2020-05-20
«Mani pulite» nella giustizia
Alfonso Bonafede (Archivio Massimo Di Vita:Mondadori Portfolio via Getty Images)
Boss scarcerati, nomine pilotate al Csm: gli scandali hanno già affossato un capo del Dap e due funzionari di via Arenula. Alfonso Bonafede, invece, se la caverà anche oggi: al Senato si decide sulla sfiducia, però Matteo Renzi teme le urne e non picconerà il Guardasigilli «distratto».Perché non siate vittime di facili illusioni, premetto subito che il governo non cadrà neanche questa volta. Sebbene ci siano tutte le ragioni per mandarlo a casa, votando la sfiducia al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sono certo che la mozione presentata dal centrodestra sarà respinta. Lo credo non perché io sia un inguaribile pessimista, ma perché dopo aver frequentato per anni la classe politica, vecchia e nuova, sono incline al realismo. Nonostante le minacce di Matteo Renzi, il Guardasigilli non cadrà, perché se cascasse franerebbe con lui il castello incantato di Conte e compagni e dunque si andrebbe dritti alle elezioni. Bonafede infatti non è solo il guarda carceri (e come le ha guardate si è visto: lasciando che si liberassero 500 mafiosi), ma è pure il guarda premier e - udite udite - il guarda passeri dei 5 stelle al governo, in quanto è lui nel Consiglio dei ministri che rappresenta la delegazione grillina. Dunque, riponete le speranze: Renzi e i suoi faranno il solito chiasso, ma alla fine non succederà niente. Al massimo, l'ex senatore semplice di Scandicci ora diventato capo di un partito al 3 per cento, agitando lo spauracchio della sfiducia, cercherà di guadagnarci qualche cosa, ossia un posticino in più in qualche consiglio di amministrazione o, meglio ancora, una poltroncina da ministro per la sua pupilla, quella Maria Elena Boschi che in questi giorni ci segnalano come molto attiva. È lei che tira le fila di Teresa Bellanova, la ministra con le lacrime agli occhi. Lei che tratta con gli alleati. Lei che fa di tutto per riprendersi il ruolo che ritiene le spetti.Ciò detto, tornando a Fofò dj, soprannome di Bonafede, mi auguro di sbagliarmi. Anzi, diciamo che è una delle poche volte che spero di avere torto e di scoprire un risultato migliore di quanto pensi. Ma temo che così non sarà e dunque dovremo tenerci un ministro della Giustizia che si nasconde dietro tutti, senza mai assumersi la responsabilità politica di quel che succede. Centinaia di mafiosi vengono liberati dopo che il suo ministero ha emanato una circolare che si preoccupa della diffusione del Covid tra gli ergastolani? Bonafede si lascia andare a un «oh» di autentico stupore. Lui non ne sapeva niente. Si dimette il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma Fofò no, lui resta incollato alla poltrona. Altri se ne andarono dopo un'evasione di una sola persona e ora che con il consenso dello Stato sono «evasi» 500 criminali, l'uomo che rappresenta lo Stato non fa un plissé. Ministro della Giustizia a sua insaputa. Liberavano ergastolani a manetta, ma il guarda prigioni non vedeva niente. Un ministro affetto da una grave miopia, tanto da non vedere neppure l'ecatombe intorno a lui. Già, perché uno via l'altro cadono tutti gli uomini di cui s'era circondato. Prima casca Andrea Nocera, capo degli ispettori di via Arenula, indagato per una presunta corruzione. Poi finisce al tappeto Francesco Basentini, quello dei capi mafia a piede libero per presunta epidemia carceraria. Quindi è la volta del capo di gabinetto Fulvio Baldi, intercettato mentre parla di nomine con Luca Palamara, il paziente 0 che ha infettato mezza magistratura. E infine pare che ce ne siano altri sulla rampa di lancio. In pratica, chi si avvicina a Fofò muore o quanto meno è colto da improvvisa sfiga. L'unico a restare in piedi, sfiorato ma mai toccato, è lui. Il quale, mentre gli altri si dimettono, mentre nel mondo della giustizia sta succedendo di tutto (ieri hanno arrestato il procuratore capo di Taranto) e l'organo di autogoverno appare un organo di malgoverno, se ne sta zitto zitto, nella speranza che ci si scordi di lui e dei suoi guai. Sì, pur di far dimenticare la propria esistenza in vita e soprattutto le accuse che contro di lui ha lanciato Nino Di Matteo a proposito della sua mancata nomina ai vertici del Dap («i mafiosi non volevano»), Bonafede non apre bocca neppure su ciò che sta emergendo a proposito degli incarichi nei Palazzi di Giustizia e dei traffici nei sotterranei del Csm. Giudici che si spalleggiavano l'un l'altro, pressioni, correnti, favori. Una bilancia della Giustizia che pende pesantemente dalla parte della scarsa trasparenza, proprio come quella della politica e dei comuni mortali che la magistratura quotidianamente persegue, denunciandone i conflitti e gli interessi. Ma di fronte a ciò, il guarda birilli tace. Dalle intercettazioni e dalle scarcerazioni, l'immagine della Giustizia ne esce devastata, ma ciò che conta è che Fofò e Conte si salvino. Il ministro si fa piccino piccino, quasi un puntino in Parlamento. Proprio per questo, non sarà oggi e forse nemmeno domani, ma a forza di rimpicciolirsi, vedrete, il puntino sparirà.
Donald Trump (Getty Images)
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