2025-10-09
Macron baratta le pensioni con un premier
Il primo ministro dimissionario, Sébastien Lecornu, si presenta in tv e annuncia che l’Eliseo nominerà un suo successore entro 48 ore. Intanto detta l’agenda per corteggiare i socialisti: meno paletti sul deficit e sospensione della contestata riforma Borne.Marine Le Pen ci aveva provato: «Se i francesi vogliono, noi siamo pronti a dar vita a un governo di coalizione attorno a Jordan Bardella», aveva detto ieri pomeriggio. Bel tentativo, ma il momento di avere l’ex Front national al governo non è (ancora?) arrivato. E infatti, ieri sera, Sébastien Lecornu, il premier di una notte, non si è certo presentato in tv per dire al popolo francese che l’ora del lepenismo al potere è finalmente arrivata. Anzi: l’aria che tira è tutt’altra. Dopo 48 ore di consultazioni serrate e una ultima chiacchierata con Emmanuel Macron, Lecornu è intervenuto su France 2, presentandosi come primo ministro dimissionario, responsabile degli affari correnti. «Ho presentato le mie dimissioni lunedì mattina, credo di aver dimostrato che non sto inseguendo la poltrona. Ho accettato di lavorare 48 ore in condizioni non facili, considero la mia missione terminata», ha detto. E adesso? «La maggioranza dell’Assemblea nazionale respinge lo scioglimento, perché vede chiaramente che lo scioglimento non porta una soluzione. Ci sono diversi gruppi pronti a concordare un bilancio comune», ha aggiunto, citando in particolare la sinistra. «Sento che una strada è possibile» ha anche affermato, indicando che Macron dovrebbe nominare un nuovo primo ministro «entro le prossime 48 ore». «Nessuno vuole compromessi, ma una maggioranza molto relativa può governare», ha spiegato. Aggiungendo poi una stilettata: «Ho la profonda convinzione che la squadra di governo dovrà essere completamente slegata dalle ambizioni presidenziali per il 2027». Quanto alla riforma delle pensioni, Lecornu ha confermato che «è l’ostacolo maggiore» e che «dovremo trovare un modo per garantire che il dibattito sulla riforma abbia luogo. Non sono qui per fare annunci, visto che mi sono dimesso, ma dovremo trovare una via d’uscita». Sulle possibili dimissioni di Macron, poi, il suo pupillo ha spiegato: «Sono ancora ministro delle Forze armate e posso assicurarvi che non è il momento di cambiare presidente. Non dobbiamo sottovalutare la tensione internazionale che Macron deve gestire. Non siamo più abbastanza potenti perché la Francia sia autosufficiente».Tutto ruota attorno al budget, insomma. In Francia c’è da varare entro la fine dell’anno la legge sul bilancio, indispensabile con la catastrofica situazione finanziaria del Paese. Le altre soluzioni sul tavolo dell’inquilino dell’Eliseo (che è passato in una settimana dal 16 al 14% della popolarità) dopo la caduta del suo ennesimo governo erano radicali, ma con il pericolo di perdere troppo tempo: alla fine il presidente avrebbe dovuto sciogliere le Camere e indire nuove elezioni politiche. Oppure dimettersi lui e andare verso nuove presidenziali. O ancora, secondo lo scenario clamoroso che abbiamo più volte raccontato, appellarsi all’articolo 16 della Costituzione, che prevede una sorta di stato d’emergenza in cui il presidente della Repubblica fa tutto da sé. Troppo drastica, forse, questa soluzione, mentre le prime due avrebbero comportato ulteriori rallentamenti, quanto mai inopportuni per la situazione economica francese. E allora: altro giro, altra corsa, sotto con un nuovo premier, forse un socialista (con quale maggioranza?). Intanto Lecornu ha messo i paletti. Il suo predecessore, François Bayrou, aveva promesso di ridurre drasticamente il deficit, prima passando dal 5,4% al 4,6% in un anno, per poi arrivare sotto al 3% entro il 2029. Vaste programme, soprattutto per un primo ministro durato meno di un anno (13 dicembre 2024 - 9 settembre 2025). Ieri Lecornu, dopo aver consultato i vari partiti e aver corteggiato in particolar modo i socialisti, ha rivisto drasticamente gli obbiettivi: basterebbe tenerlo sotto al 5%. Sul tavolo ci sarebbe anche il ritiro della riforma delle pensioni. Curioso cortocircuito: il governo non può cadere per colpa dei conti in rosso, ma per tenere su il governo bisogna stralciare quelle misure che erano state pensate per risanare i conti. La quadra da trovare passa comunque per un sentiero strettissimo. L’ex premier Élisabeth Borne, ministro dimissionario all’Istruzione, è stata la prima a proporre di sospendere la riforma che porta l’età pensionabile da 62 a 64 anni e che il suo stesso governo aveva varato: «La riforma delle pensioni non deve diventare un totem. Per garantire la stabilità del Paese bisogna saper ascoltare e muoversi». Fiutato il sangue, i socialisti tirano la corda: nessuna sospensione, la riforma va cestinata definitivamente. Bruno Retailleau, leader dei Républicains, ieri ha sentito al telefono Macron, spiegando di volere un primo ministro che non sia «né socialista, né macronista». L’esponente della destra moderata ha inoltre espresso la propria contrarietà alla sospensione della riforma delle pensioni: «Disfarsi di una riforma sotto la pressione della piazza creerebbe un pericoloso precedente». Rassemblement national e France insoumise, quanto a loro, hanno già detto che voteranno contro qualsiasi governo: la richiesta minima di entrambi è nuove elezioni politiche, la massima sono le dimissioni di Macron. La maggioranza «molto relativa» del prossimo premier rischia di essere sin troppo relativa.
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