2021-02-14
Francesco Lollobrigida: «Macché transizione Il simbolo del governo è la transumanza»
Francesco Lollobrigida (Ansa)
Il capogruppo di Fdi alla Camera: «Con gli spostamenti vorticosi dei partiti da una sponda all’altra la litigiosità salirà alle stelle»Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: è davvero il governo dei migliori? «È un grande frullato dei governi degli ultimi 15 anni. Un frullato indigesto per gli italiani. “Governo dei migliori”? Definizione opinabile». Per usare un eufemismo. «Chi è il migliore? Il ministro Speranza, in un Paese con il più alto tasso di mortalità da Covid in Europa? Che ha sostenuto Arcuri con il suo disastroso piano vaccinale? O il ministro Di Maio, che non ha una linea sulla politica estera? Patuanelli o Dadone, che hanno fallito in un ministero per poi averne un altro?»Vi aspettavate di più?«Da Draghi mi aspettavo molto più coraggio. Più che il ministero della transizione, il simbolo di questo governo poteva essere il ministero della transumanza, visti gli spostamenti vorticosi da una sponda all’altra». È una riedizione del Conte bis?C’è una evidente continuità. Con la differenza che l’indice di litigiosità salirà alle stelle. Dunque voterete no alla fiducia?«La direzione nazionale del partito darà l’indirizzo definitivo. Per me la scelta migliore è votare no». Non salva nulla?«Apprezzo l’istituzione del ministero del Turismo, è una nostra vittoria, una battaglia storica di Fratelli d’Italia. Siamo invece rammaricati per la cancellazione del ministero dello sport, in un momento di grave crisi del settore. Per il resto, è un governo a trazione di centrosinistra». Quindi Lega e Forza Italia faticheranno a imporre le loro proposte?«Chiunque può pensare di essere all’altezza dell’impossibile. Credo però che con Orlando al Lavoro non si possa fare una riforma a favore delle imprese. E spiegatemi come combattere l’immigrazione irregolare con un ministro che aveva il mandato di cancellare i decreti Salvini…» Tuttavia?«Tuttavia, responsabilmente, promuoveremo azioni parlamentari per aiutare i ministri del centrodestra a tenere botta. Ma i numeri in parlamento purtroppo raccontano un’altra storia». Anche la genesi del governo non vi è piaciuta? «È un fatto che Draghi sia l’unico presidente non espresso da una consultazione elettorale, e nemmeno dalle forze politiche parlamentari. È un caso unico in Europa, e forse anche nel mondo». Per questo si chiama «governo del Presidente», no? «Noi siamo i primi ad essere presidenzialisti. A patto però che prima si modifichi la Costituzione, introducendo l’elezione diretta del capo dello Stato». D’altronde, i partiti hanno fallito. «Semmai ha fallito la legge elettorale che Fdi non ha votato, e che non ha saputo garantire stabilità. E comunque, da dieci anni in Italia il premier non è espressione di un mandato popolare: non sarà che, oltre che per il fallimento dei partiti, qualcuno tifa per il fallimento della democrazia? «Insistete sulle elezioni? «La storia ci insegna che le libere elezioni sono il metodo migliore per selezionare una classe dirigente. Se i processi politici non li governa il popolo, chi altro potrà farlo: i mercati, gli organismi sovranazionali, le lobbies internazionali?»Non rischiate l’isolamento all’opposizione?«Da due anni chiediamo con coerenza di votare: da quando eravamo ancora al 3% dei consensi e rischiavamo di sparire dal Parlamento. La strategia di Giorgia Meloni, realizzata con coraggio, ha richiesto spesso sacrifici ma si è sempre rivelata giusta. Oggi lo diciamo con la stessa convinzione: votare è l’unico modo per avere un parlamento rappresentativo e un governo coeso». Eppure i numeri dicono che la maggioranza degli italiani sembra favorevole al nuovo premier. «Se anche il 60% fosse favorevole, vuol dire che il 40% è contrario. Sono milioni di italiani, che hanno bisogno di essere rappresentati». Siete la diga contro la rabbia sociale? «Il dissenso naturale dev’essere ascoltato, per evitare che degeneri anche in violenza. Detto questo, se le cose andranno bene, saremo i primi ad applaudire il governo. Altrimenti non faremo sconti». Pretenderete le commissioni parlamentari di garanzia, in quanto unica opposizione?«Non abbiamo chiesto poltrone, fin dall’inizio. Ma esistono delle norme che servono a garantire pesi e contrappesi democratici. Queste garanzie democratiche non possono essere sospese, nemmeno in una fase d’emergenza». Da una parte tutto l’arco costituzionale, dall’altra, voi e Di Battista. Tributate a Dibba l’onore delle armi?«Siamo in una fase nella quale i politici cambiano idea ogni giorno. Se qualcun altro, come noi, ha ritenuto di fare una scelta di coerenza, perché in questo caso non dovrei apprezzarlo?»Di cosa avete parlato in un’ora di faccia a faccia con Draghi?«Gli abbiamo elencato le nostre proposte: ci è voluto del tempo. Il premier ha il pregio di saper ascoltare. A differenza del predecessore».Ma la lontananza resta.«Sulla flat tax, per dire, non ci siamo trovati. Lui rilancia la progressività, mentre noi vogliamo uno shock fiscale che metta fine all’oppressione delle tasse su certi ceti produttivi». Ma sarete comunque patriottici, quando servirà?«Gli abbiamo detto con franchezza che saremo più leali di molte delle forze politiche che lo accompagneranno. Sulle proposte che riterremo giuste ci saremo, e senza chiedere poltrone in cambio». Poi, salutandovi, ha lanciato a Draghi la famosa battuta... «Gli ho detto: Presidente, sarei in difficoltà a votarle la fiducia, anche perché io tifo Lazio». Mentre lui è giallorosso.«Un modo per sdrammatizzare, rasserenare il clima. Essere patrioti significa anche saper remare nella stessa direzione, nonostante le divisioni».
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