
Di Maio in tv rivela d'aver incontrato investigatori impegnati in una «grande inchiesta» e i renziani fanno interrogazioni lampo sull'ex Noe. Però non era lui: «Mai visti i grillini»Con i renziani pensavamo di aver già visto tutto. E invece ci sbagliavamo. Ieri un gruppo di parlamentari del Pd ha presentato due diverse interrogazioni urgenti alla Camera e al Senato. Per chiedere notizie sul raid dei Casamonica in un bar di Roma? Oppure per avere informazioni sui conti traballanti lasciati dai governi targati Pd? O magari per essere aggiornati sul rischio di infiltrazione dell'Isis sui barconi dei migranti denunciato dal loro ministro Marco Minniti? Niente di tutto questo. Gli interroganti volevano chiarimenti su un fantomatico incontro del capo politico del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio con il maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, l'investigatore del caso Consip. Ma sembra che i frombolieri piddini abbiano clamorosamente sbagliato bersaglio, tanto che nel pomeriggio di ieri, con chi lo ha contattato, Scafarto è stato perentorio: «Smentisco categoricamente di aver incontrato o di conoscere l'onorevole Luigi Di Maio». In effetti in tv il leader pentastellato aveva fatto solo un generico riferimento a esponenti di «un nucleo (…) smembrato» che aveva fatto indagini su una «grande inchiesta (…) arrivata alla ribalta nazionale». Sono bastati questi pochi indizi e, come per un riflesso pavloviano, i parlamentari del Pd hanno subito iniziato a congetturare complotti, immaginando chissà quale summit segreto tra Di Maio e il capitano Scafarto, ex ufficiale del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri che si è occupato di babbo Renzi per alcuni mesi, tra il 2016 e il 2017. Ma come hanno fatto i dem a prendere quello che appare un grande abbaglio? Domenica, intervistato da Lucia Annunziata, Di Maio aveva dichiarato: «Nei giorni scorsi ho incontrato esponenti di una grande inchiesta che non possiamo dire, arrivata alla ribalta nazionale. Questi esponenti, il loro nucleo, è stato smembrato e loro sono stati mandati a portare la carta igienica alla Scuola ufficiali. Ci sono tante ingiustizie nel Paese». Il riferimento all'inchiesta Consip, quella in cui sono indagati Tiziano Renzi e il ministro dello Sport Luca Lotti, è parso evidente a tutti, ma i piddini sono andati oltre e hanno subito intravisto l'ombra dell'uomo nero, Scafarto.I senatori dem Nadia Ginetti, Simona Malpezzi e Dario Parrini hanno presentato un'interrogazione urgente: «Luigi Di Maio, con le sue pesanti rivelazioni, ha incontrato Scafarto, il carabiniere indagato sul caso Consip per depistaggio e falso per aver fabbricato prove false contro Renzi? Di fronte alle pesanti allusioni del leader del M5s, ai suoi messaggi minacciosi lanciati attraverso la Rai proprio alla vigilia della formazione del governo, l'Arma dei Carabinieri e i ministeri competenti hanno dovere di indagare e chiarire», hanno scritto. I senatori hanno evitato di ricordare che nel frattempo il Tribunale del Riesame aveva fatto a pezzi le accuse contro Scafarto, ma poco importa.È sceso in trincea pure il deputato Stefano Ceccanti: «Ho presentato un'interrogazione ai ministri dell'Interno e della Giustizia in cui ho chiesto quali iniziative intendano assumere per verificare se vi siano state violazioni del principio della separazione dei poteri, della connessa neutralità delle forze dell'ordine e soprattutto della non ingerenza su indagini giudiziarie in corso» ha spiegato il costituzionalista.Non si è sottratto neppure il deputato prezzemolino Michele Anzaldi, che ha pubblicato sul suo profilo Facebook lo spezzone dell'intervista in questione e ha espresso un desiderio che «Di Maio venga chiamato pubblicamente a livello istituzionale a rispondere di quello che ha detto». Questo manipolo di pasdaran nei giorni scorsi non ha proferito verbo (coadiuvato dal silenzio dei media) quando La Verità ha pubblicato la notizia delle nuove accuse di bancarotta a Laura Bovoli, la madre di Matteo Renzi, e quando il direttore Maurizio Belpietro ha rivolto 10 domande di chiarimento all'ex Rottamatore a proposito delle diverse inchieste giudiziarie sui presunti illeciti che sarebbero stati compiuti dai suoi genitori con l'azienda di famiglia, quella di cui lui stesso è stato per più di un decennio dirigente in aspettativa.Invece le dichiarazioni di Di Maio hanno scatenato una vera crisi di nervi dentro al Pd. Molto probabilmente il capo grillino si è divertito a giocare al gatto con il topo, ben conoscendo i punti deboli dei renziani, e gli è bastato un generico riferimento a degli investigatori per scatenare la bagarre. Però, se non ha incontrato Scafarto, di chi parlava Di Maio? Il deputato pomiglianese potrebbe aver raccolto le rimostranze del colonnello Sergio De Caprio, ex vicecomandante del Noe, meglio conosciuto come Capitano Ultimo, l'uomo che ha arrestato il boss dei boss Totò Riina. De Caprio ha avuto problemi con un'inchiesta in cui i suoi uomini avevano registrato una conversazione di Matteo Renzi mentre era al telefonino con un generale indagato della Guardia di Finanza. La trascrizione finì sui giornali e dopo poco De Caprio, colpevole di nulla, venne trasferito ai servizi segreti insieme con una ventina di suoi collaboratori. Quando si seppe, però, che Scafarto gli aveva inviato alcuni file dell'inchiesta Consip, Ultimo è stato rispedito nell'Arma con disdoro, seguito dai suoi ragazzi. Uno di questi, un brigadiere, bravo tecnico informatico e già consulente del colonnello (selezionava gli strumenti e i software più adatti alle indagini) è finito alla Scuola ufficiali, con mansioni non proprio di primo piano. Forse si riferiva a lui Di Maio quando ha alluso a personale mandato «a portare la carta igienica». Il dato oggettivo è che i carabinieri che erano in auge prima dell'arrivo di Renzi e dello smantellamento del loro Nucleo, in questo momento non sono all'apice della carriera, per usare un eufemismo, cannoneggiati dal fuoco incrociato della politica e della Procura di Roma. Validi investigatori che ritengono di essere finiti in disgrazia per la sola colpa di aver indagato su Tiziano Renzi. Detto questo, viene da domandarsi se incontrare i carabinieri del Noe o ex appartenenti a quel gruppo sia più sconveniente che frequentare un generale come Emanuele Saltalamacchia che, secondo la Procura di Roma, avvertiva di indagini in corso gli uomini più vicini all'ex Rottamatore, magari durante allegre grigliate a casa di Tiziano Renzi. Il babbo è indagato per traffico di influenze illecite, l'alto ufficiale per favoreggiamento e rivelazione di segreto. Ma questa notizia ai kamikaze renziani forse non è ancora arrivata.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





