
La portavoce della Commissione europea dichiara che la Libia «non è un porto sicuro» ma non offre soluzioni alternative e spinge il natante verso Lampedusa. Pur di attaccare Matteo Salvini e l'Italia, l'Ong tedesca lascia 53 persone in balìa delle onde.E così Sea Watch gettò la maschera: quello che le importa non è riportare a terra i migranti che rischiano il naufragio, quanto piuttosto traghettarli in Italia. Sfidando leggi e accordi in vigore. Se poi scoppia un caso politico, come è fatidico avvenga, ancora meglio. Dopo che l'equipaggio della nave ha rifiutato lo sbarco a Tripoli per la prima volta offerto dalla Marina libica, si sta consumando un braccio di ferro nel mezzo del Mediterraneo. Da un lato l'Ong che gironzola intorno a Lampedusa nonostante la diffida da parte del Viminale, che proibisce di entrare nelle nostre acque territoriali, dall'altro il ministro dell'Interno che non molla. «La Sea Watch sta andando avanti e indietro», attacca Matteo Salvini, «così ha dimostrato per l'ennesima volta che opera al di fuori della legge. Mi domando perché qualcuno in Procura non abbia confermato il sequestro di persona e non sia andato avanti con le indagini, perché mi sembra evidente che non rispettano la legge e che favoriscano nei fatti i trafficanti di esseri umani». Con le nuove disposizioni del decreto Sicurezza bis una violazione delle indicazioni fornite dal Viminale comporterebbe la confisca del natante e una multa salata. Ma il provvedimento, approvato martedì, non è stato ancora firmato dal presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta ufficiale. Quindi non è applicabile.Comunque il comandante della nave, che batte bandiera olandese e appartiene alla Ong tedesca Sea Watch, sembra non curarsi delle leggi e resta in attesa a circa 16 miglia dall'isola. Anzi risponde con un tweet alle dichiarazioni di Salvini, sfidando il governo italiano: «Sea Watch rimane senza un porto sicuro assegnato con a bordo 53 persone di cui 5 minori, due molto piccoli. Davvero un ministro della Repubblica italiana vuole costringerci a portare queste persone in un Paese in guerra? Davvero l'Ue permette una tale violazione dei diritti umani?».Il fatto nuovo, e più grave, è proprio che nella polemica si intromette a gamba tesa l'Unione europea, con un assist non al nostro governo ma all'organizzazione tedesca. A intervenire è Natasha Bertaud, portavoce della Commissione Ue: «Tutte le imbarcazioni che navigano con bandiera Ue sono obbligate a rispettare il diritto internazionale quando si tratta di ricerca e soccorso, cosa che comprende la necessità di portare le persone salvate in un porto sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni attualmente non ci sono in Libia». Quindi Bruxelles dà di fatto ragione a Sea Watch che ha rifiutato di sbarcare a Tripoli gli stranieri. Inoltre la portavoce Ue aggiunge: «La determinazione di un porto sicuro per uno sbarco specifico non spetta all'Ue: questa questione è di responsabilità del Centro di coordinamento dei soccorsi marittimi (Mrcc) incaricato di un'operazione di salvataggio specifica. Tuttavia», ribadisce Bertaud, «tutte le imbarcazioni che navigano sotto bandiera Ue sono obbligate a rispettare il diritto internazionale quando si tratta di ricerca e soccorso e della necessità di assicurare che le persone salvate siano portate in un porto sicuro».L'intromissione europea non fa però cambiare idea al ministro dell'Interno, che ribadisce la posizione di fermezza: «La Sea Watch ciondola nel Mediterraneo e gioca sulla pelle degli immigrati, nonostante abbia chiesto e ottenuto un porto da Tripoli. Stiamo assistendo all'ennesima sceneggiata: dicono di essere i buoni, ma stanno sequestrando donne e bambini in mezzo al mare. Per loro, porti chiusi». Anche il premier Giuseppe Conte è intervenuto da Malta: «Vogliamo che certi comportamenti siano un po' più trasparenti da parte anche delle Ong,. Serve maggiore trasparenza». Difficile prevedere come finirà quest'ultimo scontro: di certo, già da un paio di giorni una cinquantina di persone potevano essere a terra sane e salve, mentre invece si trovano in balia del mare proprio quando i bollettini meteorologici prevedono condizioni in peggioramento.La Sea Watch era tornata a navigare solo pochi giorni fa, dopo che a inizio giugno ne era stato disposto il dissequestro. Il sequestro, invece, era stato deciso il 19 maggio, dopo che la nave aveva trasferito su una unità della Guardia costiera 47 migranti raccolti davanti alle coste africane. Il natante olandese era stato sequestrato nell'ambito di un'indagine per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed era stato «liberato» una volta terminate le esigenze di raccolta delle prove. Quello su cui tace la Commissione europea, pur premendo sull'Italia perché dia il permesso d'approdo, è dove finiranno i migranti e chi se ne farà carico.Dovrebbero essere suddivisi nei vari Paesi membri, ma ciò raramente avviene. La città di Rottenburg, in Germania, si dice disponibile ad accogliere i circa 50 rifugiati della Sea Watch. Il sindaco, Stephan Neher, dichiara che «se si crede davvero nell'accoglienza, bisogna farsi avanti». L'iniziativa di Rottenburg deve però passare per l'approvazione del ministero dell'Interno federale, quindi probabilmente non andrà in porto. E se lo sbarco dovesse avvenire in Italia, toccherà a noi occuparcene.
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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