
Nuove disposizioni per valutare l'idoneità mentale del personale di volo, che dovrà andare dallo psicologo. Le troppe regole portano in cabina gente tecnicamente preparata ma umanamente immatura. E aumentano i costi per le compagnie e l'utenza.Strizzacervelli per tutti i piloti professionisti, è questa l'ultima e discutibile soluzione che la Commissione europea ha messo in campo pubblicando il 25 luglio scorso il regolamento 1042/2018. L'idea della nuova disposizione era nata tre anni fa all'indomani dell'incidente accaduto al volo Germanwings 9525 e causato dal suicidio del copilota Andreas Lubitz. Con l'approvazione di questa norma nascono nuove disposizioni per valutare e poi controllare l'idoneità mentale del personale di condotta degli aeromobili. Ma non soltanto, la regola impone agli operatori aerei, cioé le compagnie, di «consentire, agevolare e assicurare l'accesso dei piloti ai programmi di sostegno laddove sia ritenuto necessario». Il programma aiuterà il personale navigante a riconoscere, affrontare e superare eventuali problemi psicologici che potrebbero influire negativamente sulla loro capacità di esercitare in sicurezza. La tragedia, come fa notare Antonio Bordoni sul suo sito Air-accidents.com, aveva già portato alla nascita di nuove disposizioni operative in Germania, Canada, Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda, ovvero ha imposto che nella cabina di pilotaggio fossero sempre presenti due persone, anche quando uno dei piloti si assenta per ragioni fisiologiche. Queste disposizioni, unitamente a maggiori controlli sullo stato fisico, come i test sull'alcol per gli equipaggi di tutte le compagnie aeree europee e straniere che volano nel cielo dell'Ue, sono stati considerati positivamente e messi in atto dalla maggioranza dei vettori, anche se soltanto entro due anni scatterà l'obbligo in ogni Paese membro. Tuttavia l'esame psicologico ricorrente rappresenta un passo che diversi sindacati dei piloti giudicano eccessivo, benché una valutazione psicologica dei candidati prima dell'assunzione sia già oggi prassi consolidata e non solo nell'aviazione. Per molti il controllo frequente dello stato psicologico rappresenta invece un eccesso e una delega pericolosa nelle mani di medici che nessuno controlla, e viene spontaneo chiedersi perché a questo punto non siano analizzati anche chirurghi, ingegneri, parlamentari e altre categorie di professionisti, a cominciare da chi, da solo, per esempio guida un treno ad alta velocità con a bordo più persone di quante non ce ne siano su un aeroplano commerciale. Non soltanto, secondo diversi centri di addestramento al volo il problema psicologico più frequente nei piloti nasce dal malcontento di una vita estenuante sempre più lontana dalle aspettative, con turni che prevedono anche sei tratte giornaliere sul corto raggio e riposi ridotti sulle lunghe distanze; nonché dalla disillusione sul trattamento economico sempre in riduzione a fronte di programmi di formazione troppo standardizzati e rapidi che portano ragazzi molto giovani a sedersi come primi ufficiali sui liner a soli 24-25 anni con un'esperienza minima di poche centinaia di ore di volo (anche 300), delle quali poche decine effettuate soli a bordo su aeroplani più piccoli, situazione che non consente la maturazione della cosiddetta «airmanship», ovvero l'abilità di gestire l'aeroplano e l'impossibilità di sviluppare la capacità decisionale che, unite, fanno di un pilota un futuro comandante. In altre parole, le troppe e farraginose regole dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) portano nelle cabine gente tecnicamente preparata ma umanamente immatura. Inoltre l'Easa sta legiferando sempre più spesso duplicando i compiti dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao), emanando sovente regolamenti che si sovrappongono a quelli esistenti e validi in tutto il mondo, Europa inclusa, ma comportando per i cittadini europei costi sempre più alti per far quadrare il bilancio di un colosso che a Colonia impiega un migliaio di persone. Per Easa naturalmente è un successo, come sostiene il direttore Patrick Ky: «Le nuove regole europee riprendono le proposte avanzate dall'Easa all'indomani dell'incidente di Germanwings , in consultazione con la comunità aeronautica, con le quali l'Europa introduce gli strumenti giusti per salvaguardare l'idoneità mentale dell'equipaggio aereo». Ciò che non dice è che questa norma comporterà un ulteriore aggravio di costi gestionali e genererà continue diatribe su «chi controlla chi» e soprattutto con quali criteri. Maggiore severità nei requisiti iniziali per poter cominciare l'addestramento dei piloti porterà a favorire gli allievi di scuole delle nazioni non-Ue, ma si potrà fare soltanto dopo aver rideterminato e standardizzato la qualità degli esami aeromedici implementando anche la formazione e la valutazione dei medici aeronautici, che dovranno riportare lo stato psicologico degli esaminati all'autorità aeronautica nazionale. In Italia il 27 luglio scorso I'Ente nazionale aviazione civile ha comunicato che «anticipando le previsioni dell'Ue, nel nostro Paese sono già stati predisposti i regolamenti per attuare i programmi di supporto degli operatori e dei fornitori di servizi di assistenza al volo». Così dal 14 agosto 2020, data ultima di entrata in vigore del regolamento 1042/2018, tutti i piloti professionisti dovranno andare da uno psicologo del quale, si spera, qualcuno abbia prima controllato lo stato di salute mentale.
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