miglior funzionamento del Consiglio regionale».
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Alfonso Signorini (Ansa)
I due avvocati hanno assunto da poco la difesa di Signorini sia in sede civile che penale «nell’ambito della complessa vicenda che lo vede vittima di gravi e continuate condotte criminose». Il riferimento è alle «accuse» sollevate dall’ex paparazzo che nella puntata dello scorso 15 novembre del suo format «Falsissimo» aveva parlato di un «sistema Grande Fratello» che sarebbe stato creato dallo stesso Signorini. Secondo Corona, chi voleva accedere al reality show doveva cedere alle avances sessuali del direttore di Chi: questo «sistema» sarebbe andato avanti per circa dieci anni coinvolgendo oltre 500 persone.
Nell’immediatezza delle accuse, Signorini aveva subito presentato una querela in Procura a seguito della quale è stata poi aperta un’inchiesta. E la Procura aveva iscritto Fabrizio Corona nel registro degli indagati per diffusione di immagini a contenuto sessualmente esplicito. Da questa indagine è scaturita una perquisizione a casa di Corona, avvenuta sabato scorso. L’ex fotoreporter, a quel punto, ha deciso di essere sentito dai pm ai quali per oltre due ore ha raccontato «il sistema». All’indomani delle festività natalizie è emerso che il direttore di Chi avrebbe deciso di prendere una pausa dai social dal momento che il suo profilo Instagram è stato «rimosso». I legali di Signorini hanno motivato la sua scelta: «Per fronteggiare queste gravissime condotte illecite, a tutti evidenti, e soprattutto il capillare riverbero che trovano su alcuni disinvolti media, il dottor Alfonso Signorini, professionista che ha costruito con scrupolo, serietà e abnegazione un’intera carriera di giornalista, autore, regista e conduttore televisivo, si vede costretto a sospendere in via cautelativa ogni suo impegno editoriale in corso con Mediaset».
Secondo gli avvocati Missaglia e Aiello, «è noto il principale responsabile di questa surreale e virulenta aggressione, soggetto che, nonostante le precedenti condanne penali, oggi vorrebbe assumere le vesti di giudice e pubblico ministero, imponendo proprie regole per un tornaconto personale e non certo per l’interesse di giustizia. Il tutto al costo di danni irreparabili ed enormi per le vittime designate».
Mediaset «agirà con determinazione in tutte le sedi sulla base esclusiva di elementi oggettivi e fatti verificati per contrastare la diffusione di contenuti e ricostruzioni diffamatorie o calunniose, a tutela del rispetto delle persone, dei fatti e dei propri interessi», ha reso l’azienda in un comunicato. Per Mediaset «chi opera per l’azienda è tenuto ad attenersi a chiari principi di correttezza, responsabilità e trasparenza, come definiti dal codice etico, che viene applicato senza eccezioni. Sono in corso tutti gli accertamenti e verifiche per garantirne il suo rispetto». L’azienda ha accolto la decisione di Signorini di autosospendersi «stante l’esigenza di tutelare sé stesso e le persone interessate nella vicenda mediatica in cui è rimasto suo malgrado coinvolto».
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Una sottrazione di ricchezza che nel 2025 ha raggiunto la cifra di 9 miliardi. Nel primo semestre dell’anno che sta per chiudersi, le rimesse verso l’estero sono cresciute del 6,4%. Dal 2005 al 2024, in vent’anni, il valore complessivo è passato da 3,9 a quasi 8,3 miliardi di euro, segnando un aumento del 40%, al netto dell’inflazione (a prezzi costanti).
È una sottrazione di ricchezza pari allo 0,38% del Pil italiano e anche se è una percentuale contenuta rispetto al contributo del lavoro straniero all’economia nazionale (8,8%) sono pur sempre soldi che se ne vanno e che non contribuiscono al benessere della comunità. Va considerato anche che le rimesse tracciate rappresentano una parte di quelle che sfuggono alle statistiche perché frutto di attività in nero. Secondo i dati Istat del 2024 oltre 1,8 milioni di immigrati risultano in povertà assoluta. Difficile verificare se questa sia una condizione reale o se risultano tali solo al fisco. In sostanza uno su tre non paga le tasse.
Bankitalia nel suo report, ci dice che considerando i trasferimenti in contanti che non avvengono tramite banche, Poste e altri canali tenuti a registrare gli spostamenti finanziari verso l’estero, l’incidenza sul Pil sale a circa lo 0,5%. Le autorità monetarie stimano che per tenere conto anche delle varie forme di invii di denaro si debbano aumentare di un 30% le cifre ufficiali. I trasferimenti verso il Paese d’origine sono tanto maggiori quanto più la località di destinazione è vicina e quanto più alto è il numero dei suoi cittadini in Italia. Parliamo comunque di cifre risultanti da moltiplicazioni ipotetiche. Il contante che varca il confine potrebbe essere di gran lunga superiore alle stime più larghe, considerata la diffusione del sommerso per numerose attività svolte dagli immigrati. Basta pensare alle colf, alle badanti o alle attività artigiane o nell’edilizia dove gli immigrati sono più presenti.
In vent’anni, dal 2005-2024 gli stranieri registrati all’anagrafe in Italia sono passati da 2,27 a 5,25 milioni (+131%), con un trend di crescita ben più marcato rispetto a quello dei trasferimenti. Di conseguenza l’importo medio trasferito è passato da 1.719 euro a 1.577 euro (-8% a valori correnti). Il che non vuol dire che hanno iniziato a spendere e a investire nel nostro Paese ma solo che sono aumentati i ricongiungimenti familiari. Pertanto, invece di mandare i soldi all’estero, questi sarebbero serviti al sostegno economico dei parenti venuti in Italia. Questi, secondo le statistiche, sono oltre 100.000 l’anno. Va sottolineato che i visti per lavoro sono appena 39mila nel 2023, circa l’11% dei 330.730 totali.
Bankitalia ha analizzato anche la distinzione geografica dei flussi delle rimesse. Il Bangladesh è la prima destinazione con 1,4 miliardi di euro inviati nel 2024, pari allo 0,34% del Pil nazionale. Seguono Pakistan (600 milioni), Marocco (575 milioni), Filippine (570 milioni), Georgia, India, Romania, Perù, Sri Lanka, Senegal. Questi dieci Paesi ricevono i due terzi delle rimesse complessive. Se si aggiungono le dieci successive posizioni nella graduatoria si supera l’85% del totale dei valori trasferiti. Ai restanti 100 Paesi, sono arrivati circa 500.000 euro complessivi nel 2024.
I trasferimenti di denaro più consistenti vengono da Roma (1,1 miliardi) e Milano (900 milioni). Seguono Napoli, Torino, Firenze, Brescia, Bologna, Genova, Venezia e Verona. Complessivamente da queste città partono 3,9 miliardi di euro pari al 47% del totale.
Guardando alla media per singolo straniero i flussi maggiori si hanno ad Aosta (3.465 euro) e Napoli (3.211 euro), mentre i valori più bassi si registrano a Rieti (497 euro) ed Enna (682 euro).
Oltre al fenomeno delle rimesse, c’è anche quello dell’alta spesa per assistenza sociale che gli immigrati assorbono essendo destinatari di misure contro la povertà e dei vari bonus famiglia per 1,3 miliardi su 5,9 miliardi complessivi.
Secondo un’analisi di Itinerari Previdenziali, con 3 milioni e mezzo di dipendenti privati nel 2024 e una retribuzione media annua di 16.693 euro, gli stranieri appartengono a quella fascia di reddito che versa solo il 23% dell’Irpef complessiva. Quindi gravano sulle voci principali del welfare. L’80% del peso fiscale italiano si regge su un ristretto 27,41% di lavoratori con redditi oltre 29.000 euro e in questa fascia non rientra la maggioranza degli immigrati.
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