2020-11-18
L’unico commissario che serve è quello per fermare Giuseppi
Diciamolo: questa storia del commissario alla Sanità calabrese è meglio di un film, perché come nelle migliori telenovelas ogni giorno ci riserva un colpo di scena. Se non ci fossero di mezzo morti, malati e tanta paura, certo ci sarebbe da ridere. Perché già era comica la storia del commissario alla Salute che, dopo aver sparato stupidaggini in diretta tv, dice di non essere stato in salute, commissario cioè, ma a sua insaputa. Poi, per rendere ancor più divertente la sceneggiatura, ecco spuntare un secondo commissario, ossia colui che dovrebbe difendere i calabresi dal coronavirus, il quale però pensa che le mascherine anti Covid non servano «letteralmente a un c…», in quanto per contagiarsi si deve baciare lingua in bocca per 15 minuti. Buttato fuori uno Zuccatelli un po' picchiatello, ecco perciò avanzare il ticket Gaudio-Strada, ossia un ex rettore indagato e il medico delle emergenze, ma soprattutto dei compagni. Neanche il tempo di annunciare il terzo (ma forse essendo in due sarebbe meglio dire il quarto) commissario in 10 giorni, che qualche cosa va storto. Gino, che forse già assaporava dopo la telefonata del premier Giuseppe Conte i superpoteri del plenipotenziario degli ospedali calabresi, fa sapere via comunicato Facebook di non essere disponibile a fare il gregario del professore. Il quale a sua volta, forse perché deve destreggiarsi in un'inchiesta sulle nomine universitarie, fa un passo indietro invece di uno in avanti. Ufficialmente la di lui signora, preferendo la Capitale, non ha voglia di trasferirsi a Catanzaro. Risultato: da 15 giorni si discute a chi affidare l'emergenza Covid in Calabria. Le persone muoiono e si ammalano, altre rimangono in attesa di ricoveri e cure, e ai pazienti non resta che confidare in Speranza, che non è uno stato d'animo di attesa fiduciosa della salvezza, ma ahinoi un ministro e proprio quello chiave in un periodo di pandemia. Sì, neppure uno sceneggiatore in vena di scrivere racconti paradossali avrebbe immaginato una storia del genere, con un generale in pensione che prima, pur essendo commissario alla Sanità, dichiara di non sapere - perché nessuno glielo ha detto - di doversi occupare dei posti letto della Sanità, e poi svela di non essere stato in sé, forse drogato, magari dai massoni. Poi, a superare Cotticelli, ecco Zuccatelli, quando si dice l'uomo giusto al posto giusto, cioè per combattere il Covid un tizio che nega la pericolosità del Covid. Infine, due commissari che prima ancora di ricevere l'incarico si dimettono, lasciando il ministro con il cerino in mano, anzi, in questo caso con in mano - di nuovo ahinoi - la pandemia. Si poteva fare di più, soprattutto dopo aver già nominato un commissario al vaccino come Domenico Arcuri? Già il suddetto aveva dato ampia prova di incapacità con la gestione delle mascherine e dei banchi a rotelle, dunque l'amministratore di Invitalia, e probabilmente dell'Ilva, è stato premiato con l'incarico di occuparsi anche delle dosi del farmaco che dovrebbe salvare la vita ai malati di Covid. Se le premesse sono quelle dei ritardi nelle consegne dei dispositivi di sicurezza e di distanziamento, come la moltiplicazione immaginaria dei posti letto in terapia intensiva (Arcuri è riuscito a farsi smentire dal presidente della società che raggruppa i medici rianimatori), c'è da immaginare che il vaccino arriverà in Italia a epidemia debellata, quando cioè non ce ne sarà più bisogno, come ormai, visto il numero di scuole chiuse, non si rinviene la necessità di centinaia di migliaia di banchi a rotelle. Di commissario in commissario avanza però anche un'altra nomina, ossia, non essendo stati sufficienti i vari comitati insediati per studiare i piani da finanziare con i soldi del Recovery fund, adesso il governo pare intenzionato a designare un plenipotenziario che si occupi dell'attuazione dei progetti. Il nome del fortunato cui verrà affidato il controllo dei piani e, soprattutto, dei fondi non è ancora stato rivelato, ma già c'è chi teme che rispunti il solito Arcuri, il quale pur passando di disastro in disastro, pare godere della fiducia del presidente del Consiglio. Già, perché alla fine a capo di tutte queste nomine, da quelle in Calabria a quelle sulle terrazze romane, c'è sempre lui, Giuseppe Conte, il quale per paura di perderlo tiene ben stretto il potere, circondandosi di uomini che, oltre a non fargli ombra, gli garantiscano completa fedeltà. Il problema, dunque, non è commissariare la Sanità calabrese, scegliere qualcuno cui affidare la distribuzione dei vaccini o la gestione del denaro che giungerà da Bruxelles. Il problema è commissariare il capo del governo, ossia il signor nessuno che una volta entrato a Palazzo Chigi si è tanto innamorato del suo ruolo che non se ne vuole più andare. Sì un commissario al governo è proprio la soluzione che ci vuole.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)