
Il professore della Cattolica Alessandro Mangia: «La Commissione usa il tema dello Stato di diritto per forzare la mano alla Corte di giustizia. Se le norme comunitarie prevarranno sulle Costituzioni, in barba alle norme fondative, l'Unione diventerà uno Stato federale»«I polacchi hanno la loro storia. Vaso di coccio fra i vasi di ferro. Da una parte la Russia; dall'altra la Germania. Proprio per questo sono molto gelosi della loro indipendenza». Alessandro Mangia - ordinario di diritto costituzionale all'università Cattolica e analista di cose europee - è la persona più adatta a spiegarci cosa è accaduto in Polonia e cosa accadrà in Europa. Quella che Mangia definisce «una maionese impazzita». Una comunità piena di fratture. Chi ha l'euro e chi no. Fra il centro - Francia e Germania - e la periferia - i più piccoli Stati dell'Europa orientale. Fra il Sud e i frugali del Nord. Un'Unione che non può competere con l'anglosfera dove Usa, Regno Unito e Australia sono uniti da una cultura e una lingua comune.Varsavia non rispetterebbe lo Stato di diritto a detta della Commissione Ue.«Facciamo chiarezza. Tutti pensano che vi sia una nozione comune di Stato di diritto. Ma non è così. Lo Stato di diritto non è un valore materiale come i diritti umani o l'uguaglianza. È una tecnica di limitazione delle forme di esercizio del potere politico inventata per produrre libertà. È forma e procedura, più che sostanza. Tutti gli Stati Ue devono essere uguali. Divisione dei poteri e tutela delle libertà».E dove sta la sostanza?«Sta in ciò che diversifica ciascuno Stato di diritto. Altrimenti non avremmo una tradizione francese, una tradizione inglese, una tradizione italiana. Tutto sarebbe uguale. E invece l'Unione si fonda sul fatto che ci sono tanti Stati di diritto quanti Stati nazionali. Questa era la promessa originaria. Uniti nella diversità e nel rispetto reciproco».Ma l'Unione europea è uno Stato di diritto?«Guardi, l'Ue è un curioso caso di “concentrazione di poteri" dove il potere esecutivo e legislativo si confondono tra loro. Fuori rimane solo la Corte di giustizia. È il XVII secolo più qualche invocazione intermittente ai diritti umani. Però come precisati dalla Commissione e cioè dall'esecutivo europeo. Insomma, da questo punto di vista, l'Ue è la tempesta istituzionale perfetta».Ma si intromette in questioni nazionali come Washington contro lo Stato del Texas in materia di aborto.«L'Ue è una replica funzionale di uno Stato federale ma le manca il potere di decidere chi abbia l'ultima parola tra la Corte di giustizia e ciascuna Corte costituzionale nazionale. In uno Stato federale, come gli Usa, la questione è chiara. Decide la Corte suprema. La questione sovranità si è risolta con la guerra di secessione». E in Europa?«L'Europa per esistere ha dovuto eludere il problema della sovranità. E capisce che la Commissione con questo atteggiamento sta forzando la mano alla Corte di giustizia, non alla Polonia. Sinceramente non so quanto ne siano contenti in Lussemburgo».A cosa mira la Commissione con l'attacco a Varsavia?«Vuole affermare il principio che la Corte di giustizia ha “la competenza delle competenze", e da lì avere, in pratica, la dichiarazione che l'Unione europea è uno stato federale. Ricorderà la Costituzione europea bocciata dai referendum popolari in Francia e Olanda nel 2005. Ma non hanno desistito. E ora continuano a spingere con il metodo di sempre: una continua e progressiva erosione delle prerogative dei singoli Paesi». Ma la Germania per prima si è opposta con alcune pronunce della Corte di Karlsruhe. «Infatti. Sorvolo sul fatto che la Commissione, prima di aprire il fronte polacco ha minacciato una procedura di infrazione verso Berlino, sia pure in un caso diverso». A riprova della sua teoria della «maionese impazzita». L'Ue arriva a scontrarsi pure con la Germania. Berlino prima ancora di Varsavia ha ribadito il primato nazionale sulla normativa europea.«Devo correggerla. La prima Corte a porre dei limiti - anzi dei controlimiti - alla penetrazione del diritto Ue è stata la nostra Corte costituzionale nel 1973. La Germania ha fatto qualcosa di simile nel 1974, con una sentenza che in gergo chiamiamo “So lange", “fino a che" in tedesco. Finché l'Ue non è uno Stato federale, io Germania controllo».Ci spiega la teoria dei controlimiti?«Diritto Ue e diritto nazionale sono ordinamenti giuridici diversi, presidiati da Corti diverse: la Corte di giustizia per l'Ue, le Corti costituzionali nazionali per ciascun Paese. Il principio è che il diritto Ue deve comunque prevalere sui diritti nazionali, Costituzioni comprese. Insomma, un regolamento europeo può “disattivare" norme di rango costituzionale. Pensi al principio lavoristico nella nostra Costituzione. Per questo si è diffusa dappertutto la teoria italiana del 1973. Bisogna avere un freno di emergenza, altrimenti ogni Paese finisce con l'essere completamente aperto a determinazioni esterne».Cosa di cui l'Unione europea non tiene conto.«Devo contraddirla. Nel trattato sull'Unione europea c'è un riferimento esplicito alla tutela delle identità costituzionali nazionali. Un rilevante elemento politico di differenziazione. E che dovrebbe essere protetto dai trattati, se non dalla Commissione. O addio Stati nazionali».Quando devo consultare i trattati sudo freddo. Gli articoli spesso hanno un numero vecchio e uno nuovo.«Il diritto dell'Unione è bizantino. Stato di diritto vuol dire prima di tutto chiarezza e conoscibilità delle norme. Il diritto Ue invece è puro esoterismo giuridico. Ma prenda il Tue e si guardi l'articolo 2 comma 2: “L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale". Insomma i controlimiti stanno nei Trattati Ue, non solo nelle sentenze delle Corti nazionali». Ma allora l'Ue nell'attaccare la Polonia viola il suo stesso trattato fondativo.«In un certo senso sì. È in gioco l'interesse finanziario dell'Ue. I conflitti costituzionali sono questioni di soldi fin dai tempi di Bismarck. Il Regolamento 2020/2092, che si fonda sull'interesse finanziario dell'Unione, è stato creato ad hoc per condizionare i trasferimenti finanziari ai desiderata di Bruxelles. O fai quello che diciamo noi o niente soldi. Che è poi la logica del Recovery fund. Niente di nuovo».
Papa Leone XIV (Ansa)
Nel commentare la dichiarazione dei vescovi Usa sull’immigrazione, il pontefice ha ribadito il diritto a controllare i confini. I media francesi hanno omesso il passaggio.
Papa Leone XIV ha risposto ai giornalisti che si trovavano a Castel Gandolfo martedì sera e si è espresso su vari argomenti: la pace in Ucraina, le stragi in Nigeria, i suoi progetti di viaggi apostolici per il 2026 e anche delle sue abitudini quando soggiorna a Villa Barberini. Tra temi trattati c’era anche la gestione dell’immigrazione negli Stati Uniti. Come scritto da Vatican News, il Santo Padre ha commentato la dichiarazione sui migranti pubblicata, giovedì scorso, della Conferenza episcopale statunitense.
Ursula von der Leyen (Ansa)
La Commissione prepara nuove regole per la circolazione rapida (massimo tre giorni) di truppe e cingolati tra i Paesi dello spazio Schengen. Un tempo simbolo di pace...
«Vi sono molte cose che contrassegnano l’Ue e la sua storica integrazione, ma due ne esprimono appieno l’anima: Erasmus e Schengen. È poco responsabile mettere a rischio la libertà di movimento degli europei». Firmato Sergio Mattarella. Correva l’anno 2018 e l’Austria in accordo con la Germania aveva proposto di chiudere il confine con l’Italia per non far arrivare i migranti. Sono passati sette anni e la Commissione europea presenta un regolamento per far viaggiare i carri armati senza frontiere. Schengen doveva essere il simbolo della pace e della libertà e ora diventa la Schengen con le stellette che ci costa malcontati 270 miliardi in dieci anni, in modo che le truppe si muovano liberamente e velocemente.
Sergio Mattarella e Giorgia Meloni (Ansa)
Dalla riforma della giustizia alla politica estera: sono molti i temi su cui premier e capo dello Stato dovranno confrontarsi nei prossimi mesi, malgrado le tensioni.
Come in una qualsiasi relazione, quando si insinua nella coppia lo spettro del tradimento, i rapporti si incrinano e non possono più tornare ad essere come erano prima. Lo tsunami che si è abbattuto sul Quirinale a seguito dello scoop della Verità, rischia di avere gravissime ripercussioni a lungo termine, sui legami tra governo e presidente della Repubblica. E anche se il Colle sminuisce la questione, definendola «ridicola», il consigliere per la Difesa del capo dello Stato, Francesco Saverio Garofani, non solo conferma ma aggiunge particolari che mettono a dir poco in imbarazzo i soggetti coinvolti. E hai voglia a dire che quelle fossero solo battute tra amici. La pezza peggiore del buco.
Galeazzo Bignami (Ansa)
Malan: «Abbiamo fatto la cosa istituzionalmente più corretta». Romeo (Lega) non infierisce: «Garofani poteva fare più attenzione». Forza Italia si defila: «Il consigliere? Posizioni personali, non commentiamo».
Come era prevedibile l’attenzione del dibattito politico è stata spostata dalle parole del consigliere del presidente della Repubblica Francesco Saverio Garofani a quelle del capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Galeazzo Bignami. «L’onorevole Bignami e Fratelli d’Italia hanno tenuto sulla questione Garofani un comportamento istituzionalmente corretto e altamente rispettoso del presidente della Repubblica», ha sottolineato il capo dei senatori di Fdi, Lucio Malan. «Le polemiche della sinistra sono palesemente pretestuose e in mala fede. Ieri un importante quotidiano riportava le sorprendenti frasi del consigliere Garofani. Cosa avrebbe dovuto fare Fdi, e in generale la politica? Bignami si è limitato a fare la cosa istituzionalmente più corretta: chiedere al diretto interessato di smentire, proprio per non tirare in ballo il Quirinale e il presidente Mattarella in uno scontro istituzionale. La reazione scomposta del Pd e della sinistra sorgono dal fatto che avrebbero voluto che anche Fdi, come loro, sostenesse che la notizia riportata da La Verità fosse una semplice fake news.






