2024-08-08
Il calvario di Macron inizierà dopo i Giochi
Il presidente ha puntato sulla kermesse per stemperare le tensioni politiche post voto, far dimenticare i buchi di bilancio e lanciare una nuova grandeur in salsa arcobaleno. Ma a settembre, col deficit al 5%, per lui arriverà la vera resa dei conti: formare un governo.I nuotoatori azzurri evitano la Senna. Il tecnico Antonelli: «Ci fidiamo degli organizzatori, ma preferiamo non correre rischi».Lo speciale contiene due articoli.Due giorni fa passeggiava per Saint Tropez, girando al largo da La Mandrague, sicuro che anche Brigitte Bardot (90 anni a settembre) gli avrebbe sguinzagliato contro i cani. Dura la vita di Emmanuel Macron, alla ricerca di un luogo dove nascondersi per non essere ricoperto di insulti. L’estate del presidente più presenzialista, più liberal e più soprammobile d’Europa si sta trasformando in un incubo. Guida un Paese in stallo, è definito dalla destra (Marine Le Pen) «un golpista della domenica»; dalla sinistra (Jean Luc Mélenchon) «un uomo finito aggrappato al potere». E gli intellò (per esempio Alain Finkielkraut) sono convinti che «il suo autunno sarà anche quello della Francia».Dopo la mossa del cavallo di indire le elezioni e rimandare a settembre il groviglio del governo, Macron puntava tutto sulle Olimpiadi di Parigi, per stemperare i bollori politici, far dimenticare i buchi di bilancio e rilanciare la grandeur laica in salsa arcobaleno. Invece i piani gli stanno andando malissimo. Ha speso 1,4 miliardi per rendere balneabile la Senna? Nessun atleta vuole immergersi, i colibatteri fanno nuoto pinnato e le pantegane si tuffano dal Pont Alexandre III. Ha preteso le Macroniadi, cerimonie da satrapo babilonese per accontentare il popolo? Il popolo è basito, la cerimonia d’apertura ha creato una frattura fra Stato e religione cattolica, i vescovi francesi gli hanno voltato le spalle, anche ebrei e musulmani hanno mostrato irritazione per lo sfregio all’«Ultima Cena». Ha sognato il trionfo dei Giochi più green della storia? Non c’è Paese al mondo che non l’abbia bullizzato per la sciatteria del villaggio olimpico; molti atleti se ne sono andati in albergo per protesta o hanno fatto arrivare i pinguini De Longhi da casa perché, nel nome della transizione verde, la sindaca Anne Hidalgo ha avuto la brillante idea di far togliere l’aria condizionata dalle stanze nelle settimane più bollenti del secolo.Fuga da Parigi, non solo dei senzatetto, deportati a migliaia verso Lione e Marsiglia per non farli fotografare. Il primo a scappare è stato lui per evitare contestazioni e flash-mob imbarazzanti, mentre qualche buontempone ha innalzato una ghigliottina di cartone in Place de la Bastille. Capìta la metafora, Macron ha fatto salire Brigitte sulla limousine e ha detto all’autista di puntare verso la Costa Azzurra. Per la precisione verso la fortezza medioevale di Brégançon nel Var, dove si rifugiava Charles De Gaulle nei momenti difficili. Poiché l’immagine va salvaguardata, monsieur le président ha fatto sapere che questa è «una vacanza a intermittenza», che gli consente di precipitarsi a Parigi per applaudire qualche trionfo francese. E di sicuro i pugni algerini di Imane Khelif nella finale di boxe domani sera. Glielo ha personalmente promesso in un incontro a Orano due anni fa: «Se vai in finale sarò sugli spalti a fare il tifo per te». Adesso gli tocca.Nel bene e nel male, tutto questo è un diversivo. Un modo per tirare settembre, un giorno nell’afa del Palais des Sports e l’altro negli agi della spiaggia privata della fortezza fatta edificare nel 1200 dai conti di Provenza. Lui che voleva scatenare la guerra diretta contro Vladimir Putin e guidare l’esercito europeo, é costretto a defilarsi, a svicolare. Chissà perché la memoria corre alla memorabile e feroce battuta di Winston Churchill: «Sapete perché i viali francesi sono tutti alberati? Perché così i soldati tedeschi marciano all’ombra».Prima o poi settembre arriva, e i venti dell’Atlantico porteranno nubi nere. Quella politica è già lì, se ne avvertono i tuoni sull’Eliseo. L’Assembea Nazionale è balcanizzata, una maggioranza stabile non esiste. E la sinistra radicale con cui avrà a che fare Macron ha già presentato la lista della spesa: ministeri pesanti, la patrimoniale, la caccia ai ricchi (praticamente coloro che hanno votato il presidente), il taglio dell’età pensionabile, la condivisione dei commissari per Bruxelles. Lui punta sul fedelissimo Thierry Bréton, considerato troppo centrista dai post-marxisti e semplicemente impresentabile dal Rassemblement National.Poi c’è l’economia, sulla quale Macron tende a glissare. Ma il buco è anche più grande di quello fatto nell’acqua della Senna. Deficit previsto nel 2024 vicino al 5%; produzione industriale asfittica, al di sotto della media europea; debito che scricchiola verso il 112% del pil. È vero che la Francia è «too big to fail», ma gli investitori sono scettici e i terremoti di borsa non lasciano insensibile Parigi. La paralisi legislativa moltiplica i malumori. Tutti ricordano che un mese fa, quando la fibrillazione governativa era ai massimi livelli, il divario tra i rendimenti dei titoli di stato francesi e tedeschi ha raggiunto livelli visti - l’ultima volta - una dozzina di anni fa durante la crisi del debito sovrano.Mentre Macron rassicurava sulle sue «politiche pro business», il ministro delle Finanze Bruno Le Maire, con un post su X, aveva scritto che i rischi più immediati derivanti dall’impasse sono «una crisi finanziaria e un declino economico nazionale». Sempre lui aveva demolito il programma della sinistra rampante definendolo «esorbitante, inefficace, obsoleto». Sembrano tre caratteristiche delle Olimpiadi parigine. E anche tre difetti del loro Pigmalione, che passeggia per Saint Tropez, si strugge per l’atleta intersexual e aspetta settembre per la resa dei conti. È il sesto cerchio, quello alla testa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macron-crisi-2668919556.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-nuotatori-azzurri-evitano-la-senna-e-si-allenano-in-piscina-piu-sicuro" data-post-id="2668919556" data-published-at="1723062430" data-use-pagination="False"> I nuotatori azzurri evitano la Senna e si allenano in piscina: «Più sicuro» Il triatleta polacco Tyler Mislawchuk rimarrà per sempre negli annali delle Olimpiadi. Non tanto, però, per le sue prestazioni sportive, bensì per le immagini che lo ritraggono vomitare copiosamente dopo aver nuotato nella Senna: immagini che sono già diventate materiale da meme. Il povero Mislawchuk, comunque, è in buona compagnia: tanti altri atleti olimpici sono rimasti vittime del fiume parigino, ormai simbolo delle Macroniadi a pari merito con la cerimonia di apertura dei giochi a base di trans e fauna queer varia. Tra gli sportivi che hanno espresso forti perplessità sulla qualità dell’acqua della Senna, c’è anche Jolien Vermeylen, che alla tv belga ha raccontato: «Nuotando sotto il ponte, ho sentito e visto cose a cui non si dovrebbe pensare troppo». Il comitato organizzatore ha giurato e spergiurato che la Senna è sicura, questo è vero. Ma, visti i precedenti, non stupisce che anche l’Italia abbia optato per disertare le acque putride del fiume parigino. In vista della 10 km di nuoto in acque libere che si svolgerà oggi (per le donne) e domani (per gli uomini), gli azzurri, tra cui Gregorio Paltrinieri, hanno pensato bene di allenarsi presso una più sicura piscina del circuito olimpico. Con tanti saluti a batteri, feci e pantegane. A deciderlo sono stati il ct Stefano Rubaudo e il tecnico Fabrizio Antonelli in accordo con gli stessi atleti e la dirigenza federale. «Ci fidiamo degli organizzatori e delle professionalità medico-scientifiche deputate ai controlli della Senna», ha dichiarato Antonelli, «ma preferiamo evitare rischi di contaminazioni di qualsiasi genere provando il campo gara». A occhio, si tratta di una decisione molto saggia, dato che, nel frattempo, anche i nuotatori svizzeri Simon Westermann e Adrien Briffod hanno contratto un’infezione gastrointestinale. Tra le vittime più illustri della Senna, figura soprattutto la triatleta belga Claire Michel. Che, però, con un post sui social ha fatto esultare i fan delle Macroniadi. La Michel, in realtà, si è limitata a scrivere che «ci sono state informazioni un po’ contrastanti» sulle sue condizioni di salute, per poi chiarire di aver contratto un virus, e non un batterio, come è l’ormai famigerato Escherichia coli. Ecco, tanto è bastato a qualcuno per scrivere titoli del tipo «La triatleta belga scagiona la Senna». Come se l’Escherichia coli fosse l’unico pericolo che celano le mefitiche acque del fiume parigino. A guardar meglio, in effetti, la scelta di far disputare il triathlon nella Senna sta esponendo i nuotatori olimpici a rischi piuttosto alti. Lo ha fatto notare, tra i tanti, anche Alessandro Miani, il presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima): «Nonostante tutti gli sforzi» degli organizzatori, ha dichiarato, «i rischi sanitari per gli atleti delle Olimpiadi 2024 legati all’inquinamento del fiume non possono essere completamente eliminati». Oltre ai virus intestinali, infatti, «si possono verificare infezioni della pelle e degli occhi per via del contatto con l’acqua contaminata, con conseguenti eruzioni cutanee e infezioni oculari. Altro rischio importante è la leptospirosi, malattia causata da batteri presenti nell’urina degli animali come ratti e topi: i sintomi includono febbre alta, mal di testa e dolori muscolari». Inoltre, ha proseguito Miani, «occorre poi considerare le esposizioni agli inquinanti chimici presenti nelle acque dei fiumi come metalli pesanti, pesticidi o altre sostanze, i cui effetti nocivi sulla salute non sono immediati, ma si riscontrano sul lungo termine». Insomma, bene hanno fatto gli atleti azzurri ad allenarsi in piscina e a evitare la Senna - letteralmente - come la peste.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
Continua a leggereRiduci