2018-11-24
L’ultima battaglia della sinistra: zittire chi porta la vita in politica
A Roma, Milano e Verona i partiti e i movimenti che sostengono iniziative pro life vengono osteggiati e attaccati in nome dei «diritti delle donne». Difendere chi vuole avere bambini sta diventando impossibile. Ci troviamo in una situazione che l'abusatissimo Pier Paolo Pasolini aveva previsto parecchio tempo fa: nel mondo neoliberista, dare alla luce nuovi figli è considerato sacrilego. No, non si tratta della migrazione. E nemmeno del ruolo dell'Unione europea. Il terreno di scontro fondamentale, oggi, riguarda le politiche della vita. Il nostro futuro - quello dell'Italia, dell'Europa e dell'Occidente tutto - si stabilisce qui e ora, su questo campo di battaglia. In gioco non ci sono percentuali, punti di Pil o soldi per l'accoglienza: c'è la sopravvivenza di interi popoli. Ci si accapiglia su tutto, di questi tempi, ma fa spavento osservare la virulenza con cui le forze progressiste - cioè quelle che fanno capo al Potere costituito - stanno osteggiando ogni forma di difesa della vita. A Roma la maggioranza a 5 stelle ha bocciato la mozione presentata da Fratelli d'Italia, che chiedeva di dichiarare la Capitale «città a favore della vita». Nessuno pretendeva di abolire l'aborto: semplicemente, veniva richiesto un maggior impegno a favore delle donne che intendono portare a termine la gravidanza. Ma, per i pentastellati e per la sinistra (in primis Stefano Fassina) dichiararsi «pro vita» significa violare chissà quale «diritto delle donne». Ci troviamo in una situazione che l'abusatissimo Pier Paolo Pasolini aveva previsto parecchio tempo fa: nel mondo neoliberista, dare alla luce nuovi figli è considerato sacrilego. E chi si schiera dalla parte della maternità - anche con posizioni moderate - viene assaltato con ogni mezzo. Mentre in Campidoglio veniva bocciata la mozione pro life, a Milano il consiglio comunale è stato sospeso per via dell'irruzione di un gruppo di scalmanate dell'associazione «Non una di meno». Si sono agghindate come le ancelle del romanzo di Margaret Atwood (che forse non hanno letto, o di cui hanno trascurato la pesante critica dell'utero in affitto) e hanno strepitato fino a che la discussione in aula non è stata sospesa. Di nuovo, che cosa hanno impedito? L'approvazione di una mozione che impegnava il Comune a stanziare «congrui finanziamenti a istituzioni, associazioni e gruppi che sostengono concretamente politiche a favore della famiglia e della vita». Qualcuno ha anche solo ventilato di cancellare la legge 194? Assolutamente no. Semplicemente, il centrodestra ha sostenuto la proposta di Luigi Amicone di dichiarare Milano «città per la vita». La qual cosa, purtroppo, sembra sia vietata. Sicuramente se qualcuno avesse suggerito di schierare il Comune a favore della morte ci sarebbero state meno obiezioni (e lo stesso vale per Roma). Non è finita. La caccia al pro vita va in scena anche a Verona. Anzi: è proprio lì che si annida il peccato originale. La città veneta, infatti, è stata la prima a dichiararsi a favore della vita, tramite una mozione sottoscritta anche da un'esponente del Pd. Come prevedibile, sono piovuti insulti e contumelie da ogni dove. Le solite vestali di «Non una di meno», nei giorni scorsi, sono andate davanti a un liceo e alla stazione per fare propaganda a favore degli anticoncezionali, distribuendo compresse fatte di zucchero. Secondo le attiviste, si trattava di «un'iniziativa a favore dell'educazione sessuale e della corretta informazione alla contraccezione». Stando ai dati di Federfarma riguardanti il Comune, tuttavia, pare che i veronesi siano più che istruiti in materia di contraccezione, visto che la vendita delle varie «pillole del dopo» è cresciuta del 700%. Oggi, a Verona, è previsto lo svolgimento di un corteo anti aborto, organizzato dal comitato No 194. In nome dei diritti e della democrazia, «Non una di meno» e Anpi hanno preteso che fosse cancellato. Già: i pro aborto devono essere liberi di manifestare come e quando vogliono, gli altri invece vanno ridotti al silenzio. Come sempre accade in questi casi, i media progressisti hanno già cominciato il martellamento. Internazionale ha pubblicato un articolo intitolato «Da Verona parte l'offensiva della destra contro l'aborto», che verrà ripreso anche da altre testate come Falter (Austria), Gazeta Wyborcza (Polonia), Hvg (Ungheria), Libeŕation (Francia) e Die Tageszeitung (Germania). Giornali che fanno parte dell'Europe's far right research network, una sorta di rete «contro l'estrema destra». Repubblica, invece, ha inveito contro i «neofascisti e ultrà cattolici» che andrebbero «in piazza contro le donne». Notate la mistificazione: essere contrari all'aborto significa opporsi alle donne. Curioso, no? E quelle che non vogliono abortire non sono forse donne? Quelle che, pur tra tutte le difficoltà, vorrebbero mettere al mondo un figlio, non meritano «diritti»? A quanto pare no. Il controllo delle nascite è una delle forme più subdole in cui si manifesta il biopotere contemporaneo. Ed è contro questa dittatura sottile ma pericolosissima che bisogna combattere con ogni mezzo. È sulla demografia che si decide il futuro dell'Europa. Certo, a prima vista il tema non sembra degno di infiammare le folle, ma è determinante. Siamo arrivati al punto in cui - in tutto il Paese - è diventato praticamente impossibile (o comunque molto difficoltoso) anche solo dichiararsi «a favore della vita». Eppure, la vita dovrebbe essere la nostra prima preoccupazione. Se non altro perché le alternative sono tutte peggiori.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)