2019-11-25
«Ma quale Milano pigliatutto. È lo Stato che prende da noi»
L'ex sindaco Gabriele Albertini: «Il ministro per il Sud parla per suggestioni. Attrarre ricchezza è un vanto. Però lo sviluppo ha anche le sue “scorie": costo della vita alle stelle e più criminalità».Gabriele Albertini è stato sindaco di Milano dal 1997 al 2006. Fu in quegli anni che Milano mise le basi dello straordinario sviluppo che ha oggi il volto di uno skyline di grattacieli. Crescita in larga parte frutto di 30 miliardi d'investimenti stranieri, di cui Albertini va particolarmente fiero.Dottor Albertini, il ministro per il Sud, Peppe Provenzano, ha sostenuto che Milano prende, ma «non restituisce nulla al Paese». Poi ha fatto una parziale marcia indietro. Lei che dice? Milano pigliatutto?«Sa, per l'intervista mi sono preparato. Ho consultato vari studi».Cosa ha trovato?«Le cito Eupolis. In termini di contributi netti allo Stato, l'Emilia Romagna dà 18.861 miliardi, il Piemonte 8.606, la Toscana 5.422. La Lombardia 54.000 miliardi».Così tanto? «Tutti gli altri, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna, Campania, Puglia, Calabria - persino Trento - ricevono più di quello che danno. Con un record».Quale?«Quello della Sicilia, che riceve 10.617 miliardi. E vogliamo parlare del contributo pro capite?».Sentiamo.«Ogni lombardo versa 5.217 euro l'anno. Segue l'Emilia Romagna, con 4.239, poi il Veneto, con 3.141».I fatti confutano Provenzano?«Winston Churchill diceva che ci sono tre tipi di bugie: le bugie, le bugie dannate e le statistiche. Se le statistiche che le ho citato non sono bugie, certe posizioni alla Provenzano sono solo suggestive. Si parla del “percepito" e non della realtà».La realtà qual è?«Le straordinarie qualità civiche ed economiche di Milano».Tipo?«Il 10% del nostro Pil è prodotto a Milano. Il 32% delle multinazionali made in Italy mette qui la sua sede. Lo stesso vale per il 60% degli investimenti esteri - lo dice uno studio Ambrosetti. I due terzi dei ricercatori italiani scelgono di vivere qui: oltre il 22% dei brevetti viene depositato a Milano».A proposito di ricerca. Nella vicenda di Human Technopole, l'istituto che sorge nell'area dell'Expo, la senatrice a vita Elena Cattaneo vorrebbe destinare almeno 80 dei 140 milioni di finanziamenti pubblici concessi al polo dal governo Renzi a infrastrutture nazionali aperte a tutti gli scienziati d'Italia. Forse il discorso delle sperequazioni Nord-Sud non regge in linea generale, ma delle disparità sussistono su singoli aspetti.«Sui singoli aspetti rispondo con un'obiezione di fondo».Cioè?«Il dettaglio va considerato, ma l'insieme non può essere trascurato: il piccolo sta nel grande. È ovvio che Technopole nasca nella città con 10 università e che è il più grande laboratorio italiano della ricerca applicata».Il Messaggero ha rilevato che, per strade e infrastrutture, Milano, negli ultimi 5 anni, ha ricevuto dallo Stato 806 milioni. Roma, 563. Sicuro non serva un riequilibrio?«Per carità, è giusto che il pubblico intervenga sulla distribuzione della torta. Ma non si possono fare scelte assurde. Se lei costruisce un'industria in un luogo desertificato e in cui manca la cultura d'impresa, non va da nessuna parte».Sempre il Messaggero annotava: a Milano la spesa per investimenti è più del doppio di quella romana. Qui però viene da domandarsi: spendere per investimenti non è esattamente quello che deve fare una buona amministrazione?«Certo. Se non è spesa corrente, le infrastrutture, ma anche gli investimenti strategici nel sociale o nella cultura, lasciano sempre qualcosa». Lei, da sindaco, quanto investì?«Quando ero sindaco, Milano spese 6 miliardi in opere pubbliche. Altri 30 arrivarono dai privati per la rigenerazione urbanistica, con progetti ancora in corso. Un'amministrazione pubblica ha il dovere di pianificare il futuro. Perciò, per concludere: se la critica è questa, per noi è un vanto».Milano però è la città più «criminale» d'Italia.«Laddove c'è ricchezza, quindi attrattività per il bene, ce n'è anche per il male. Gira denaro, arrivano le multinazionali, ma pure la 'ndrangheta. Lo stesso può avvenire con la criminalità di strada».Lo sviluppo della città ha generato delle «scorie»? «Partiamo da una constatazione: a Milano nessuno muore di fame. C'è un ottimo welfare pubblico ed è pieno di organizzazioni di volontariato».Sì, ma non c'è il rischio di correre dietro a modelli tipo San Francisco? Lì, l'arrivo delle grandi aziende informatiche ha innescato il boom economico, ma ha anche fatto salire così tanto i prezzi degli affitti, che molta gente della piccola borghesia s'è ritrovata in mezzo alla strada. «Sì, questo rischio c'è. Milano è la dodicesima città al mondo per costo della vita».Appunto. Quale lavoratore normale può permettersi di vivere al Bosco Verticale?«Ma ci sarà un motivo se a Milano, nelle zone della rigenerazione urbana, gli appartamenti si vendono a 10.000 euro al metro quadro, mentre in una desolata landa di Locri non superano le poche centinaia di euro al metro quadro».Quindi è tutto inevitabile?«È chiaro che l'attenzione allo sviluppo dev'essere bilanciata da una sensibilità per quelle che lei, giustamente, definiva le “scorie" dello sviluppo».Esaltare il modello Milano rispetto al caos romano è un gol a porta vuota. Però è anche vero che gli stessi bivacchi di stranieri e spacciatori che sono davanti la Stazione Centrale, davanti a Termini fanno più notizia. Perché?«Le cito due proverbi. Uno è napoletano».Lei che parla napoletano? Sentiamo.«U' cane mozzica o' disgraziat'».Fantastico. L'altro?«L'altro è più classico: piove sul bagnato».E che c'entra con la narrazione sempre negativa su Roma?«C'entra. Se un luogo ha un'allure positiva, se ne enfatizza l'aspetto gradevole. Nulla induce al successo come il successo stesso: ha vinto, vincerà ancora. Viceversa, l'idea è che se uno perde, perderà di nuovo. È questo che condiziona i giudizi su Roma».Si vedono solo i problemi?«Badi, non giustifico questo atteggiamento. Si dovrebbe essere oggettivi. Ma è comprensibile».Il Giorno ha scritto che esiste un patto tra mafie straniere e clan italiani per spartirsi la Lombardia. Non se ne discute granché. Per anni, invece, abbiamo parlato di «Mafia capitale»: per carità, un sistema odioso, ma la mafia, dicono i giudici, non c'entrava.«Io però credo che i due casi di Roma e Milano siano molto diversi».In che senso?«Nelle aree come Milano, con grande sviluppo economico legale, la criminalità tende a mimetizzarsi: il laureato alla Bocconi che investe i capitali della 'ndrangheta. Nei luoghi in cui vige il diritto tribale delle mafie, è tutto più visibile: è la logica del pizzo, ad esempio. Mi pare che Roma appartenga più a questa seconda categoria. Una predazione quasi territoriale, non sui grandi investimenti».Ma lei a Virginia Raggi che consiglio darebbe?«Sarò spietato, ma ai 5 stelle posso consigliare solo una cosa: sparite».Addirittura? «Beppe Grillo fa sembrare il pifferaio di Hamelin un dilettante. Solo che a un certo punto il pifferaio non suona più…».Non esagera?«Guardi, io la Raggi l'ho anche incontrata. Mi ha fatto tenerezza, con questo faccino da Madonnina…».Lei è ricordato come uno dei sindaci di Milano…«La ringrazio. Effettivamente dai riscontri che ho per strada pare sia così. Spero sia vero».Dopo di lei, i sindaci hanno sbagliato qualcosa?«Il problema della giunta Pisapia è stato un certo snobismo da centro sociale. Degna persona il sindaco, ma per presa di posizione ideologica volle abolire i presidi militari. E con la polizia allo stremo, sono cresciuti gli indici di criminalità».Beppe Sala e Letizia Moratti?«Sala forse è il migliore: ha un'ottima conoscenza della macchina. Sulla Moratti, dico solo una cosa. Quando andai via da Palazzo Marino il mio indice di gradimento era al 61,8%. Lei, appena vinte le elzioni, inspiegabilmente, la prima cosa che disse fu: “Discontinuità"».Lei che città trovò arrivando a Palazzo Marino? «Milano nel 1997 aveva tre problemi fondamentali». Quali?«Primo: la deindustrializzazione. Le macerie della seconda guerra mondiale erano 3 milioni e mezzo di metri quadrati, quelle delle industrie dismesse erano 11 milioni. Secondo: Tangentopoli, che ha cancellato un ceto politico, ma ha anche amputato un genus economico e finanziario milanese. Lì si trattava di imporre una specchiata legalità all'amministrazione. Terzo: l'amministrazione Formentini scontava, dal suo secondo anno, un immobilismo politico dovuto alla rottura tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi».E lei come intervenne?«Le mie giunte attrassero quei 30 miliardi di capitali privati che hanno rigenerato la città. E quando il signor Gerald Hines decise di investire a Porta Nuova, venne a dirmi: “Abbiamo scelto Milano perché nella vostra amministrazione non c'è un cartaro che dà carte truccate". Ci sarà un motivo se nei 50 anni precedenti operavano sempre gli stessi immobiliaristi, sempre gli stessi architetti - tutti di sinistra, s'intende - e invece con la nostra amministrazione vennero i 12 più grandi architetti del mondo».Questa è stata la formula del suo successo?«Be', c'è anche un altro ingrediente».Ovvero?«La forza di Milano è la milanesità». La milanesità? Come la spiega a uno del Centro Italia?«Con tre motti: fare la rob giust, laurà semper, non esser mai cuntent e avere il coeur in man».
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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