2020-08-08
Ogni mese sono più di 1.000 le denunce per «vishing». I finti operatori riescono a ingannare gli smartphone chiamando e inviando sms a nome del servizio clienti. Già rubati 20,2 milioni nel 2020 simulando attacchi.Non è una truffa per vecchi. Capita ogni giorno a persone di tutte le età (estrazione sociale e competenza informatica) di abboccare come pesci - è proprio il caso di dirlo - alle nuove e sempre più sofisticate tecniche di phishing (neologismo nerd che deriva da fishing, pesca, ma con il ph usato dai programmatori). Di cosa si tratta? Dell'imbroglio più vecchio del Web: i mariuoli informatici piazzano le loro reti virtuali, raccolgono con l'inganno i dati personali degli utenti malcapitati e poi li usano per derubarli.Le prime esche erano le mail (il phishing vero e proprio) con i loghi contraffatti e i link malevoli per portare le vittime su siti fasulli, ma molto simili a quelli degli istituti bancari. Poi sono arrivati gli sms (smishing) e le chiamate dei finti operatori (il voice phishing, che i nerd di cui sopra abbreviano in vishing). Fin qui niente di straordinario, chiunque almeno una volta nella vita ha ricevuto una mail piena di errori ortografici con richieste di aiuto bizzarre, un sms trappola o una chiamata da un presunto call center che chiede i dati della bolletta o lamenta fatture non pagate. Il problema è che lo «spettacolo d'arte varia» di queste vere e proprie organizzazioni criminali (che preferiscono migliaia di colpi da centinaia di euro alla rapina del secolo) ha un nuovo numero in scaletta, che può essere letale. Si chiama swap alias o spoofing (da spoof, parodia): per farla breve, la falsificazione dell'identità che permette ai delinquenti di ingannare anche gli smartphone di ultima generazione e di chiamare o inviare messaggi - apparentemente - dai numeri ufficiali delle banche. Lo schema ormai è collaudato e si ripete sempre uguale nelle denunce (anche se molti rinunciano) che le forze dell'ordine impilano quotidianamente sulle loro scrivanie (per quanto riguarda la polizia postale, il 2020 viaggia su una media di oltre 1.000 esposti al mese, ruolino di marcia che farebbe triplicare le denunce del 2019). copione sempre ugualeL'inganno ha inizio con un sms di allerta, che finisce tra quelli realmente ricevuti dalla propria banca e che segnala un tentativo di attacco informatico (del tipo, «Gentile cliente, la invitiamo a mettersi in contatto con il nostro ufficio prevenzioni frodi» o «Per la vostra sicurezza si prega di cliccare il seguente link»). Dopo pochi minuti il telefono della preda squilla. E sullo schermo appare il numero del servizio clienti della banca, che magari la vittima aveva diligentemente salvato nella rubrica dei contatti. Lo sventurato risponde (chi può biasimarlo?) ed entra in scena l'operatore farlocco, che a volte riesce anche a darsi un tono professionale con qualche musichetta d'ascensore e due o tre normative sulla privacy scopiazzate qua e là. Al malvivente mascherato non resta che segnalare strani movimenti sul conto corrente e chiedere la collaborazione dell'utente per bloccarli («Apra l'app, chiuda l'app, inserisca il pin, mi legga il codice di sicurezza che le abbiamo inviato...»). In realtà il truffatore sta portando a termine un bonifico (ovviamente istantaneo, così è impossibile da revocare) proprio con l'aiuto inconsapevole del possessore del conto. Con queste tecniche, spiega sempre la polizia postale, vengono sottratti in Italia quasi 5 milioni di euro al mese e anche in questo caso il 2020 rischia di triplicare il risultato dell'anno precedente (nel 2019 il phishing nelle sue varianti ha fruttato alle organizzazioni criminali 21,3 milioni di euro, in questa prima parte del 2020 siamo già a 20,2).varianti sul temaLe modalità d'attacco possono anche cambiare, la fantasia non ha limiti. I ladri utilizzano anche malware e virus per infettare computer e smartphone (attraverso link e allegati contagiosi) e rubare codici e password. A volte invece si presentano agli sportelli delle compagnie telefoniche con documenti falsi - o con i dati necessari precedentemente rubati - e chiedono una sim sostitutiva. Se la mossa ha successo (si chiama Sim swap) la preda si ritroverà con il telefono fuori uso, mentre il malfattore potrà operare sull'home banking al suo posto, neutralizzando i sistemi di doppia autenticazione, che in sostanza ruotano attorno agli sms. Una volta truffati non resta che denunciare (segnalando anche i money mule, i «muli» o «teste di legno» che dir si voglia, destinatari dell'invio di denaro di cui a questo punto si conoscono l'iban e le generalità) e disconoscere i movimenti bancari illegittimi, sperando che la banca, dopo opportune indagini, possa restituire il maltolto.nel dubbio, appendereMa come si fa a evitare di cadere in trappola se i criminali riescono a far credere allo smartphone che a chiamare sia proprio la banca? Intesa Sanpaolo, ad esempio, sta puntando sulla prevenzione, cercando di far tenere a mente a tutti i suoi clienti, attraverso il sito, che la banca «non chiede mai i codici di sicurezza all'utente, né di cliccare su link inviati via sms». E questo è già un buon suggerimento che vale per tutti, oltre al fatto che al primo dubbio è sempre consigliabile chiudere la conversazione: meglio chiamare il servizio clienti che essere chiamati. «Prevenire le frodi online è nostro impegno costante», spiega alla Verità Massimo Tessitore, responsabile del digital business di Intesa Sanpaolo, «ed è importante sottolineare che il gruppo non ha registrato alcuna compromissione dei propri sistemi informatici e protegge le credenziali dei clienti rendendole inaccessibili sulle infrastrutture tecnologiche della banca». Ad ogni modo si sta cercando di correre ai ripari perché, anche se il problema non sono i sistemi delle banche, la falla è comunque aperta. E gli istituti bancari, a loro volta vittime di queste razzie telefoniche, stanno attivando degli approfondimenti con i telecom provider (da cui dipende la gestione dei cosiddetti alias) e con le istituzioni competenti. Nell'attesa, meglio alzare le antenne ogni volta che il telefono squilla, altrimenti la vacanza è rovinata.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






