2020-04-19
Mai più anziani morti senza dignità
L'ecatombe nelle case di riposo ci impone di riflettere su come i nostri vecchi, specie quelli con l'Alzheimer, passano i loro ultimi anni in strutture che spesso paiono canili.Il nostro viaggio nelle residenze per anziani italiani ai tempi del coronavirus ci ha restituito in ogni Regione la stessa foto. Quella di uomini e donne costretti a vivere senza dignità gli ultimi giorni della loro vita. I più fragili e angariati sono i malati di Alzheimer e di altre patologie neurodegenerative: questi poveri cristi senza più memoria di sé (chi scrive ha una madre affetta da quell'infame morbo) sono visti con fastidio per la loro impermeabilità alle regole. Vivono nel loro mondo, non sanno che cosa stia succedendo fuori e per questo con le loro fragili mani provano a respingere chi tenta di coprirgli la bocca con una mascherina o bloccargli le mani per non essere toccato. Loro si sentono attaccati, percepiscono l'ostilità di chi, dall'altra parte, è sottopagato, stressato, costretto in scafandri soffocanti e non tollera più le resistenze di quei vecchietti ridotti a bozzoli privi di sciente umanità. A volte uno o due operatori hanno in carico 20 malati totalmente disabili. Questo prevede la legge del mercato.Ogni visita, ogni cambio di pannolone, è una piccola Stalingrado, dove gli anziani tentano di opporsi senza neppure sapere perché a quei marziani con il casco che piombano su di loro. Mulinano le braccia secche nell'aria a mo' di inutile scudo, ergendo a ultima trincea dita ossute piene di germi micidiali. Risultato: incomunicabilità e maltrattamenti. Urla, spinte e anche schiaffi. Come raccontano diverse inchieste. Per evitare problemi molti anziani finiscono in ceppi. Tanto nessuno può vedere, nessuno protestare. Infatti, a causa del Covid-19, gli ospiti delle case di riposo attraversano il loro miglio verde senza affetti. Sono lasciati soli ad attendere la loro ultima ora, che quando arriva lo fa nel modo più atroce: gli toglie il fiato, gli mangia i polmoni come una bestia feroce, gli infila la testa sotto l'acqua fino a quando il cuore non esplode. La morte dovrebbe portare con sé la pace. Ma non a loro. Non ai vecchietti degli ospizi. Anche i loro corpi senza vita subiscono l'ingiuria di questo tempo maledetto: corpi intoccabili, velenosi, infetti. Quando arrivano i monatti, e a volte ci mettono ore, giorni, li infilano in sacchi speciali, li «imbustano», come ci ha detto un'operatrice, piallando ogni differenza, ogni traccia di quello che sono stati, quando avevano i neuroni accesi. Diventano materiale da discarica, secco residuo da smaltire. E senza comunicazione alcuna ai famigliari, spesso finiscono negli inceneritori, per poi essere restituiti ai parenti dentro a un'urna muta. Che non può raccontare le tribolazioni sopportate dai loro cari nell'emarginazione dell'agonia finale. Alla fine di questa pandemia forse dovremo ripensare l'ultimo tratto di strada dei nostri vecchi. Ed evitare che vadano a morire in strutture che a volte sono peggio dei canili, camerate tristi dove si rottamano corpi tanto al chilo.Ps. Nel 2016 mia madre è stata ricoverata d'urgenza in una Rsa di Genova con un centro Alzheimer, Casa Serena. La struttura era stata scelta dal giudice tutelare e dall'amministratore di sostegno. La retta non era regalata (2.500 euro al mese), ma il personale era ridotto all'osso. Una sera sono entrato fuori orario e ho trovato mia madre legata dentro al letto. Mi sono rivolto ai carabinieri, l'ho fatta uscire e l'ho portata a vivere a casa mia. Nei giorni scorsi la Procura di Genova ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di omicidio colposo per due decessi da Covid di persone che erano state ricoverate nella struttura dove il giudice e l'amministratore di sostegno avevano spedito mia madre. La Rsa è interessata, insieme ad altre strutture, anche da un'ulteriore indagine per epidemia colposa, collegato alle morti per coronavirus. Nella tragedia, mi solleva il pensiero di essermi ribellato in tempo al sistema di tutela che dovrebbe proteggere gli anziani, una rete che va dal governo alle regioni, dai tribunali alle Rsa, e di aver deciso, avendone le possibilità, di fare da solo.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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