2025-02-17
L’Ue vuol guadagnare anche se ha perso
Ursula Von Der Leyen (Ansa)
Svenandosi tra aiuti e ritorsioni, Bruxelles si era illusa di potersi sedere al tavolo delle trattative. Invece, Vladimir Putin parlerà solo con Donald Trump. Aver soffiato sul conflitto e calpestato la volontà popolare è stato un errore colossale.Per aver inviato armi e denaro all’Ucraina, varato sanzioni contro Mosca (cioè facendo più danno alla propria economia che a quella russa) e giurato sostegno infinito a Kiev in difesa della democrazia minacciata da Putin, l’Europa si era illusa di potersi sedere un giorno al tavolo dei vincitori. Bruxelles e le capitali dell’Unione pensavano di aver conquistato un posto di diritto per trattare la pace. Con ciò dimostrando di non aver compreso almeno due questioni fondamentali. La prima è che quella in corso non era la «sua» guerra, ma quella tra Stati Uniti e Russia, fatta per interposto Paese, ma sempre fra una grande potenza e una nazione che aspirava a tornare a esserlo. E dunque un terzo incomodo non era previsto. La seconda questione che nella Ue dimostrano di non aver compreso è che il conflitto non è vinto e dunque non c’è alcun tavolo a cui sedersi dalla parte dei vincitori, ma semmai ne esiste uno a cui attovagliarsi per sancire un cessate il fuoco, come più di settant’anni fa avvenne in Corea. E poi, come risulta piuttosto evidente, se esiste qualcuno che dopo tre anni di sanguinosi combattimenti può dirsi sconfitto, questi è certamente l’Ucraina, che al momento non ha alcuna possibilità di poter pretendere la restituzione dei territori invasi dai russi. Ma insieme a Kiev, ad aver perso la guerra è l’Europa, a cui, come ai perdenti di ogni stagione e di qualsiasi conflitto, non viene neppure concesso di negoziare le condizioni della resa. Dunque, nonostante l’orgoglio ferito di Emmanuel Macron e lo sconcerto degli altri partner europei, Keir Starmer compreso, ritrovarsi a Parigi servirà a gran poco, perché a giocare la partita dell’armistizio in Ucraina saranno comunque i due attori che la guerra l’hanno giocata, ovvero Russia e America, in uno scontro tra potenze.So che è dolorosa la presa di coscienza di una sconfitta, così come brucia rendersi conto dell’inutile sacrificio di vite umane sopportato dall’Ucraina e del prezzo pagato con un enorme sforzo finanziario dall’Europa. Tuttavia questa è l’amara realtà e prima i vertici dell’Unione se ne renderanno conto meglio sarà per tutti, in quanto contribuirà a far sì che il Vecchio Continente realizzi il declino di cui è vittima, in gran parte a causa sua. Certo, l’Europa non ha provocato l’invasione dell’Ucraina, ma l’ha subita. E però, invece di cercare una soluzione che, come tutti sanno, all’inizio del conflitto era possibile, ha scelto la strada più rischiosa, convinta - dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna - che la guerra si potesse vincere e che la soluzione fosse nell’invio di soldi e armi a Kiev. Un’infinità di morti (a oggi non sappiamo quanti) e un’emorragia di diserzioni tra le forze armate ucraine hanno demolito giorno dopo giorno questa certezza. Il conflitto non si poteva vincere solo con la tecnologia. Non bastavano i missili, i satelliti, gli ultimi carri armati. Serviva altro, ovvero un esercito disposto a combattere e a riequilibrare le forze in campo. E questo ormai è chiaro a tutti, anche chi fino all’altro ieri, dopo aver sperato che a sconfiggere Vladimir Putin ci pensasse il cancro o un golpe interno, ancora sognava che la resa della Russia arrivasse in conseguenza del collasso della sua economia, per effetto delle sanzioni. Ciò che però ancora non è chiaro, soprattutto alle élite politiche e intellettuali europee, è la strada senza uscita che la Ue ha imboccato. Lo dimostrano le reazioni a scoppio ritardato al discorso di J.D. Vance a Monaco. A un vicepresidente degli Stati Uniti che di fronte ai vertici dell’Europa dice «se avete paura dei vostri stessi elettori, l’America non può fare nulla per voi», i vertici dell’Unione non hanno saputo fare null’altro che offendersi, parlando di un discorso rozzo e insulso. Accusato di ignoranza, di aver dimenticato i veri valori degli Stati Uniti, Vance ha invece rappresentato come meglio non si poteva la crisi di un sistema che parla ogni giorno di libertà e democrazia salvo poi ignorare entrambe, mortificando le aspettative di quel popolo che dovrebbe essere governato rispettandone il diritto di parola e di critica. Aver sostenuto una guerra che il popolo non sentiva di dover combattere è stato un colossale errore. Così come un gigantesco abbaglio è continuare a praticare un’accoglienza indiscriminata o una inclusione che esclude le maggioranze pur di far felici le minoranze. Vance ha tuonato contro la politica woke, l’Europa ancora una volta non ha capito.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo