2020-04-14
Mandiamo navi per la quarantena dei migranti
«Covid o non Covid, continuiamo a sbarcare migranti in Italia», si vantano i tassisti del mare. L'Ue come sempre se ne frega e ora ci tocca pure mandare le navi per mettere in quarantena chi arriva. Del resto è quello che chiedono a gran voce gli eletti di Pd e M5s.La notizia diffusa anche da Sea Watch e Mediterranea. Nemmeno Frontex conferma il naufragio di Pasqua.Lo speciale contiene due articoli.In buona sostanza, hanno fatto finta. Qualche giorno fa il governo ha fatto intendere di avere chiuso i porti: per via dell'emergenza coronavirus, niente più sbarchi di immigrati. Benché tardiva, pareva una mossa più che ragionevole. È arrivato pure il decreto, firmato dal ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dal ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, e da quello della Salute, Roberto Speranza. Subito si sono levati i lamenti delle Ong e delle varie associazioni «umanitarie» che si occupano di accoglienza, le quali facevano notare una contraddizione che, in effetti, esiste: come può l'attuale governo chiudere i porti se è nato proprio per impedire a Matteo Salvini di prendere il potere e, appunto, di chiudere i porti medesimi? Il mistero, tuttavia, è stato presto svelato. In realtà, i nostri porti non sono affatto chiusi. Virus o non virus, l'accoglienza prosegue imperterrita, solo con qualche piccolo mascheramento. Come noto, la nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye ha da qualche tempo ripreso il mare, è arrivata nei pressi della Libia e ha caricato 150 persone. Gli attivisti se ne sono bellamente fregati delle condizioni drammatiche in cui versa l'Italia a causa dell'epidemia. «Cos'è più importante, il pericolo coronavirus o la vita delle persone che muoiono nel Mediterraneo? Io non ho dubbi», ha dichiarato a Repubblica Caterina Ciufegni, trentacinquenne italiana medico della Alan Kurdi. «Quando mi sono imbarcata con l'equipaggio sapevo quali rischi stessimo correndo, ma la volontà di salvare chi, pandemia o non pandemia, sale sui gommoni per fuggire da torture e dalla guerra, era prevalente». A quanto pare, la volontà di aiutare i profughi è prevalente anche per le forze di governo. Rifiutata da Malta, ovviamente snobbata da tutti gli altri Stati europei, compresa la Germania, la nave è arrivata nei pressi delle nostre coste. Sulle prime, sembrava che fosse destinata a rimanere a mollo, poiché le è stato negato un porto per lo sbarco. Ma ecco che il governo ha trovato la soluzione. La patata bollente è stata affidata alla Protezione civile (che evidentemente non ha già abbastanza da fare) e Angelo Borrelli ha escogitato una soluzione: gli stranieri non entreranno subito in Italia, faranno prima un periodo di quarantena a bordo di una nave fornita da noi. Nel giorno di Pasqua è arrivato anche un apposito decreto. Nel testo si legge che il capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno, con il supporto della Croce rossa, «provvede all'assistenza alloggiativa e alla sorveglianza sanitaria delle persone soccorse in mare e per le quali non è possibile indicare il “Place of Safety" (luogo sicuro)».Qualora non sia possibile indicare un porto sicuro in cui effettuare lo sbarco, il capo dipartimento del Viminale «può utilizzare navi per lo svolgimento del periodo di sorveglianza sanitaria». A trovare la nave su cui mettere i migranti della Alan Kurdi per la quarantena ci ha pensato Nello Musumeci, governatore della Sicilia: «L'abbiamo trovata: è la motonave Azzurra della compagnia Gnv, dotata di protocollo sanitario per l'assistenza a bordo di casi di Covid-19 positivi», ha dichiarato festante il presidente della Regione, riuscendo così ad accontentare 32 sindaci dell'Agrigentino che avevano scritto al premier Giuseppe Conte un paio di giorni fa, chiedendo proprio di utilizzare navi per l'isolamento. C'è da capirli, gli amministratori siculi: i loro Comuni sono già in difficoltà nel gestire i migranti approdati a decine la scorsa settimana (tra cui un positivo al Covid). Il punto è che non ci sono soltanto gli stranieri recuperati dalla Alan Kurdi, ma pure quelli che arrivano tramite i cosiddetti «sbarchi autonomi». Nel siracusano ne sono giunti 77 la notte scorsa, a Pozzallo poco prima sono approdate altre 100 persone da smistare. Come saranno gestiti questi «sbarcati autonomi»? Semplice, l'Italia si farà carico anche di loro. Lo spiega il decreto della Protezione civile. Si legge nel testo: «Relativamente ai migranti che giungono sul territorio nazionale in modo autonomo», il Viminale individuerà, «sentite le Regioni competenti e le autorità sanitarie locali, per il tramite delle Prefetture competenti, altre aree o strutture da adibire ad alloggi per il periodo di sorveglianza sanitaria previsto dalle vigenti disposizioni, avvalendosi delle Prefetture medesime che procedono alla stipula di contratti per il trattamento di vitto, alloggio e dei servizi eventualmente necessari». Insomma, ci prendiamo tutti. Qualcuno farà la quarantena su una nave, altri in nuove strutture individuate dal Viminale e pagate dai contribuenti (e c'è persino chi, come Filippo Miraglia dell'Arci, si lamenta per la differenza di trattamento). Del resto ben 29 parlamentari ed europarlamentari di sinistra e M5s (tra cui Gennaro Migliore, Pierfrancesco Majorino, Davide Faraone e altri) a Pasqua hanno scritto a Conte per chiedergli di aprire i porti, «di fare presto, di soccorrere chi ha bisogno di essere soccorso in mare». Altre pressioni, come sappiamo, sono giunte dal Vaticano, mentre le Ong continuano a parlare di disastri in mare, nonostante le smentite della Guardia costiera. Ci dicono che la nostra vita deve cambiare, per via del virus. Ma certe cose non cambiano mai: i migranti arrivano, l'Ue se ne frega, e a noi tocca spalancare le frontiere. Covid o meno, tutto come sempre. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macche-porti-chiusi-facciamo-entrare-tutti-2645706647.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="falso-allarme-il-naufragio-di-pasqua-guardia-costiera-smentisce-le-ong" data-post-id="2645706647" data-published-at="1586799925" data-use-pagination="False"> Falso allarme il naufragio di Pasqua. Guardia costiera smentisce le Ong Il tweet non ammette dubbi: «Lasciati morire soli nel giorno di Pasqua da un'Europa che parla a vuoto di solidarietà verso le persone che soffrono. 250 persone erano alla deriva da ieri su 4 gommoni. Oggi avvistamenti Frontex li riportano ancora in mare e uno capovolto. Naufragato con le persone a bordo». Firmato Sea Watch Italy, una delle organizzazioni non governative più impegnate nel recuperare i migranti abbandonati nel Mediterraneo dagli scafisti libici per poi consegnarli all'Italia. Che cosa c'è di vero nel drammatico allarme lanciato dalla Ong il giorno di Pasqua? Soltanto le accuse all'Europa insensibile. Il resto è una colossale fake news: nessun naufragio né dichiarazioni di Frontex su barconi alla deriva o gente in mare. Zero. La smentita viene da un comunicato della Guardia costiera. Un velivolo Frontex aveva avvistato un gommone alla deriva e lo aveva segnalato come «pericolo per la navigazione» in acque Sar (ricerca e soccorso in zona ostile) tra la Libia e Malta. Il natante era privo di motore e probabilmente era stato «oggetto, nei giorni scorsi, di un intervento di soccorso avvenuto da parte delle competenti autorità libiche» che hanno tratto in salvo i migranti a bordo. «Dalle immagini trasmesse non si rileva la presenza di corpi, relitti o oggetti galleggianti in mare che possano fare pensare a un recente naufragio», chiude seccamente la nota dell'autorità marittima. Tace Frontex, il programma di recupero dell'Unione europea, che sarebbe la fonte di Sea Watch. E silenzio anche delle altre fonti ufficiali sugli altri allarmi diffusi dalle Ong. Alarm phone, il «centralino» autogestito da volontari sparsi in tutta Europa che rilancia gli allerta lanciati dalle barche in difficoltà, ha detto di avere perso i contatti con 3 delle 4 imbarcazioni di fortuna in avaria che da giorni chiedevano aiuto. Le tre barche avrebbero rispettivamente 71, 55 e 85 persone a bordo. Il quarto natante, quello con cui Alarm phone è riuscito a parlare, ha 47 migranti. Altre segnalazioni vengono dalla Ong Mediterranea saving humans, quella di Luca Casarini, che ha diffuso la registrazione di una telefonata con una donna incinta e malata. Ora invece la Guardia costiera nega i naufragi. Non è la prima volta che dai professionisti del recupero in mare partono falsi allarmi: il caso più clamoroso fu quando, nel maggio di due anni fa, fu annunciata la morte di una bambina di 5 anni a bordo di un natante. Quasi in contemporanea al tweet allarmistico, un pattugliatore della Marina militare recuperò il gommone salvando 100 migranti: tra loro non c'erano corpi senza vita. L'episodio scatenò comunque un tam tam di indignazione che giunse a evocare lo spettro del nazismo sulla Marina militare italiana. E l'ondata di sdegno non rientrò con il cessato allarme. Lo stesso meccanismo si è ripetuto ieri: anche le notizie false servono per alimentare la protesta delle Ong. I fatti sono che i traghetti della disperazione hanno ripreso a funzionare a pieno regime. Dal 1° gennaio al 10 aprile sono sbarcate 3.050 persone contro le 551 degli stessi 100 giorni del 2019: quasi 6 volte in più. La scorsa settimana il ministero dell'Interno ha registrato 34 sbarchi il 6 aprile, 86 il 7, 57 l'8, 6 il 9 e 73 il 10 aprile. Il virus non ferma i migranti illegali. I porti italiani sono chiusi, i sindaci di località come Pozzallo e Lampedusa hanno dichiarato esasperati che non vogliono accogliere stranieri mentre tutto il Paese è chiuso per la pandemia. Parecchi hanno protestato perché gli sbarcati vengono immediatamente dotati di mascherine, mentre la gente normale ne è ancora priva o le deve pagare care, e perché essi vengono messi in quarantena a spese dello Stato. Ma le organizzazioni di salvataggio non perdono l'occasione per lamentarsi e attaccare l'Italia. E gli Stati europei di cui le navi del recupero battono bandiera, come la Germania o la Norvegia, non impediscono la loro attività. Così finisce che le Ong restano al largo delle nostre acque territoriali per esercitare pressioni sull'Italia.
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La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)