
Bruxelles non ci sente: i 20 miliardi glieli dobbiamo «per legge», però i clandestini restano qua. Giuseppe Conte: «L'Italia trarrà le conseguenze». Matteo Salvini resiste: «Arrestatemi...» Da Bruxelles nessuna decisione per risolvere il caso Diciotti ma soltanto un colpo (basso) all'unità dei vicepremier Salvini-Di Maio e al premier Giuseppe Conte, già sotto pressione del Quirinale. Nel match s'inserisce anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero che corregge Luigi Di Maio sul possibile taglio dei fondi al bilancio Ue. In sostanza, il governo gialloblù resta compatto sulla linea di fermezza del Viminale riguardo il pattugliatore italiano Diciotti, con i suoi 150 migranti a bordo, ma dopo la «non decisione» dell'Europa trovare una soluzione diventa ancora più difficile. Il nodo emerso durante la riunione tecnica, è che il flusso di migranti pro capite in Italia è molto al di sotto di quello in altri Stati membri e perciò non ci sarebbe necessità di condividere la responsabilità. Dura la reazione del titolare del Viminale, Matteo Salvini: «Il vertice di Bruxelles si è chiuso con un nulla di fatto. Ennesima dimostrazione che l'Europa non esiste. Nessuno Stato membro ha ritenuto di sottoscrivere un comunicato, anche perché non ci sono le basi di un accordo per indicare una nuova procedura standard per il soccorso, lo sbarco e la ridistribuzione degli immigrati. I Paesi europei non hanno avanzato alcuna concreta apertura per risolvere il caso Diciotti. Visto che l'Italia, negli ultimi anni, ha accolto 700.000 cittadini stranieri, la linea del Viminale non cambia. Dalla Diciotti non sbarca nessuno. Su questo fronte il governo è compatto».La cronaca. Dall'attesa riunione di Bruxelles tra i 12 Paesi membri non è arrivato alcun accordo e neanche una dichiarazione finale di intenti. L'Unione europea doveva battere un colpo per dimostrare la sua esistenza - come richiesto dal presidente Conte - o più concretamente esprimere una decisione sulla ripartizione dei migranti. Dalla riunione invece è uscita soltanto una risposta a quanto asserito da Di Maio: «Le minacce non sono d'aiuto e non porteranno a avvicinarsi a una soluzione», ha detto infatti il portavoce della Commissione Ue Alexander Winterstein. Il vicepremier grillino aveva prospettato l'ipotesi di non versare a Bruxelles il contributo di 20 miliardi che tocca all'Italia, in caso di mancato accordo comunitario per risolvere la questione immigrazione e sbarchi. Winterstein però è stato chiaro: «Il solo modo per risolvere le cose in Europa è lavorare insieme in modo costruttivo e di buona volontà. Ed è quello che la Commissione cerca di fare da tempo». Mentre Tove Ernst, portavoce della Commissione europea per la Migrazione, aveva anticipato: «La riunione degli sherpa non è stata organizzata per risolvere il caso Diciotti e non ci aspettiamo decisioni». Cosa stia facendo l'Ue per compartecipare agli sbarchi nei porti italiani appare piuttosto inconsistente, considerato che il vertice europeo degli sherpa sul tema è stato un vero fallimento. Infatti Belgio, Ungheria e Austria sarebbero i Paesi più decisi a chiudere i confini «ai migranti illegali che partono sui barconi dall'Africa del nord», mentre la sola apertura è arrivata da Ulrike Demmer portavoce di Angela Merkel: «Non bisogna lasciare l'Italia da sola». Sconcertato il premier Conte, che su Facebook scrive: «L'Italia è costretta a prendere atto che l'Europa oggi ha perso una buona occasione. È noto a tutti che l'Italia sta gestendo da giorni, con la Diciotti, una emergenza dai risvolti molto complessi e delicati. Ancora una volta misuriamo la discrasia, che trascolora in ipocrisia, tra parole e fatti. L'Italia ne trarrà le conseguenze». Di Maio invece ha ribadito: «L'Europa nasce intorno a principi come la solidarietà, se non è in grado di ridistribuire 170 persone allora ha un serio problema. Non vogliamo essere presi in giro. Diamo 20 miliardi ogni anno all'Ue e ce ne rientrano poco più di 10. Vogliamo anche contribuire al bilancio, ma se c'è un progetto, una volontà di aiutarci in maniera reciproca. Altrimenti io con 20 miliardi altro che quota 100 per superare la Fornero, faccio quota 90 o 80...». Qui l'affondo del responsabile della Farnesina, Moavero: «Versare i contributi è un dovere legale. Ci confronteremo su questa e altre questioni ma gli attuali flussi migratori richiedono un'azione corale europea. Non trovare l'accordo su questo per l'Europa è molto triste». Dopo il vertice degli sherpa è sempre più chiaro che nessun Paese europeo è intenzionato ad accollarsi i richiedenti asilo nonostante le promesse spese dei mesi scorsi. O per burocrazia o per furbizia, come aveva denunciato Salvini, che insiste: «Vengono prima gli italiani e se qualche giudice vuole arrestarmi non ho problemi, lo aspetto». Critiche le opposizioni: il Pd ritiene che l'Italia sia stata umiliata dall'Europa mentre il presidente del parlamento europeo, il forzista Antonio Tajani, ha sostenuto: «Vorrei che il governo facesse contare di più l'Italia però non servono annunci roboanti ma capacità diplomatica vera nel trovare accordi». E sul taglio dei contributi ha aggiunto: «Mi auguro sia uno scherzo. All'Italia non servono ministri con sparate demagogiche, servono ministri che sappiano lavorare bene: è facile parlare dalla spiaggia». Intanto i contributi per l'anno prossimo non si possono bloccare, (l'Ue ha già minacciato sanzioni) ma sul piano europeo pluriennale, 2020-27, la partita è ancora aperta e il contributo si può bloccare, quindi la partita non è affatto chiusa. E non solo Di Maio lo sa.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.





