
- Negli ultimi 18 mesi sono ripartite le missioni automatizzate che prevedono l'invio di sonde e rover robot. A non mancare anche le iniziative private, come quella di Elon Musk, che vorrebbe vendere viaggi turistici nell'orbita lunare già dal 2023.
- I videogiochi hanno da sempre per protagonista lo sbarco sulla satellite terrestre. Tra i più famosi Lunar lander di Atari e Moon rescue di Taito.
- Non ci fu nessuna missione Apollo senza intoppi: la tecnologia usata era in buona parte innovativa e quindi poco sperimentata. Il fallimento dello sbarco sulla Luna venne evitato grazie a un pennarello.
Lo speciale contiene tre articoli e gallery fotografiche.
Stiamo per tornare sulla Luna e questa volta la competizione tra superpotenze non c'entra.
Oggi una sola agenzia spaziale, seppur grande come quelle russa, americana o cinese, non potrebbe affrontare da sola un'impresa come quella che serve realizzare. Il motivo è che più del punto di vista militare l'interesse nella colonizzazione della Luna è civile e scientifico. Si pensi al fatto che nel 1965 gli Usa dedicavano alla ricerca spaziale il 4% del budget federale, mentre oggi gli stanziamenti non superano lo 0,52%. Ma ricercatori e scienziati sono ormai decisi: bisogna creare una base permanente sul satellite e possibilmente in una delle sue zone polari, in modo che l'acqua ghiacciata contenuta nel sottosuolo possa essere utilizzata per produrre idrogeno per la generazione di elettricità, e ossigeno per la sopravvivenza.
Detta così sembra facile, in realtà la creazione dell'infrastruttura, inizialmente non autosufficiente, renderà necessari continui viaggi ben più costosi e lunghi di quelli che già avvengono per rifornire la Stazione Spaziale Internazionale. Ma tant'è, come rimarcano gli astronauti durante le interviste, poter creare una base fissa sulla Luna sarà il preludio e il miglior modo per sperimentare quanto occorrerà per poi affrontare la naturale missione successiva: mandare esseri umani su Marte.
Non soltanto: l'osservazione spaziale eseguita finora dall'uomo ha mostrato due limiti invalicabili: il primo, la presenza della nostra atmosfera che ci impedisce una vista completamente esente da fenomeni di degradazione delle immagini e dei segnali di esplorazione inviati nel cosmo. La seconda, mandare telescopi nello spazio è oneroso dal punto di vista economico e pone un limite alla grandezza e al peso dei sistemi che lanciamo. Basti pensare che un chilo di equipaggiamento mandato in orbita oggi costa più di 300.000 dollari.
Dunque è prematuro sapere se a essere realizzato per primo sarà il Moon Village presentato dal direttore dell'Agenzia Spaziale Europea Jan Worner, ottenuto stampando le pareti degli habitat umani direttamente sulla Luna con una stampante 3D alimentata a polvere lunare (regolite), oppure se sarà finalizzato l'accordo russo-europeo per la missione Luna 27 prevista dal 2023, oppure ancora se la spinta trumpiana verso il ritorno alla Luna farà partire il prossimo anno una navetta Orion della Nasa ben oltre l'orbita terrestre. Intervistato sull'argomento, il presidente Usa ha più volte ribadito che la sua visione delle nuove missioni lunari è proprio la creazione di nuovi avamposti dai quali poi partire verso nuove esplorazioni.
Intanto però sappiamo che negli ultimi 18 mesi sono ripartite le missioni automatizzate che prevedono l'invio di sonde e rover robot, come l'indiana Chandrayaan-2, la russa Luna-25 e la cinese Chang'e 4 e 5, e che il consorzio delle agenzie spaziali di Europa, Russia, Canada e Giappone sta preparando il Lunar Orbital Platform Gateway project, ovvero la creazione dell'avamposto orbitale dal quale poi raggiungere la superficie lunare, probabilmente il progetto che più di tutti ha possibilità di essere realizzato ma non prima del 2035-2040. Ci sono poi le iniziative private come quella basata sull'astronave Dragon V2 della società SpaceX di Elon Musk, che vorrebbe vendere viaggi turistici nell'orbita lunare dove ad attendere dei super facoltosi clienti ci sarebbe il Big Falcon già dal 2023.
Per ora più che un programma spaziale rimane poco più di un un sogno, visto che i tempi di sviluppo delle nuove navette si rivelano sempre più lunghi di quelli ipotizzati nelle suggestive illustrazioni digitali diffuse durante le conferenze stampa. Ma una cosa è certa: ma i come ora, 47 anni dopo l'ultima missione di Apollo 17, la Luna torna ad essere una meta interessante.
Come Apollo 11 influenzò i primi videogames
Atari Corp.
Lunar Lander di Atari (1979)












Salvati da un pennarello
Altro che filare tutto liscio, la missione Apollo 11 ebbe momenti critici, come del resto era prevedibile dal momento che quanto la Nasa si preparava a fare non era mai stato tentato prima. Nonostante le simulazioni, gli intensi programmi di allenamento e l'esperienza dei programmi spaziali Gemini e Mercury avessero insegnato alla Nasa che nello spazio non esiste routine, i guai di Apollo cominciarono a terra. C'era stata infatti la terribile "lezione" dell'Apollo 1, con la morte di tre astronauti bruciati sulla rampa di lancio. Il 27 gennaio 1967 Virgil Grissom, Edward White e Roger Chafee avevano perso la vita perché la Nasa non volle accettare la proposta della North American Aviation, costruttrice del modulo di comando, di usare all'interno dell'astronave un'atmosfera meno infiammabile, ossigeno e azoto, e di installare un'apertura di emergenza sul portello. Una scintilla, il sistema a ossigeno puro usato sulle capsule Gemini e Mercury, e la mancanza di un sistema per evacuare la capsula avevano ucciso l'equipaggio in quattro minuti e causato un ritardo del programma di un anno.
Il sei maggio dell'anno successivo, per un soffio, proprio Neil Armstrong si salvò dalla perdita di controllo del dimostratore tecnologico del Lem. Una fuoriuscita di carburante rese il mezzo ingovernabile e Neil si lanciò dal veicolo che precipitava a meno di dieci metri dal suolo.
Non ci fu nessuna missione Apollo senza intoppi: la tecnologia usata era in buona parte innovativa e quindi poco sperimentata. Il programma proseguì con missioni senza equipaggio (Apollo 4, 5 e 6) fino ad Apollo 7 con la nuova capsula modificata sulla quale erano Walter Schirra, Donn Eisele e Walter Cunningham. Da quel momento i progressi della Nasa cominciarono a essere evidenti, ma ancora niente routine. Nel 1969 durante la discesa finale di Apollo 11 Armstrong, Aldrin e Collins videro comparire sul computer di bordo l'errore "1202", codice il cui significato era conosciuto soltanto a Houston: sovraccarico di dati a fronte di poca memoria, ma nessun impianto o parametro di volo sballato che li avrebbe fatti schiantare sulla Luna.
Successivamente, durante la manovra finale di allunaggio, Armstrong e Aldrin si accorsero che la zona prescelta per l'atterraggio era troppo impervia. Si spostarono manovrando manualmente il Lem ai limiti dell'area prevista e per scavalcare un cratere consumarono più carburante del previsto. Da Terra la Nasa segnalò che i due avrebbero avuto ancora un minuto di carburante disponibile (Bingo Fuel), dopo il quale non ce ne sarebbe stato più a sufficienza per ridecollare dalla Luna e i due sarebbero stati condannati. Quando Armstrong pronunciò la frase «Qui base della Tranquillità, l'Aquila è atterrata», al Bingo Fuel mancavano soltanto 29 secondi. Mai la missione era stata tanto vicina al fallimento.
Durante la preparazione in vista della discesa a piedi sulla Luna, mentre Armstrong e Aldrin indossavano i pesanti zaini con all'interno i sistemi di sopravvivenza e comunicazione, l'urto contro un pannello di controllo ruppe il pulsante dell'attivazione di un motore di risalita. I due proseguirono la missione mentre a Houston una squadra di ingegneri si occupava di trovare la soluzione al problema. Al rientro dalla prima passeggiata lunare, Aldrin arrivò alla stessa conclusione dei tecnici della Nasa: infilarci un pennarello e azionare il contatto. Ormai prossimi al rientro nell'atmosfera, all'equipaggio di Apollo 11 fu comunicato che la zona di ammaraggio prevista nell'oceano Pacifico era investita da una tempesta. Correggendo la traiettoria gli astronauti spostarono la loro caduta in una zona differente, ma non potevano ritardare la manovra per attendere il riposizionamento della portaerei Uss Hornet che li avrebbe recuperati. E dovettero quindi aspettare i soccorsi galleggiando finché gli elicotteri di soccorso non li raggiunsero. Per questo motivo non fu realizzato alcun filmato sul rientro dell'Apollo 11, semplicemente perché nessuno era a portata di visuale con la capsula. Fortunatamente i sistemi di galleggiamento e la tenuta della capsula funzionarono perfettamente.
Sergio Barlocchetti






